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Cloud ibrido: pregi, difetti e diffusione

Il cloud ibrido è, senza alcun dubbio, una delle tecnologie trainanti della trasformazione digitale.

Un vero driver in grado di accompagnare organizzazioni tradizionali verso un futuro fatto di innovazione e maggiore flessibilità e produttività. Come ogni aspetto della vita aziendale, non è certo tutto semplice e lineare come spesso dipinto dalla liturgia commerciale, e una non corretta o inefficiente implementazione del cloud non apporterebbe alcun beneficio.

Di più non sono pochi i casi di early adopter che si sono trovati ad affrontare costi occulti importanti e non adeguatamente ponderati, che hanno portato ad un repentino abbandono (anche se temporaneo) della tecnologia cloud, con l’aggravante di aver investito importanti risorse umane ed economiche senza aver ottenuto il risultato prefissato.

Da dove iniziare

La prima cosa da fare, nell’approccio al cloud, è certamente individuare la declinazione più congeniale alla propria realtà aziendale.

In Italia abbiamo assistito ad una convinta adozione del cloud ibrido, in grado di garantire un notevole livello di flessibilità, e contribuendo non poco a vincere uno dei principali argomenti di resistenza: la “paura” di affidare tutti i propri dati ad un cloud provider pubblico. Inoltre, e in particolar modo per le PMI, il cloud ibrido permette un approccio graduale e fluido verso il mondo del cloud in genere.

Iniziamo a capire meglio di cosa stiamo parlando: il cloud ibrido è una soluzione che unisce un cloud privato con uno, o anche diversi, servizi cloud pubblici. Questo è possibile attraverso software proprietari che consentono la comunicazione tra i differenti servizi. Come anticipato, una strategia cloud ibrida garantisce alle organizzazioni una maggiore flessibilità spostando i carichi di lavoro tra le soluzioni cloud in base alle esigenze e ai costi.

I servizi cloud ibridi sono estremamente potenti, ed offrono alle aziende un maggiore controllo sui propri dati privati: uno dei punti chiave delle esigenze di moltissime realtà imprenditoriali italiane.  Una organizzazione  può infatti archiviare dati sensibili su un cloud privato o un datacenter locale, e contemporaneamente sfruttare le risorse di computing avanzato di un cloud pubblico, che oggettivamente permette di accedere a risorse ben superiori a quelle ottenibili on premise, soprattutto per le piccole e medie imprese.

A differenza di una strategia multi-cloud in cui gli amministratori devono gestire separatamente ciascun ambiente, un cloud ibrido si basa su un singolo piano di gestione. Anche questo incide nella scelta del cloud ibrido, in particolare dalle non poche realtà italiane che non possono contare su un team IT interno specializzato.

Alla gestione individuale degli ambienti cloud è preferibile una gestione uniforme delle risorse cloud pubbliche e private, poiché si riduce la probabilità di ridondanza dei processi. Se ogni soluzione non è completamente ottimizzata per funzionare con le altre, gli ambienti gestiti separatamente aumentano il rischio di falle nella sicurezza.

La corretta applicazione delle best practice per l’architettura ibrida riducono notevolmente i rischi per la sicurezza, limitando inoltre l’esposizione dei dati privati sul cloud pubblico. A livello architetturale, l’infrastruttura cloud ibrida in genere comprende un’infrastruttura pubblica come Infrastructure as a Service (IaaS), un cloud privato (oppure un datacenter) e l’accesso a una rete sicura. Per questa ragione, quasi tutti i  modelli ibridi sfruttano reti LAN e WAN.

Non di rado le aziende che scelgono una strategia ibrida iniziano con una soluzione IaaS ed estendono le funzionalità al cloud privato. Per meglio sfruttare questa strategia, è molto importante che i cloud pubblici e privati ​​siano compatibili tra loro in modo che possano comunicare. In molti casi, il cloud privato è realizzato per essere compatibile con la soluzione pubblica.

