Critiche e consigli dai diretti interessati

Le terze parti sono attratte da scontistiche e promozioni. Grazie ai programmi riescono a partecipare a interessanti trattative e molto altro. Ma non è tutto oro quello che luccica

Una migliore comunicazione, maggiore attenzione ai costi del training (ma perché non pagare solo le spese di trasferta e lasciare al vendor l’onere della formazione, come accadeva una volta?), costruire soprattutto solide relazioni interpersonali. Questo è quello che pensano i dealer dei programmi di canale proposti dai loro vendor di riferimento. Ecco alcune idee sul loro programma “ideale”.

«Abbiamo seguito sia programmi commerciali – comincia a raccontare Fabio Dovesi, direttore commerciale di Rime Consulting, rivenditore Hp della provincia di Bologna – sia certificazioni per la fascia di prodotti medio-alta che noi rivendiamo (storage, workstation, sistemi high end). Hp propone di continuo programmi per le varie tipologie di offerta e, ovviamente, dal punto di vista delle promozioni, ci interessano solo quelli che riguardano i prodotti che trattiamo. In questi casi sono utili e vantaggiosi».
Il dealer non ha mai partecipato, per scelta, a quelle iniziative congiunte con l’obiettivo di ottenere nuovi contatti «perché facciamo già telemarketing. Utili – prosegue – sono invece i corsi di “trade in” che ci consentono di proporre ai clienti nuovi prodotti, scontati, a fronte di incentivi sull’usato che ritiriamo».

Dovesi sottolinea quello che è un leit motiv sull’argomento, ossia che le qualificazioni sui prodotti sono onerose, benché siano praticamente obbligatorie per vendere una certa tipologia di prodotto. «Eppure li vendono anche coloro che certificati non sono. I programmi di certificazione sono importanti non tanto per garantire professionalità e competenza ai clienti, infatti a loro non interessa se siamo qualificati o meno, quanto per accedere agli special price o a certe trattative. Infatti i vendor propongono special bid solo ai partner certificati, mentre gli altri sono esclusi».
Ma di fatto quanto costano i programmi? «Una volta tutto era gratuito – racconta Dovesi -, ma adesso i produttori cercano di fare business anche attraverso di essi, facendo pagare in media da alcune centinaia di euro fino a mille/duemila euro. I corsi sono in genere di 3 o 5 giorni, o anche di una giornata. E poi c’è da considerare la trasferta per chi non abita a Milano e Roma, e il tempo e il personale impiegato».

Un consiglio da dare al vendor? «Visto che noi investiamo in tempo e in soldi per il viaggio e l’alloggio, il fornitore potrebbe offrire il corso gratuitamente. Sarebbe una proposta più equa. Del resto – conclude – coloro che hanno più potere sfruttano i corsi per fare business, mentre i nuovi player che hanno bisogno di farsi conoscere e di fare recruitment sono più disponibili e spesso non li fanno pagare».
«Siamo partner di alcuni vendor, ma non siamo certificati. In passato lo siamo stati, ma senza particolari vantaggi». Chi parla, ora, è alla guida di una software house attiva negli ambiti networking, sicurezza e tutela dei dati, ma non desidera essere citato. Rispettiamo la sua scelta, pur senza rinunciare a riportarne l’esperienza che ci sembra significativa.
«Partecipare ai programmi di canale è un impegno gravoso dal punto di vista degli obiettivi di fatturato. E poi ci sono i corsi da seguire, che implicano altri investimenti in termini di tempo ed economici. Porsi degli obiettivi di fatturato è importante e stimolante per certi versi, ma non sempre siamo riusciti a raggiungerli, complice il periodo non favorevole dell’economia italiana che non ci ha aiutato a garantire al vendor le previsioni di massima che si erano fatte».

Il nostro interlocutore ha scelto, dunque, un’altra strada, evitando vincoli e impegni che non riusciva a mantenere e prosegue sempre più critico: «Da queste partnership non scaturiscono concrete opportunità di sviluppo degli affari. Quelli che devono darsi da fare ed essere sempre in prima linea siamo noi; non esiste una vera sinergia con il vendor per lavorare su un traguardo comune». Sembrerebbe che alla fine i produttori facciano solo richieste, pur a fronte di benefici oggettivi, ma non sufficienti per giustificare l’impegno che esigono. La conclusione da trarre? Secondo l’interpellato comunicare meglio e di più.

