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Citrix: che cosa deve essere davvero lo smart working

Per guardare concretamente oltre l’emergenza sanitaria ed economica, con la convinzione che sarà superata, Citrix mette al centro la sua esperienza in fatto di smart working, modalità operativa che persegue da molti anni con le proprie soluzioni.

Mai come in questi giorni si è parlato e praticato di smart working, con aziende ben preparate a farlo e altre che hanno dovuto improvvisare gli strumenti in qualche modo e con i dipendenti che si sono trovati a sperimentare, molti per la prima volta, una modalità lavorativa a cui non erano abituati.

Ma che cos’è, allora, lo smart working?

Secondo Fabio Luinetti, Country manager di Citrix Italia, spesso se ne parla equiparandolo al telelavoro, in altri casi lo si assimila a una forma di welfare aziendale che permette al dipendente di lavorare da casa una o più volte a settimana.

Smart working è responsabilità

Ma lo smart working in realtà, sostiene Luinetti, va molto oltre tutto questo, essendo un modello di lavoro fondato sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

Naturalmente, oltre all’aspetto culturale è indispensabile, per tradurre in realtà questo concetto, una tecnologia adeguata ai ritmi del mercato di oggi e alle aspettative dei dipendenti, soprattutto se pensiamo ai millennial che sono abituati a una tecnologia consumer agile flessibile e capace di garantire un’esperienza utente di altissima qualità.

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Fabio Luinetti

In effetti, se si pensa alla nostra vita di consumatori, tutti abbiamo un’esperienza che è facile definire smart.

Oggi le piattaforme, soprattutto su mobile, sono perfettamente integrate e offrono un’esperienza estremamente gratificante e immersiva nei contenuti che più interessano.

La stessa cosa, purtroppo, non accade però nel mondo del lavoro, in cui siamo legati a determinati device come il pc aziendale, mentre nel momento in cui ci trasferiamo sul computer di casa o sullo smartphone non possiamo continuare a fare le stesse cose.

L’esperienza tipica dell’IT aziendale, infatti, consta di tanti silos applicativi e applicazioni diverse in termini di interfaccia utente e di design, cosa che porta a perdite di produttività e a ingaggiare poco il lavoratore, soprattutto nel momento in cui, invece, vive un’esperienza consumer di segno opposto.

L’esperienza utente

«Quindi – sostiene Luinetti –  affermare che #LavoriamoSmart al di là del luogo in cui si lavora, significa per noi di Citrix proprio muoverci nella direzione dell’esperienza utente perché, se fino a un po’ di tempo fa il meglio della tecnologia era quella che si trovava nel luogo di lavoro, oggi questo non è più vero e in ufficio spesso ci si trova di fronte a un modello di IT obsoleto e datato, che sempre più spesso è causa di un problema di retention tale per cui i giovani, ma non solo, finiscono con il non sentirsi motivati ed ingaggiati».

Per Citrix #LavoriamoSmart non significa quindi fare riferimento né al lavoro remoto, né allo smart working per come siamo abituati a pensarlo.

Citrix, spiega Luinetti, abilita lo smart working dal punto di vista tecnologico ma sta mettendo l’accento sulla employee experience.

Infatti, se è sempre possibile la semplice azione di “fare smart working”, nel momento in cui l’experience di utilizzo degli strumenti non è buona, si finisce per operare in un contesto innovativo ma senza la possibilità di beneficiare effettivamente dei vantaggi che offre.

Workplace o workspace?

Oggi chi fa smart working non ha ancora adottato il concetto di piattaforma o workspace digitale in cui gli strumenti sono integrati e unificati e riescono a dare un’experience di elevato livello, perché delle componenti tecnologiche si parla ancora in termini di accessibilità e sicurezza, di componente mobile e di workspace inteso soprattutto come workplace, magari supportato da una tecnologia intelligente come l’Internet of Things.

A questo si aggiungono gli strumenti di collaboration ma, alla fine, tutte queste componenti continuano a essere pensate e implementate come una sorta di isole.

«Il vantaggio di Citrix – spiega Luinetti – è dato invece dal fatto che l’approccio dell’unificazione migliora sensibilmente l’experience perché, grazie a una piattaforma di servizi completa, permette di operare in piena sicurezza su qualsiasi dispositivo e accedendo a tutte le risorse necessarie indipendentemente da dove ci si trovi».

A questo si aggiunge poi il contributo dell’intelligenza artificiale, che automatizza i lavori più ripetitivi e offre più tempo per dedicarsi ad attività a valore aggiunto, insieme a una serie di suggerimenti su come strutturare le cose per essere produttivo.

In questo momento, osserva Luinetti, quando si parla di smart working in Italia, realtà che nel 2019 ha riguardato 570mila persone, c’è in atto un grande dibattitìto per distinguerlo dal telelavoro, e c’è anche un grande gap da colmare tra le grandi aziende con le Pubbliche amministrazioni e quelle medio piccole, ossia il tessuto connettivo del Paese.

Ma anche chi implementa e pianifica progetti strutturati di smart working, osserva Luinetti, è ancora lontano dall’idea che Citrix porta avanti, quella di disporre di uno spazio di lavoro digitale unificato e sicuro, capace di garantire la flessibilità necessaria e favorire la produttività.

Oggi pensare allo smart working limitandosi alla collaboration o alle mobile app o alla riconfigurazione degli spazi, spiega Luinetti, significa avere una visione comunque parziale, «mentre per Citrix #LavorariamoSmart è qualcosa che da un lato si declina su tutte le dimensioni tecnologiche e di processo e dall’altro investe tutti i diversi attori della filiera: dipendenti, partner e clienti».

A fare da collante a tutto questo c’è un concetto di piattaforma e di workspace costruito sul modo di lavorare del singolo, che gli permette per esempio di essere operativo in pochi secondi su un nuovo device, mentre dà all’IT la sicurezza e flessibilità di cui ha bisogno.

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