Cloud: per NetApp il punto non è “se”, ma “come”

Inserito in un orchestration stack completo, il nuovo NetApp OnCommand è alla base della costruzione di cloud privati, pubblici o ibridi per clienti enterprise.

Un innovativo ecosistema globale di partner tecnologici supportato da una gamma di prodotti e funzionalità integrate per coadiuvare gli utenti enterprise nella costruzione di un cloud privato, nella valutazione dei service provider per i servizi di cloud pubblico o, ancora, nello sviluppo di un modello ibrido che li riassuma entrambi.

Snocciolati alla presenza del numero due di NetApp, il vice president Tom Mendoza, i numeri riassunti da Antonia Figini, country manager della filiale italiana, parlano di una realtà che, a un mese dal perfezionamento dell’acquisizione per 480 milioni di dollari di Engenio, ha chiuso l’esercizio fiscale 2011 con 5,1 miliardi di dollari.

Il 30% in più rispetto 3,93 miliardi portati a casa nel fiscal year precedente, a conferma di un trend positivo caratterizzato da una «crescita esclusivamente organica», e della volontà di conquistare nuove fette di mercato, soprattutto in Europa, dove l’azienda di Sunnyvale intende replicare i risultati consolidati già da tempo in country come la Germania e l’Olanda.

Per riuscirvi la strada indicata da Dario Regazzoni, che da quattro mesi ha lasciato Vmware proseguendo nel suo ruolo di technical manager all’interno di NetApp Italia, passa da nuove tecnologie integrate nel software di gestione NetApp OnCommand finalizzato al controllo, all’automatizzazione e all’analisi dell’infrastruttura storage condivisa.

Cosa accade nelle imprese
«In questo momento – spiega Regazzoni – i clienti non stanno facendo cloud computing ma stanno cominciando a capire che l’It come servizio è una strada percorribile. Ecco che allora il cloud non è più un problema in termini di “se” ma di “come”, visto che, oggi, per Idc, circa il 18% dei budget It finiscono sotto il cappello del cloud computing».

Si tratta, allora, di mettere a frutto quel miliardo e rotti di account di servizi basati su infrastruttura NetApp e favoriti, nell’adozione, dalla partecipazione all’Alliance Technology Partner del vendor di realtà come Bmc, Ca, Fujitsu, Microsoft, newScale, Tivoli e Vmware, le cui soluzioni software per la gestione del cloud possono integrarsi con NetApp OnCommand, «così da aumentare flessibilità ed efficienza e ridurre il Tco e la complessità in generale».

L’evoluzione proposta, per Regazzoni, «parte, dunque, dalle classiche isole di inefficienza dell’It tradizionale per approdare a contesti applicativi che, in azienda, non sono omogenei e devono, quindi, avere livelli diversi di cloudizzabilità».
L’obiettivo, infatti, è «costruire mappe di opportunità per introdurre tecnologie cloud all’interno del contesto aziendale in base a specifici bisogni».

In ottica privata, le quattro funzioni fondamentali per fare cloud computing passano, allora, «da un catalogo di servizi definiti in base alle singole esigenze, da cruscotti di performance per conoscere in tempo reale chi ha fatto che cosa, ma anche dall’automazione e dalla creazione rapida di portali self service».

La centralità dello stack
I quattro elementi base del cloud, forniti nel nuovo software di gestione OnCommand, fanno il paio con uno stack multibrand che, per NetApp, «rappresenta la risposta migliore in termini di cloud privato a livello hardware e di cui la soluzione per passare a un’It condivisa, realizzata in maniera congiunta con Cisco e Vmware e denominata FlexPod, rappresenta solo l’ultimo esempio».

Così, in attesa che venga ufficializzato il nome del «più grande service provider italiano, che sarà impegnato a offrire servizi di protezione del dato e on demand, in generale, a livello infrastrutturale», il Public cloud NetApp lo affronta con un buon numero di service provider con i quali opera da tempo, in ottica di collaboration.

È il caso di partner come T-Systems che, anche in Italia, a clienti del calibro di Porsche, Shell e Airbus, «propone servizi cloud-based per infrastrutture e collaboration as a service ma, soprattutto, un’implementazione Sap con costi ridotti del 30%».

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