Consapevoli delle esigenze delle aziende ed organizzazioni, i principali fornitori di soluzioni IaaS come Amazon, Google e Microsoft hanno largamente migliorato le modalità di connessione delle risorse locali delle aziende ai rispettivi cloud pubblici.

Le Application Programming Interface, specificamente sviluppate, migliorano l’interoperabilità nativa tra i servizi. Non solo: i progettisti di sistemi ibridi sono in grado di implementare un livello di hypervisor per creare macchine virtuali, che si collegano al cloud pubblico tramite un altro livello software, responsabile dell’orchestrazione tra gli ambienti cloud.

I pregi del cloud ibrido

Come già ricordato, i vantaggi di una strategia cloud ibrida nascono dalla capacità di offrire ai responsabili IT ed alle aziende un maggiore controllo sui propri dati. Riassumendo, un cloud ibrido offre un largo numero di opzioni in modo che i soggetti interessati possano scegliere l’ambiente che meglio si adatta ai singoli casi d’uso: nessuna realtà è uguale all’altra, e qualsiasi imprenditore sa quanto sia antipatico doversi adeguare a soluzioni software rigide, con compromessi produttivi spesso ben poco efficienti.

Gran parte delle aziende non ha un livello costante di esigenze di capacità computazionale. Non è infrequente che una attività vada incontro a periodi di picco produttivo o lavorativo. Ad esempio, durante il periodo di saldi o Black Friday, un e-commerce dovrà sostenere un numero di utenti e di transazioni certamente superiori rispetto al resto dell’anno.

Anziché pagare per tali risorse aggiuntive, che comunque rimarrebbero inattive per la maggior parte dell’anno, si può risparmiare sui costi estendendo le proprie risorse private a un cloud pubblico solo quando necessario. Una strategia che calza a pennello anche alle PMI: poter ampliare le proprie capacità solo nei momenti di necessità consente di mitigare l’annoso problema delle scarse capacità economiche. In questo modo, la competizione con realtà di scala maggiore risulta meno impari.

Risparmiare

Da un’altra prospettiva, si può anche sottolineare come un modello ibrido richieda molto meno spazio in locale rispetto a tradizionali scelte totalmente on premise. Un’azienda può quindi implementare una rete privata in locale per gestire le esigenze interne; quando le risorse di computing superano la disponibilità locale può ampliarle automaticamente con un cloud privato. Questo modello può favorire sia le start-up che non possono permettersi di investire in un enorme datacenter privato, sia le aziende affermate che hanno bisogno di adattarsi alle varie esigenze con un occhio ai costi.

Un’azienda può conseguentemente decidere di implementare una rete privata in locale per gestire le esigenze interne: tuttavia, quando le risorse di computing superano le capacità offerte da quanto presente in sede, può ampliarle automaticamente con un cloud privato. È evidente che questo modello può agevolare tanto le start-up che non possono certo affrontare l’investimento in un enorme datacenter privato, quanto le aziende già ben avviate ma che hanno bisogno di trasformarsi digitalmente, senza tuttavia affrontare costi insostenibili.

Non va neppure sottovalutato il tema dei risparmi ottenibili. Laddove l’implementazione sia stata eseguita a regola d’arte, è indiscutibile la riduzione dei costi che una azienda si troverà ad affrontare. La minor spesa di manutenzione di server e (in generale) hardware on premise si va a sommare, in un circolo virtuoso, al minor impatto della obsolescenza dei server stessi.

Il TCO (total cost of ownership) della parte computazionale posta sul cloud pubblico è infatti totalmente a carico del cloud provider stesso, e le organizzazioni dovranno provvedere solo alla parte residua. Anche la diminuzione dei consumi energetici apporterà benefici. Senza scordare che esiste sempre il rischio di un guasto hardware importante, che oltre a costituire un costo per le imprese, può anche incidere pesantemente sul bilancio aziendale.

Vale infatti la pena di ricordare un fattore mai sufficientemente sottolineato: la continuità aziendale. Di fatto, il vero danno causato da un fermo di un server on premise non è certo quello dato dalla sostituzione o riparazione dello stesso. È l’interruzione della continuità aziendale a causare l’impatto maggiore, e non di rado in modo piuttosto importante. Senza considerare l’eventuale danno di immagine nei confronti del mercato e dei competitor.