Sulla fascia alta si è specializzata anche Ht Informatica, software house della provincia di Catania che ha aderito a programmi per gli Isv proposti da Ibm, 4js e Novell.
«I programmi da noi seguiti offrono oltre a politiche di prezzo sul licensing anche strategie per l’avanzamento delle competenze tecniche e di certificazione dei prodotti. Penso al PartnerWorld for Developers di Ibm sul database Informix, o i programmi di Novell su Suse Linux Enterprise Server. Una realtà altamente verticale come la nostra – spiega Enzo Lombardo, responsabile commerciale di Ht Informatica – riceve ogni giorno decine di proposte di programmi altamente competitivi e di qualità. Sposare una politica di canale significa anche fare investimenti di tipo economico e di tempo e questo richiede da parte nostra una selezione dei programmi, meglio se implicano investimenti sul lungo periodo. Crediamo, anche, che in questa fase sia fondamentale l’apporto del distributore. Se il distributore è molto vicino al reseller e fa una politica di valore aggiunto e non semplicemente di “box moving”, determinati programmi possono essere veicolati in maniera molto efficace. Il supporto dei distributori è fondamentale nello sviluppo del business».

I vantaggi evidenziati da Lombardo fanno riferimento a una politica di listino che favorisca sia la software house che gli utenti finali, oltre all’apporto tecnico che i programmi possono offrire. «Insisto nel dire – afferma il manager – che i veri vantaggi arrivano dal medio periodo in su, quando cioè si cominciano a produrre economie di scala veramente interessanti». Il consiglio di Lombardo ai vendor è di stare vicino al distributore, un anello fondamentale del canale. «Il nostro programma ideale – dice Lombardo – sarebbe quello per cui vendor e distributore inserissero nei programmi forme di incentivazione progressiva ai reseller che, in fin dei conti, lottano ogni giorno per spingere sul mercato i loro brand. Bisognerebbe potenziare il co-marketing e il finanziamento di iniziative personalizzate».

Di esperienza sui programmi di canale ne ha anche Massimiliano De Stefanis, general manager di Euro Informatica, rivenditore della provincia di Vicenza per avere aderito a programmi di Check Point, Trend Micro, Sun, Surf Control, Symantec, VmWare. Da programmi commerciali che prevedevano sconti aggiuntivi al raggiungimento dei risultati al telemarketing, dai corsi tecnici finanziati dai vendor alle certificazioni.
In linea generale il suo giudizio sui programmi è positivo, considerandoli un’opportunità da cogliere.
«Mediamente siamo attirati dalla possibilità di scontistiche, così come è importante ricevere dei lead dai vendor». Ancora una volta puntuale arriva la critica sui costi delle certificazioni tecniche. «Il corso tecnico e il suo mantenimento annuale ci viene a costare qualche migliaio di euro all’anno per vendor, senza contare i giorni che il sistemista perde di mancata fatturazione». E allora il consiglio che darebbe a un produttore è realizzare un programma che elimini la fee d’ingresso, effettuare corsi a costi più contenuti che offrano soprattutto la possibilità di poterli recuperare a obiettivi raggiunti.

Ibm, Compaq, Hp, 3Com, Microsoft, Panda Software, Esa Software, Jujitsu Siemens ecc. È lungo l’elenco dei produttori citati da Giovanni Donegana, responsabile acquisti di Tc Data di Cantù (Como), dei quali ha aderito a programmi di tipo tecnico, commerciale e di marketing.
Come gli altri interlocutori interpellati anche Donegana ci conferma che, comunque li si guardi, gli investimenti sono notevoli e annota anche il fatto che a volte questi investimenti sono mascherati, come nel caso di corsi e certificazioni ripetute.
«È difficile valutare con precisione il ritorno su questi investimenti, ma ci sono dei benefici che riassumerei in una reale identificabilità delle competenze aziendali, nel fatto che a volte si viene coinvolti in qualche interessante progetto e che si realizzano azioni (di comunicazione) che individualmente non saremmo in grado di perseguire».
Il manager di Tc Data sostiene che, comunque, non esistono programmi di canale in grado di soddisfare tutta la filiera, specie in questo «lungo periodo di difficoltà». La sua esperienza gli ha permesso di vedere programmi di tutti i generi, alcuni in grado di offrire reali opportunità, altri piuttosto inutili, mentre sottolinea il fatto che quelli di maggior successo sono stati quelli personalizzati sul mercato italiano piuttosto che imposti da standard internazionali.
«A oggi – conclude il nostro interlocutore – i partner programme meglio funzionanti sono quelli basati su solide relazioni personali».

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