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Cloud storage: cosa offrono Aws, Google e Microsoft

I servizi infrastrutturali IaaS sono la base tecnologica su cui molte aziende stanno costruendo nuove applicazioni e in generale concretizzando la loro transizione verso il cloud. Uno dei servizi più gettonati per i provider di cloud pubblico è il cloud storage: invece di investire in risorse di storage proprie – che andrebbero poi anche gestite – un’azienda può collocare i dati in cloud e pagare lo storage a consumo.

Il principio è semplice, nella pratica non tutto è però immediato. I servizi di cloud storage sono molto diversi fra loro e hanno caratteristiche che talvolta le aziende non comprendono del tutto. Questa poca chiarezza può tradursi anche in costi teoricamente evitabili, motivo per cui conviene capire bene come i vari provider hanno strutturato la loro offerta. Ad esempio, ecco come si muovono AWS, Google e Microsoft.

Lo storage a blocchi

I servizi di cloud storage a blocchi sono i più comuni: memorizzano in maniera persistente i dati usati – nella gran parte dei casi – dalle macchine virtuali attivate in cloud.

In casa AWS questi servizi si chiamano Elastic Block Store (EBS), per Google sono i Persistent Disks, per Microsoft gli Azure Managed Disks.

La principale distinzione all’interno delle varie offerte è tra il tipo di hardware sottostante: i classici dischi a piatti rotanti o le unità SSD, che sono più veloci ma costano anche di più.

Ovh Pmi cloudNonostante il maggior costo le aziende preferiscono i secondi per questioni di performance, tanto che tutti i provider permettono un livello di sofisticazione in più dando la possibilità di indicare un valore minimo di IOPS (operazioni di I/O al secondo) sotto il quale il servizio non deve andare. Questa opzione ovviamente si paga, in più. Google in questo senso è di manica più larga permettendo di impostare minimi anche di 40 mila IOPS in lettura contro i 10-20 mila di AWS e i solo 5 mila di Azure.

Altro elementi di cui tenere conto è l’elasticità del servizio, ossia i “tagli” a cui è offerto lo storage e che permettono di non sprecare spazio. Anche qui Google dà più scelte (da 1 GB a 64 TB) seguito da AWS (da 1-4 GB a 16 TB) e in coda Azure (da 1 GB a 1 TB).

Lo storage a oggetti

Il cloud storage a oggetti è quello concettualmente più vicino alla realtà quotidiana di qualsiasi utente di computer: invece di salvare un file in locale lo si salva in cloud. C’è un’offerta abbastanza ampia di servizi del genere perché i provider li differenziano in base alla frequenza di accesso prevista per i dati: quelli a cui accederemo meno spesso sono conservati in sistemi meno performanti (il cosiddetto cool storage) che quindi hanno un costo minore.

Al contrario, quelli che devono essere sempre disponibili velocemente sono conservati su sistemi con elevate prestazioni (hot storage) e a costo maggiore. Ci sono poi i sistemi di cold storage, essenzialmente di archiviazione per i dati a cui si accede davvero di rado.

Per AWS tutto rientra nel servizio S3 (Simple Storage Service) che ha una versione hot (Standard), una cool (Standard ad accesso ridotto) e una cold (appropriatamente chiamata Glacier). In casa Google il servizio si chiama Google Cloud Storage con le versioni standard (hot), Nearline (cool) e Coldline (archiviazione).

Più semplice Azure, dato che prevede solo i livelli Hot e Cool Storage Blobs (niente archiviazione in questa fascia di servizi).

backblaze-cloud-storage-datacenter-photoNessun provider pone limiti al numero di oggetti che è possibile memorizzare in cloud ma ci sono invece per le dimensioni dei singoli oggetti (di solito 5 TB).

Un altro parametro da considerare è la presenza di funzioni di replica automatica dei dati tra più “regioni” del cloud del provider. Tutti i cloud provider le offrono e di solito le aziende le usano, perché in questo modo i dati sono sempre disponibili anche se i datacenter di una certa regione non sono, per qualche motivo, più raggiungibili.

Il costo dei servizi di cloud storage è in euro per GB al mese ed è davvero molto variabile a seconda del servizio scelto e delle opzioni aggiuntive, tra cui appunto la replica.

Il file storage

Nonostante il nome, questo tipo di servizi di cloud storage è diverso dall’object storage e permette non solo la memorizzazione di file in cloud ma proprio la creazione di tutto un filesystem in cloud a cui possono connettersi più macchine virtuali o dispositivi. È una specie di filesystem di rete ma localizzato nella “nuvola” e a disposizione di tutte le entità fisiche e virtuali, on- e off- premise, che costituiscono la nostra infrastruttura IT.

Trattandosi di un servizio innovativo non tutti i provider lo offrono. AWS e Microsoft sì, rispettivamente con Elastic File System e Azure File Storage.

Google non lo offre come servizio nativo ma permette di realizzare qualcosa di simile combinando FUSE con il servizio a oggetti Google Cloud Storage. Anche le implementazioni di AWS e Azure peraltro non sono del tutto paragonabili perché seguono strade diverse.

Il file storage in cloud è il servizio per cui c’è da leggere più attentamente tra le righe delle opzioni e delle clausole, proprio perché si tratta di un campo relativamente nuovo.

Ad esempio bisogna considerare la compatibilità con i filesystem locali, le opzioni di backup e cifratura e la possibilità di crescita dello spazio occupato (automatica o per “scalini” di tagli successivi).

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