C’è il mercato di seconda mano per il software precaricato

Corrado Farina di ReLicense interviene dopo la sentenza della Cassazione: le aziende possono vendere ciò che non usano ad altre realtà e normalizzare l’utilizzo regolare del software.

È recente la sentenza con cui la Cassazione ha stabilito che il software precaricato non è parte integrante del computer venduto e, se non desiderato, deve essere rimosso d il produttore è obbligato a rimborsare l’acquirente del costo sostenuto per il sistema operativo.

Come osserva in un nota Corrado Farina, Country Manager Italia di ReLicense, se l’acquirente singolo ha la sola possibilità di rifarsi sul produttore chiedendo il rimborso del costo Oem sostenuto, l’acquirente aziendale (a fronte di una sentenza della Corte di Giustizia europea del 2012) può invece farle fruttare immettendole sul mercato del software usato.

I vantaggi sono due. L’azienda che vende monetizza e quelle che comprano accedono a licenze genuine a costi più bassi: si mettono in regola spendendo anche il 70% in meno rispetto all’acquisto di un software originale di prima mano.

Farina ricorda che per capire cosa si deve acquistare al mercato del software usato va fatto un auditing interno, per identificare le licenze software presenti e il loro effettivo utilizzo.

La cessione delle licenze avviene solo dopo la verifica della piena titolarità del diritto d’uso in capo al primo acquirente.

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