CrowdFuture 2013 dedica una sessione al motivational design, popolarmente noto come gamificazione. Le tecniche di sviluppo della user interface mettono insieme psicologia, strumenti software e business, per spingere all’azione. A Roma il 19 ottobre.
Vorreste che il vostro software personale o aziendale fosse entertaining quanto i più riusciti giochi? Che voi e i vostri dipendenti passaste sul sistema aziendale lo stesso tempo che passate su giochi e social network, e con la stessa passione? Vorreste sostituire parte della formazione con divertenti sfide?
Se avete risposto sì ad almeno una delle domande, è per voi il momento di entrare nel mondo della gamificazione. Il 19 ottobre la Luiss ospiterà Gamify your soul, il primo evento pubblico italiano dedicato al motivational design, spesso definito gamification. Gamify your soul, a cura dello scrivente, è una delle cinque tracce di CrowdFuture, la manifestazione dedicata al crowdfunding: tutte le piattaforme di questa categoria sono inerentemente gamificate ed è quindi normale che da questo filone si sia sviluppato l’approfondimento.
La sessione non è tecnica, ma comprende la descrizione di principio di alcuni elementi di sviluppo del software.
Metriche comportamentali
Dal punto di vista pratico, il rischio di adozione del motivational design è minimo: si tratta di aggiungere all’interfaccia utente del vostro software alcune regole precise che lo rendano interessante da usare. Le regole possono essere inserite sia in applicazioni ancora da scrivere, sia in applicazioni già esistenti.
La Ui fa riferimento ad alcune metriche sul comportamento degli utenti -singoli e a confronto- contabilizzate appositamente sul lato server dell’applicazione. Lo strato server può essere sviluppato in proprio, oppure acquisito attraverso un Api provider specializzato.
Claudio Bedino di Starteed racconterà come far business con le Api per il crowdfunding della sua Starteed. Claudio toccherà anche la gamificazione della formazione, intesa come strategia per sostituire corsi di aggiornamento con attraenti modifiche nella comunicazione di novità sui sistemi tradizionali come help, faq, video.
Federico Pacilli di BaasBox mostrerà in diretta come funziona un backend per lo sviluppo di software anche gamificato. Il breve talk racconterà anche come è possibile usare questo Api providing per fare business.
Motivazioni intrinseche
L’esecuzione del software non di gioco, a qualsiasi livello, è sequenziale e priva di interazioni di tipo sociale. Già aggiungere alcune forme di adesione e confronto a gruppi sociali basterebbe a renderlo entertaining, come spesso sono i giochi. Ma poiché si tratta di software, quasi sempre c’è un obiettivo finale, sia esso personale o aziendale, che risulta più facile da raggiungere se l’intrattenimento tocca le corde delle motivazioni intrinseche del singolo.
Orbene, le molle intrinseche sono caratteristiche del giocatore d’azzardo compulsivo. Curiosamente queste molle, secondo alcuni studi (Overcoming Your Pathological Gambling, di Robert Ladouceur e Stella Lachance, tra gli altri) essere molto simili a quelle del crowdfunder, in particolare -strano a dirsi- nel settore degli investimenti (equity). Nella nostra traccia Marco Strano dell‘Icaa, criminologo di fama internazionale, si occuperà di questo punto, applicando ai profili degli equity crowdfunder le teorie di analisi consolidate in altri campi.
A questo obiettivo si rivolgono il motivational design e il behavior change and management, il complesso di teorie delle quali la gamificazione è la più nota esemplificazione.
Meccaniche di gioco
Un qualsiasi sistema a punti è già un esempio di gamificazione. Tutti i sistemi loyalty, quindi, condividono le basi con questo approccio. Nello slang tecnico si fa riferimento a sistemi PLB, points, leaderboards (classifiche) e badges.
Perché sia vera gamificazione, però, servono almeno due elementi essenziali: riuscire a far leva sulle molle del singolo individuo (motivazioni intrinseche) e finalizzare il sistema a degli obiettivi programmati.
Agire sulle motivazioni fin dall’inizio rientra nel motivational design, mentre modificare il comportamento naturale per raggiungere degli obiettivi è una strategia di behavior management. Ovviamente la terminologia proviene, termine per termine, da altre discipline nelle quali l’impiego ha respiro più limitato. Nello sviluppo di software che fa dell’entertainment la chiave verso una maggiore produttività, ed una più semplice adattabilità ai cambiamenti d’ogni tipo, ogni termine assume una sua specificità.
Big data e qualità dei dati
Con qualsiasi nome lo si voglia chiamare, il corpus teorico di riferimento parte da teorie marketing già in voga negli anni ’50, ma con una forte limitazione: la ridotta quantità di dati. L’applicazione era quindi qualitativa e non quantitativa.
La prima modifica in chiave quantitativa è stata fornita dall’avvento dei giochi digitali, aprendo le porte ad un nuovo approccio. L’ambientazione dei giochi, infatti, si svolge in un mondo perfettamente definito per possibilità, percorsi, risorse e tempi. Da ciascuna partita, giocatore o singolo aspetto è possibile estrarre nuovi tipi di dato estremamente significativi (si pensi ai trigger) e per di più in enorme quantità, permettendo di accumulare rich user-data sets.
Se si raggiunge un elevato numero di partecipanti, le quantità di dati rientrano nei big data, ma molto più coerenti e rilevanti di quelli mediamente ottenuti da indagini, sensori o social network. La loro analisi permette di sintetizzare categorie di utenti e modalità per controllarne i comportamenti.
E’ stato quindi semplice che la prima applicazione forte del motivational design sia stata all’interno del mondo dei giochi, prendendone il nome. Il termine gamificazione ha quindi una radice non semantica, bensì storica.
Nel mondo del business, della formazione e in parte delle risorse umane accostare i giochi alla produzione di valore è un nonsenso, alle volte quasi una bestemmia. Certo la teoria matematica dei giochi non si limita agli aspetti ludici, né l’esistenza della categoria dei serious games viene accolta dai dirigenti aziendali di vecchio stampo come giustificazione alla gamificazione del software aziendale, serious per antonomasia.
In genere, però, va detto che chi propone la gamificazione non riesce ad uscire dalla terminologia ludica, inceppandosi in successive distinzioni sempre facenti parte d’una descrizione imprecisa.
Per lungo tempo l’uso di rich user-data sets è stato disponibile solo nei videogiochi, con una ridotta applicabilità in altri software.
Successivamente, software di tutti i tipi ha potuto fruire dei vantaggi del motivational design, come ci spiegherà Marcello Mari di GlobalWebIndex. Oggi big data di ogni tipo possono essere raccolti tramite social network, reti di sensori e open data. In generale queste collezioni sono piuttosto grezze: per affrontarle correttamente c’è bisogno di valutare e ottenere una elevata qualità dei dati in ambito social.