Anche la scelta del cloud provider si rileva particolarmente agevole: si può dire che tutti i maggiori player del mercato offrano un supporto completo al cloud ibrido.

Che si tratti di Google Cloud, Microsoft Azure, Amazon Web Services, OVH o altri ancora, ben difficilmente ci si troverà di fronte a gestori impreparati o con un supporto inadeguato.

I potenziali svantaggi del cloud ibrido

Abbiamo visto come l’implementazione di un cloud ibrido preveda l’uso di un software di gestione o di un’API, o anche una combinazione dei due. L’implementazione effettiva dipende sempre da cosa esattamente deve essere esternalizzato al cloud e da chi offre il servizio; ecco perché i diversi provider offrono in genere soluzioni diverse.

A prima vista, il cloud ibrido potrebbe essere in grado di garantire un perfetto mix  dei due sistemi. Come per qualsiasi tecnologia, anche in questo caso dobbiamo tuttavia considerare l’esistenza di svantaggi, che possono avere un peso più o meno rilevante a seconda delle singole circostanze.

Anche se il software può rendere più facile la gestione di un cloud ibrido, il carico di lavoro è maggiore rispetto alle altre due alternative. Questo include anche la chiara definizione di quali attività devono essere memorizzate in quale parte del cloud.

Il secondo, e forse principale punto critico di un cloud ibrido, è il livello di sicurezza relativamente più basso. Questo è riconducibile al fatto che una soluzione ibrida non può essere intrinsecamente sicura come una tradizionale situazione on premise. Anche per questo è nata una importante associazione, la Cloud Security Alliance. Quindi, per riuscire a garantire la migliore protezione possibile dei dati, è indispensabile stabilire un sistema chiaro anche sulla questione della sicurezza. Se sussiste (ad esempio) il rischio che i dati sensibili possano finire nel settore sbagliato del cloud ibrido, la sicurezza dei dati potrebbe essere garantita. È quindi necessario sviluppare e attuare strategie che prevengano o riducano al minimo il rischio di uso improprio del cloud ibrido.

La diffusione del cloud ibrido

In Italia, la diffusione del cloud ibrido è davvero orizzontale, e riguarda realtà di qualsiasi segmento della nostra economia, tanto nella pubblica amministrazione quanto nelle organizzazioni private.

Dal settore finanziario all’healthcare, La strategia del cloud ibrido si rivela vincente non solo nell accrescere la potenza di computing e di storage, ma anche nella ottimizzazione della gestione di spazi fisici in sede. Non sono poche le realtà italiane (basti pensare alle milioni di piccole e medie imprese) che devono fare i conti con i costi di locazione e, più in generale, devono sfruttare ogni centimetro utile per la propria attività lavorativa. Volendo sintetizzare, qualsiasi settore che possa avvantaggiarsi dalle applicazioni di cloud pubblico godrà anche di indubbi benefici anche dall’adozione di una strategia cloud ibrido.

Nonostante i benefici elencati e dimostrati, e i trend attuali, per passare al cloud ibrido in maniera efficace bisogna dare la giusta importanza ad alcuni aspetti come costi ed efficienza. Infatti, un’implementazione del cloud ibrido che risultasse poco efficiente potrebbe paralizzare finanziariamente un’organizzazione, apportando nel lungo termine solo miglioramenti marginali. Mentre una corretta implementazione con-sentirebbe di trarne dei benefici per molti anni a venire, tra cui: abbattimento dei costi di gestione relativi ai diversi Cloud provider, scalabilità e sicurezza nell’archiviazione dei dati.

Ne consegue che la scelta del partner a cui affidare la delicata operazione di intervenire sulla infrastruttura IT aziendale è certamente di estrema importanza. Non tutti sono infatti in grado di cimentarsi con un compito ad alto tasso tecnologico, e la cui buona riuscita avrà un impatto decisamente profondo sul futuro della azienda.

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