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Dopo la pandemia la fabbrica italiana sarà sempre più 4.0

La pandemia ha impattato sulla quasi totalità delle aziende manifatturiere italiane ma 6 su 10 hanno saputo reagire alla crisi grazie agli investimenti introdotti da tempo in nuove tecnologie. Il 65% prevede il ritorno alla normalità entro un anno, il 14% è già a livelli pre pandemia, il 12% ha riconvertito la produzione su altri settori o sta valutando di farlo. Sono i dati che emergono dall’Osservatorio MECSPE relativo al secondo trimestre 2020.

L’Osservatorio di MECSPE (manifestazione organizzata da Senaf che si terrà presso Fiere di Parma dal 29 al 31 ottobre 2020), è stato condotto nelle prime due settimane di luglio da GRS Ricerca e Strategia su un campione di circa 500 aziende italiane del settore della meccanica, meccatronica e plastica, utilizzando il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interviewing).

LOsservatorio ha analizzato la fase transitoria (la fase 2), fra lockdown da pandemia e unlock. Quasi due terzi del campione si dà massimo un anno di tempo per riprendere a pieno regime. L’innovazione resta la chiave di volta per ripartire, insieme alla formazione/inserimento di giovani specializzati e ad un’attenzione crescente verso la sostenibilità. La voglia di ritorno alla normalità passa anche dal bisogno di confronto dato dalle occasioni di business dei grandi eventi: in questa fase l’online piace, ma il 35% ritiene che per i prossimi mesi le manifestazioni dovranno tornare ad essere necessariamente anche dal vivo, in presenza.

Post pandemia: la fiducia degli imprenditori

La pandemia ha inciso inevitabilmente sulla performance delle Pmi italiane, impattando negativamente su quasi 9 aziende su 10. Se però il 14% degli imprenditori dichiara di essere già tornato pienamente alla normalità e il 65% conta di farlo entro massimo un anno (il 23% entro 6 mesi), l’indice di fiducia generale registrato dall’indagine posiziona lo stato d’animo delle imprese italiane, in una scala da 1 a 9, su un livello “medio” rispetto alla situazione attuale.

Emergono segnali di forza e resistenza per quanto riguarda soprattutto la propria situazione personale (livello 6), con metà del campione che si mostra oltretutto neutro e quindi prudente sull’andamento della propria azienda e un 35% che è positivo, ma l’indice diminuisce gradualmente appena ci si sposta su tutto ciò che è “esterno” e fuori dal proprio controllo: al livello 5 troviamo, infatti, lo scenario economico internazionale e la situazione di mercato per il settore, mentre il giudizio scende ancora per il nostro Paese al livello 4 alle voci scenario economico e situazione occupazionale, e al livello 3 per lo scenario politico.

Resilienza in digitale

Gli ultimi mesi hanno visto un’accelerazione digitale necessaria, soprattutto in fase di lockdown, per coloro che non sono stati costretti a bloccare per un periodo le attività di produzione, pari al 62% degli intervistati.

Una spinta a cui 6 aziende su 10 si sono adeguate prontamente, sapendo reagire alla crisi grazie agli investimenti introdotti da tempo in nuove tecnologie, e alla messa in campo di strumenti utili al distanziamento sociale: piattaforme per la gestione da remoto di riunioni e meeting, adottate dal 36%, tecnologie di design per ridisegnare in ottica di sicurezza i nuovi spazi della fabbrica 4.0 (10%), sistemi virtuali che consentono il controllo da remoto di attività operative (7%), fino alle piattaforme di design collaborativo e di simulazione del processo produttivo per lo sviluppo dell’intero prodotto (5%) e alle app e software per localizzare e tracciare i percorsi delle persone presenti in fabbrica (4%).

La resilienza delle aziende della manifattura, inoltre, si dimostra anche nella scelta, già attuata o in valutazione, di riconvertire la produzione su altri settori (12%), nonché nei provvedimenti tempestivi attuati nel corso della fase emergenziale, tra cui rientrano i piani di sicurezza redatti per evitare i rischi di contagio (55%), l’introduzione di formule di smart/flex working (43%), con il 34% che ha previsto la riduzione dei costi di esercizio, il 29% che ha continuato a investire su innovazione e nuove tecnologie e il 19% che ha puntato sulla formazione aziendale a distanza. Conseguenze che hanno probabilmente portato alla scelta, per quasi la metà, di continuare a investire entro l’anno fino al 10% del proprio fatturato in innovazione, con un 17% degli intervistati intenzionato a spingersi tra l’11% e il 20%.

Andando nel dettaglio delle tecnologie già introdotte o da introdurre entro il 2020 in azienda, gli investimenti si orientano su sicurezza informatica (76%), connettività (73%), cloud computing (53%), internet of things (46%), simulazione (44%), produzione additiva e big data (43%), robotica collaborativa e realtà aumentata/virtuale (36%), intelligenza artificiale (34%), materiali intelligenti (32%) e nanotecnologie (29%).

Sostenibilità e formazione

La pandemia ha messo in crisi i tradizionali schemi di mercato adottati fino a qualche mese fa.  Per superare questo momento e tornare a crescere economicamente, quasi 8 imprenditori su 10 ritengono sia importante puntare anche sulla sostenibilità. Tra gli aspetti su cui ci si sta già muovendo maggiormente, al primo posto risulta la riduzione dei consumi, indicata dal 61% dei rispondenti, seguita da progetti di responsabilità sociale (53%), da un’attenzione all’inquinamento e all’impatto ambientale, così come all’etica nel rapporto con fornitori e clienti (52%). Importanza attribuita anche al sostegno all’economia del territorio (35%), e all’ecosostenibilità dei prodotti (30%).

La nuova fase, all’insegna della rapida corsa dei processi digitali, ha aperto di conseguenza nuove opportunità per inserire e formare più giovani in fabbrica. Se da un lato il 26% preferisce non prevedere al momento assunzioni di questo tipo, il 20% sta valutando di introdurre giovani specializzati nel campo delle tecnologie 4.0 provenienti da ITS o Università o con già un minimo di esperienza lavorativa. Il 13%, inoltre, sta predisponendo percorsi formativi interni ai giovani già dipendenti dell’azienda, mentre il 9% sta valutando di assumere giovani anche senza una precedente formazione scolastica o lavorativa, predisponendo però percorsi formativi specifici interni.

Esperienze online e offline

Digital talk, webinar, virtual event. Gli utenti sembrano apprezzare le numerose iniziative di business nate in versione digitale negli ultimi mesi per imprese e professionisti a seguito della situazione imposta, soprattutto per questioni di sicurezza (21%), ma l’off-line rimane il canale preferenziale. Il 27%, pur giudicando l’online una valida alternativa, continua a frequentare eventi live, e il 35% crede che prossimamente l’esperienza digitale delle manifestazioni dovrà necessariamente tornare ad essere abbinata all’esperienza fisica, con le tradizionali fiere già dal prossimo autunno.

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