Configurabilità del lavoro a progetto nei call-center

Con la circolare n. 1/2004 dell’8 gennaio 2004, il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni di carattere generale, utili per un corretto ed efficace accertamento da parte degli organi di vigilanza. Con un successivo intervento (M.L. circ. n. 17/2006 …

Con la circolare n. 1/2004 dell’8 gennaio 2004, il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni di carattere generale, utili per un corretto ed efficace accertamento da parte degli organi di vigilanza. Con un successivo intervento (M.L. circ. n. 17/2006), il Ministero, congiuntamente con Inps e Inail, ha fornito istruzioni operative con specifico riferimento ai call center.
Un progetto, un programma di lavoro o una fase di esso, possono essere individuati anche nell’ambito delle attività operative telefoniche offerte dai call-center, purché idonei a configurare un risultato, determinato nei suoi contenuti qualificanti, che l’operatore telefonico assume l’obbligo di eseguire entro un termine prestabilito e con possibilità di autodeterminare il ritmo di lavoro.
In concreto, il progetto o programma di lavoro deve essere individuato con riferimento ad una specifica e singola "campagna" la cui durata costituisce il termine esterno di riferimento per la durata del contratto di lavoro a progetto.

Elementi di qualificazione del rapporto
Ai fini della corretta e compiuta determinazione del risultato richiesto al collaboratore è necessario che il progetto, programma di lavoro o fase di esso sia qualificato tramite la specificazione:
a) del singolo committente finale cui è riconducibile la campagna (con riferimento ai call center che offrono servizi in outsourcing la campagna di riferimento sarà dunque quella commissionata da terzi all’impresa stessa);
b) della durata della campagna, rispetto alla quale il contratto di lavoro a progetto non può mai avere una durata superiore;
c) del singolo tipo di attività richiesta al collaboratore nell’ambito di tale campagna (promozione, vendita, sondaggi, ecc.);
d) della concreta tipologia di prodotti o servizi oggetto dell’attività richiesta al collaboratore;
e) della tipologia di clientela da contattare (individuata con riferimento a requisiti oggettivi e/o soggettivi).
In considerazione di tali requisiti essenziali e qualificanti è senz’altro configurabile un genuino progetto, programma di lavoro o fase di esso, con riferimento alle campagne out bound nell’ambito delle quali il compito assegnato al collaboratore è quello di rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un singolo committente.
Ciò in considerazione della intrinseca delimitazione temporale di tale tipologia di attività e della possibilità di definire compiutamente il risultato richiesto al collaboratore anche con riguardo ai requisiti soggettivi ed oggettivi dell’utenza contattata ed al tipo di prestazione concretamente dovuta per ogni contatto telefonico effettuato. Inoltre al fine di apprezzare il carattere di autonomia della prestazione occorre verificare l’esistenza di postazioni di lavoro attrezzate con appositi dispositivi che consentano al collaboratore di autodeterminare il ritmo di lavoro.
Invece nelle attività in bound l’operatore non gestisce la propria attività, né può pianificarla giacché la stessa consiste prevalentemente nel rispondere alle chiamate dell’utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie psicofisiche per un dato periodo di tempo.

Ulteriori precisazioni ministeriali
Con la nota n. 17286/2008, il Ministero del lavoro ha precisato che, in assenza dell’elemento essenziale della subordinazione, anche i collaboratori che svolgono attività di promozione, vendita, sondaggi e campagne pubblicitarie in generale possono – e anzi devono – essere considerate lavoratori autonomi.
In presenza di un genuino progetto, programma di lavoro o fase di esso, con riferimento alle campagne out bound ovvero in attività che presentano con esse diverse analogie quanto alla modalità di esecuzione della prestazione (come ad esempio il recupero crediti stragiudiziale mediante sollecito telefonico), non sono dunque di per sé suscettibili di escludere la natura autonoma del rapporto gli elementi di seguito indicati a condizione che il collaboratore stesso unilateralmente e discrezionalmente determini, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa:
1) l’utilizzo della collaborazione genuinamente autonoma e conforme ai requisiti di legge (quanto alla specifica e puntuale sussistenza di un progetto o programma di lavoro) nell’ambito di un’attività organizzata dal committente la quale rientri anche nel suo core business. Non rientra in tale ipotesi nella diversa circostanza in cui vi sia una mera sovrapposizione tra attività del committente e attività del collaboratore;
2) l’utilizzo esclusivo di mezzi, materiali e strumenti messi a disposizione dal committente;
3) l’utilizzo di sistemi di chiamata in automatico, che necessariamente forniscono indicazioni al sistema informativo del committente circa la presenza del collaboratore e che mettono in comunicazione il collaboratore resosi in quel momento disponibile con l’utente telefonico;
4) lo svolgimento della prestazione all’interno di una struttura del committente, necessariamente soggetta a orario di apertura e di chiusura, ma che non vincoli il collaboratore al rispetto di quell’orario né a giustificare la sua assenza dal luogo di svolgimento della prestazione. In questi casi il collaboratore deve avere la possibilità di decidere se eseguire la prestazione e in quali giorni, a che ora iniziare e a che ora terminare la prestazione giornaliera e infine se e per quanto tempo sospenderla;
5) l’impegno del committente a corrispondere un compenso sui prodotti venduti dal collaboratore nell’ambito di una specifica campagna, eventualmente variabile in maggiorazione al raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato;
6) le istruzioni di massima fornite dal committente al collaboratore, nell’ambito del potere di coordinamento, circa una corretta modalità di comportamento dell’operatore, con riferimento alla descrizione del prodotto o del servizio offerto, nonché in merito alle modalità di comunicazione delle informazioni (anche ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003 e del D.Lgs. n. 206/2005) ove siano del tutto specificative di quanto già chiarito nel progetto o programma di lavoro ovvero nel contratto di collaborazione. Le suddette istruzioni non dovranno tuttavia concretizzarsi in indicazioni di dettaglio riconducibili all’esercizio da parte del committente di un vero e proprio potere di controllo gerarchico funzionale alla eterodeterminazione della prestazione di lavoro.

