Check Point ha bisogno di più partner in Italia

A colloquio con Rodolfo Falcone, da qualche settimana alla guida della filiale italiana della società. Le opportunità sul nostro mercato, il nuovo approccio al canale e ai grandi clienti.

È fresco di nomina Rodolfo Falcone, chiamato alla guida di Check Point in un momento non certo facile di mercato.
Pragmatico, riconosce che è arrivato il momento “di fare un vero e proprio reboot. Buona parte del management italiano non c’è più e sono arrivate nuove figure, chiamate a seguire in modo specifico il canale. C’è bisogno di un restart quasi totale nell’azione di business sul mercato”.
Secondo Falcone in Italia Check Point ha sofferto di troppo turnover che ha interessato sia il management, sia l’account management.
“In assenza di stabilità diventa difficile fare business profittevole. I clienti, ad esempio, hanno sempre avuto nuovi riferimenti: non si sono costruiti business strutturati e continuativi sul canale”.

Nonostante una situazione di partenza non semplice, secondo Falcone gli obiettivi sono raggiungibili, proprio partendo dal team italiano: “Ci sono persone in azienda che conoscono bene il mercato e che sanno qual è il modo giusto di lavorare con una multinazionale. Persone competenti, con una forte voglia di riscossa. Per questo penso a un salto di qualità in tempi molto rapidi”

Nella visione di Falcone, la fortuna di Check Point sta nella bontà dei suoi prodotti e nel riconoscimento che le sue soluzioni hanno sul mercato.
Per altro la società ha in questi giorni annunciato l’acquisizione di Dynasec, azienda privata specializzata nella fornitura di soluzioni di Governance, Risk Management e Compliance, operazione studiata in un’ottica di complementarietà nell’ambito della visione 3D Security da tempo al centro della sua strategia di prodotto e di mercato.
”Ci preme trasferire al mercato la visione di un’azienda che non è più focalizzata solo sul firewall ma che si muove a 360° nel mondo della sicurezza, in grado di proporre soluzioni sia al mercato Smb sia a quello Enterprise. Abbiamo a bordo otto persone incaricate di seguire i grandi clienti. Per loro fondamentale è l’approccio consulenziale e la comprensione di tutto quanto ruota intorno al concetto di architettura”.

In questa fase di rilancio, forte è il coinvolgimento del canale dei partner.
”Abbiamo ripensato anche le figure di account management, il cui compito è seguire un numero ridotto e selezionato di top partner, una ventina per ciascun manager, mentre alla distribuzione vengono affidati gli altri rivenditori che hanno un commitment meno specifico sui nostri prodotti e sulle nostre soluzioni. Parimenti, abbiamo nominato una figura tecnica con il compito di seguire i top reseller proprio nelle tematiche più implementative”.
Non ne fa una questione dimensionale, Falcone, che parla di accounting diretto non per i partner più grandi, ma per quelli maggiormente coinvolti nella visione 3D.
Si parla di progettazione, di consulenza, di supporto, anche prescindendo dalla grandezza economica di ciascun singolo progetto: ”Consideriamo partner di riferimento solo quelle realtà che hanno competenze di consulenza e di progetto”.
In ragione di questa visione, è evidente che in questa fase Check Point stia procedendo non solo a una rivisitazione dell’intero parco dei suoi partner, ma anche a una riformulazione dei piani di lavoro.
”Al canale chiediamo di settorializzare, comprendendo che quel che va bene per il mondo bancario, ad esempio, non risponde alle esigenze del mondo del tessile”.
Falcone è convinto che il canale di CheckPint al momento sia ancora sottodimensionato per le potenzialità del mercato: ”Se i tre distributori, Computer Gross, Computerlinks e ItWay coprono molto bene la rete, dal punto di vista del parco rivenditori credo che ci sia spazio ancora per un numero significativo di realtà. Non servono migliaia di rivenditori, ce ne vuole però qualche centinaio, focalizzati per segmenti verticali”.

Non solo.
Nella visione di Falcone, è altrettanto importante che i partner non si muovano verso i clienti secondo la logica del ”pur di vendere”. E’ fondamentale, piuttosto, dare al cliente la percezione del valore di ciò che sta acquistando.
”Così, ad esempio, le soluzioni Dlp rischiano di essere troppo onerose per alcune aziende. Per questo è importante proporle solo in quelle aree che davvero ne hanno bisogno: non tutti ne hanno bisogno”.
È un approccio differente, che va oltre la pura tecnologia e che parte dall’analisi dei comportamenti per arrivare alla definizione delle policy ( e degli strumenti) che meglio si applicano a ogni singolo caso.
”Tutto il canale deve muoversi secondo questo approccio: non esiste una sicurezza vera senza servizio, senza analisi e senza policy. La discriminante non è più la dimensione dell’azienda, ma gli strumenti che l’azienda stessa utilizza per accedere alla rete”.

Su tutto questo, poi, si innestano le previsioni di business.
Falcone ha progetti ambizioni e parla di una crescita a due cifre, ben superiore a quella del mercato della security nel nostro Paese.
”Si può crescere sia acquisendo nuovi clienti, sia lavorando sulla base installata, ampliando, cioè, l’accelerazione e la migrazione verso nuove proposte tecnologiche”.
Per sostenere questa crescita, naturalmente, bisognerà rafforzare anche la struttura dell’azienda in Italia, oltre al canale.
”Attualmente siamo in 23 persone, ma credo che il team possa raddoppiare nell’arco dei prossimi tre anni”.

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