Home Edutech Cegos spiega l’impatto della trasformazione sulle competenze dei dipendenti

Cegos spiega l’impatto della trasformazione sulle competenze dei dipendenti

Il Gruppo Cegos, tra i principali player nel Learning & Development, ha rilasciato i primi dati dell’ultimo Cegos Observatory BarometerTransformations, skills and learning”, survey annuale realizzata per comprendere i cambiamenti che incidono sul mondo della formazione, anche e soprattutto a seguito della crisi legata al Covid-19, di cui si è appena conclusa l’edizione 2022.

Il Cegos Barometer ha coinvolto 377 rispondenti tra i professionisti HR (di cui 60 italiani) e 4.005 dipendenti (di cui 501 italiani), suddivisi tra sette Paesi: Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Singapore e Brasile, oltre appunto la nostra penisola.

I cambiamenti tecnologici e sociali hanno un impatto importante sullo sviluppo delle competenze dei dipendenti: le tre sfide principali sono, infatti, quella digitale (61%), quella sulle nuove modalità di lavoro (52%) e quella per la sicurezza informatica (39%). A seguire Diversity & Inclusion e transizione ecologica.

In particolare per il 41% degli HR Director ed HR Manager (+8 punti percentuali rispetto al 2021), a dover essere migliorate sono soprattutto le competenze digitali, così come le competenze manageriali (39%, in aumento di 15 punti rispetto al 2021), a seguire le soft skill.

Tra queste ultime l’organizzazione efficiente del lavoro, la creatività e il senso di innovazione sono in cima alle priorità dei dipendenti, mentre agilità e adattamento sono da sviluppare per prime secondo i professionisti HR. Questo vale sia a livello nazionale che internazionale.

Se da un lato il 37% dei programmi di formazione implementati per adattarsi ai cambiamenti sul posto di lavoro sono programmi di upskilling o di professionalizzazione (36%), c’è comunque una minore preoccupazione rispetto ai lavori a rischio per i prossimi tre anni (lo ritiene il 20% degli HR, – 25 punti rispetto al 2021 e solo il 12% in Italia).

Lo credono anche i dipendenti: solo il 23% teme di vedere scomparire il proprio lavoro, percentuale in calo di 7 punti rispetto allo scorso anno. Oltre all’upskilling come leva HR si stanno affermando anche approcci di reskilling per la mobilità interna, citati dal 60% dei manager e da interpretare come possibile rimedio alle crescenti difficoltà nel reclutare e trattenere i talenti.

Tre dipendenti italiani su quattro (78% a livello internazionale), infatti, considererebbero un cambio totale di carriera se implicasse dare un maggior significato alla propria vita professionale.

Per correre ai ripari, l’84% dei Responsabili delle Risorse Umane prevede di istituire programmi di retraining, ma solo il 24% li ha già implementati. Da segnalare come 9 dipendenti su 10 siano disposti ad autoformarsi – un dato costante negli ultimi 3 anni – e come il 64% senta lo sviluppo delle competenze una responsabilità condivisa tra azienda e lavoratori (59% degli HR, +16% rispetto al 2021).

Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italy & Cegos Apac
Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italy & Cegos Apac

“Sono in atto molte trasformazioni sul lavoro e sono tutte legate allo sviluppo delle competenze: transizione ecologica, diversità e inclusione, futuro e significato del lavoro, impatti tecnologici sulle professioni, nuovi modelli di gestione. In queste sfide al centro vi sono l’occupabilità degli individui e le performance delle organizzazioni.

Interessante notare come l’esperienza acquisita con la crisi sanitaria abbia per certi aspetti rassicurato le aziende sulla loro capacità di resilienza e di adattamento. Non va però abbassata la guardia; di fronte ai cambiamenti in atto e al crescente interesse dei dipendenti nello sviluppo delle proprie competenze, le organizzazioni devono essere in grado di offrire una gamma di opportunità di formazione, mobilità e riqualificazione dinamiche e chiare e devono renderle anche più visibili internamente per incoraggiare un maggiore coinvolgimento dei dipendenti.

Un’attenzione particolare va riservata ai “serial learner” capaci di influenzare positivamente i colleghi e che potrebbero rappresentare una grave perdita di competitività se non ascoltati”, commenta Emanuele Castellani, CEO di Cegos Italy & Cegos Apac.

Le sfide della formazione “just in time”, secondo Cegos

  • Il 55% di Responsabili delle Risorse Umane ritiene che sia difficile far corrispondere i bisogni di competenze della propria organizzazione con l’offerta di formazione (+ 10 punti rispetto al 2021).
  • Per costruire i loro programmi di formazione, gli HR Director si basano su 4 driver: le sfide che riguardano ruoli e competenze della propria organizzazione, la variazione della business strategy, le esigenze individuali e le esigenze delle linee di business.
  • Solo il 40% dei dipendenti ritiene che la propria organizzazione soddisfi le proprie esigenze di formazione “just in time” e il 42% ritiene che la risposta arrivi troppo tardi rispetto a quando si è manifestato il bisogno formativo.
  • Sul campo, l’apprendimento blended e quello online sono ancora favoriti dai Direttori delle Risorse Umane. Il 60% di loro (in aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2021) ha attivato negli ultimi due anni corsi di formazione online, il 49% corsi blended e il 41% corsi in aula.
  • Per gli HR Manager, oltre che per i dipendenti, due temi sono prioritari: la personalizzazione dei percorsi formativi e la diversificazione delle modalità formative. Per i dipendenti la formazione dovrebbe contemplare anche simulazioni e applicazioni on the job.
  • Tra le nuove modalità formative, tre sembrano suscitare un crescente interesse tra i decisori HR, in linea con le due issue sopracitate: l’Adaptive Learning (45%), il Social Learning (42%) e il Design Thinking (41%).
  • I Data Learning, invece, sono una leva essenziale, ma ancora poco utilizzata. Il 37% degli HR Manager afferma di usarli per migliorare l’esperienza di apprendimento, ma l’11% dichiara di non utilizzarli affatto.
  • Due sono i principali KPI monitorati dagli Addetti HR: la user satisfaction (per il 61%) e i learning outcome (55%); l’impatto sulle performance è solo al quarto posto con il 45%.

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