Orientamento giurisprudenziale
In tema di qualificazione dell’attività prestata dagli operatori di call center, la Cassazione ha affermato che è considerato subordinato il lavoro prestato dagli operatori che risultino assoggettati al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro rinvenibile nelle circostanze che tali lavoratori seguono le direttive impartite dall’azienda in relazione ad ogni telefonata da svolgere, prendendo nota dell’esito e del numero di telefonate, che osservano un preciso orario di lavoro e che utilizzano attrezzature e materiali di proprietà della società (Cass. 14 aprile 2008, n. 9812).

Autonomia e coordinamento
L’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, dispone che il progetto o programma di lavoro deve essere gestito in autonomia dal collaboratore in funzione del risultato ed indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
Ne deriva che il collaboratore a progetto cui è assegnato l’incarico di compiere le operazioni telefoniche sopra descritte può essere considerato autonomo alla condizione essenziale che il collaboratore stesso possa unilateralmente e discrezionalmente determinare, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa.
Ciò implica che il collaboratore non può essere soggetto a vincoli di orario, anche se all’interno di fasce orarie prestabilite. Di conseguenza, deve poter decidere, nel rispetto delle forme concordate di coordinamento, anche temporale, della prestazione:
– se eseguire la prestazione ed in quali giorni;
– a che ora iniziare ed a che ora terminare la prestazione giornaliera;
– se e per quanto tempo sospendere la prestazione giornaliera.
Da un punto di vista organizzativo ne consegue che l’assenza non deve mai essere giustificata e la presenza non può mai essere imposta.
Il requisito dell’autonomia può essere contemperato con le esigenze di coordinamento della prestazione con l’organizzazione produttiva dell’azienda. A tal fine, nell’ambito della specifica operatività dei call center, possono rientrare tra le forme di coordinamento:
a) la previsione concordata di fasce orarie nelle quali il collaboratore deve poter agire con l’autonomia sopra specificata. Le fasce orarie individuate per iscritto nel contratto non possono essere unilateralmente modificate dall’azienda né questa può assegnare il collaboratore ad una determinata fascia oraria senza il suo preventivo merito alle modalità di espletamento dell’attività di vigilanza, con particolare riferimento alla corretta applicazione delle circolari n. 1/2004, n. 17/2006 e 4/2008 dettate in materia di collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a progetto e di attività dei call center, l’Inps ha fornito le seguenti indicazioni operative per l’attività di verifica (circ. n. 111/2008), a seconda che si sia fatto o meno ricorso all’istituto della certificazione dei contratti di lavoro di cui all’art. 76, D.Lgs. n. 276/2003:
A) contratti già sottoposti al vaglio della commissione di certificazione, in quanto positivamente certificati o ancora in fase di valutazione. Tali tipologie di contratti “saranno oggetto di verifica ispettiva soltanto a seguito di richiesta di intervento del lavoratore interessato e sempreché sia fallito il preventivo tentativo di conciliazione monocratica” ovvero “salvo che non si evinca con evidenza immediata e non controvertibile la palese incongruenza tra il contratto certificato e le modalità concrete di esecuzione del rapporto di lavoro”;
B) contratti non certificati o non sottoposti al vaglio della commissione di certificazione. Per tali tipologie di contratti, invece, l’ispettore “dovrà acquisire, confrontando i contenuti del programma negoziale con le dichiarazioni rese dal lavoratore interessato e dagli altri che eventualmente con lo stesso collaborino, tutti gli elementi utili a valutare la corretta qualificazione del rapporto di lavoro, in linea con quanto precisato nelle circolari n. 1 del 2004 e n. 17 del 2006 … evidenziandoli specificamente nel verbale di accertamento e notificazione col quale si disconosca la natura autonoma del rapporto investigato, contrastando l’uso fraudolento del contratto di collaborazione”.
In ogni caso, per poter procedere alla contestazione della sussistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto, non sarà sufficiente invocare la mera genericità del corrispondente contenuto negoziale o la sua non perfetta rispondenza alla fattispecie contrattuale di riferimento, costituendo, questi ultimi, elementi meramente indiziari.
Si potrà riscontrare l’esistenza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto, laddove il collaboratore stesso, unilateralmente e discrezionalmente, determini, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva giustificazione, la quantità di prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa.

L’art. 48 del “collegato”, modificando l’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, esclude dall’ambito di applicazione della normativa sul lavoro a progetto le prestazioni meramente occasionali, di durata complessiva non superiore a 240 ore annue, svolte nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona.

(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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