Digital disruption: riconoscerla il primo passo per non subirla

Ict_Trade_2015Si è svolto ieri il convegno di apertura della seconda edizione milanese di Ict Trade & Ict Club 2015. La 14esima, considerando gli anni di Ferrara, la prima orchestrata da Maurizio Cuzari sotto il cappello della newco NetConsulting3 di cui, dallo scorso 30 aprile, Sirmi fa parte in modo organico dando corpo a un’aggregazione del sistema d’offerta della Digital technology predicata per anni e ora praticata.

Una manifestazione all’insegna del cambiamento, come l’ha definita Luciano Maiarelli, presidente, Fida Inform, «che tante volte auspichiamo, altre subiamo, che qualcuno riesce a cavalcare o che non si ha la capacità di gestire da protagonisti».

Riflettori, dunque, accesi sugli operatori dell’Ict, «cui va il compito di diffondere quelle stesse tecnologie e paradigmi attorno ai quali il cambiamento si sta concretizzando in termini di digital disruption» tenendo conto che, nella spesa end user per l’Ict in ambiente business 2014-2015 quantificata da Cuzari in circa 16 miliardi di euro, «chi perde terreno sono Erp e gestionali, mentre si investe in mobility, social e sistemi di Ucc».

Tre in tutto le considerazioni su cui il padrone di casa di Ict Trade si è soffermato per l’occasione.
«La prima è che se siamo ancora vivi dopo quattro anni di vacche magre, ne stiamo uscendo sicuramente più fortificati di quanto pensavamo di poter fare».
In mezzo alle consuete percentuali di decremento che caratterizzano, seppur in maniera più tenue, anche il 2014 e il 2015, «l’area che sta crescendo in modo significativo è quella dei servizi di gestione e dei servizi gestiti, che è quella che fa riferimento – spiega l’amministratore delegato di Sirmi – soprattutto al mondo del cloud computing».
Lo stesso che non solo cresce del 20% anno su anno, ma pare continuerà a farlo nella medesima misura nei prossimi tre anni, tanto da portare Cuzari a definirlo «l’anticalcare 2.0 dell’Information technology, dopo il fenomeno della virtualizzazione».

Da qui la constatazione che «oggi, l’Ict intrigante, quella attrattiva, fa probabilmente riferimento ad altre cose e che continuare a fare quello che si sa fare, anche quando lo si sa far bene, non è più l’obiettivo da perseguire in un’economia globalmente in decremento».
Sotto gli occhi di tutti, l’attenzione è passata dalle organizzazioni alle persone.
«Gli utenti che hanno in testa di poter fare da soli comprano servizi, scaricano app o si servono di servizi gratuiti sul Web facendo alzare in modo significativo i digital disruptor che fanno in modo totalmente diverso cose che da sempre vengono fatte nello stesso modo».
Nell’economia della condivisione, Uber e Airbnb ne sono il fulgido esempio, facendo concorrenza, rispettivamente, agli alberghi e ai taxi secondo logiche completamente diverse da quanto conosciuto finora.
«Sono loro i digital disruptor che ci stanno portando verso un mondo completamente diverso – chiosa Cuzari -. Attenzione, però, a non pensare di imitarli facendo i velociraptor. Anche loro erano dinosauri, anche loro si sono estinti. Fare qualcosa perché nulla cambi – ammonisce – è una posizione di retroguardia difficile da condividere».

 

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