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Chi è Boomi, la piattaforma che ha reso possibile la fusione Dell Emc

Boomi viene spesso considerata come una startup. Ma la realtà uscita dal genio visionario di Rick Nucci è giunta sul mercato sin dal 2000, per farsi spazio in un’area tecnica non propriamente nota per le nuove invenzioni.

Si sa, attrae l’immaginario collettivo più uno smart speaker che un ambiente visuale per applicazioni low code.

Ma tant’è, la visione di Nucci ha portato ad alimentare un segmento tecnologico che a dispetto di un appeal forse più debole sta invece diventando giorno dopo giorno sempre più importante: quello dell’Ipaas, ossia l‘integration platform as a service.

In una frase, l’Ipaas serve a integrare i sistemi informativi nel modo più rapido, efficace ed efficiente possibile.

Primi clienti consistenti di Boomi sono state quelle che all’epoca erano medie imprese che poi hanno scalato, e a cui si sono aggiunte realtà più note, del calibro di American Express, Linkedin e Dell.

Già, Dell. Michael Dell, un altro che quanto a visione di mercato non è secondo a nessuno, nel 2010 decise di acquistare Boomi perchè gli serviva per esigenze interne: doveva facilitare le operazioni di merger e acquisition.

Attività, queste, che rientravano (la storia lo ha confermato) nel piano di sviluppo della sua società.

Al punto tale che c’è chi sostiene che la fusione efficiente fra Dell e Emc sia stata resa possibile proprio dalla tecnologia di Boomi.

Fabio Invernizzi Dell Boomi
Fabio Invernizzi, responsabile area sud Europa di Dell Boomi

A riportarci l’affermazione è stato Fabio Invernizzi, responsabile area sud Europa di Dell Boomi, un manager arrivato in Dell 14 anni fa, dopo un’esperienza in America.

Il senso pratico di Boomi

La società ha aperto in Europa nel 2012, partendo, come spesso accade in questi casi dal mercato inglese, con un percorso di espansione che l’ha portata in Italia due anni fa.

In questo lasso di tempo le soluzioni IpaaS hanno sempre dato segni di grande crescita, crescendo del 60% anno su anno.

Un mercato in cui si muovono bene Salesforce (con Mulesoft), Servicenow, Workday, che hanno tutte una piattaforma di integrazione come quella di Boomi, che viene adottata da alcuni in Oem come Succesfactor di Sap.

Tanto che oggi Dell Boomi ha 11mila clienti globali e sta tenendo un ritmo di 6 nuovi clienti ogni giorno.

Il mercato in forte crescita è quello della trasformazione digitale (sempre lì si torna) che si attua nel back end delle aziende, ossia laddove si implementa l’orchestrazione di tutte le applicazioni, con il cloud.

Post Enterprise Service Bus

Una pratica nuova? No. Possiamo dire che la si è sempre fatta, con gli Enterprise Service Bus (Esb) e le Service Oriented Architecture (Soa).

Negli Enterprise service bus, ci ha detto Invernizzi, le aziende avevano investito parecchio, ma hanno mostrato i propri limiti con l’avvento del cloud. «Le aziende hanno Esb ottimi per le situazioni on premise, ma servono nuovi strumenti per il cloud, che devono essere agili. Non sostituiscono gli Esb, li integrano. Non si buttano via gli investimenti fatti».

Questo detto consente di affermare che le piattaforme IpaaS colmano le lacune degli Esb.

«Spesso – ha spiegato Invernizzi – i clienti adottano Boomi perché hanno un nuovo Crm nel cloud o un nuovo go to market, per vendere su nuovi marketplace».

Ma se ci si vuole porre su un livello superiore va affrontato il tema della governance aziendale, ed emerge una realtà: «le aziende  – ha rivelato Invernizzi – a seguito delle operazioni di merger e acquisition spesso perdono le documentazioni dei sistemi IT» e la cosa rende molto difficoltosa, se non impossibile, l’integrazione degli stessi.

Ed ecco il campo aperto per la piattaforma Boomi, che facilita la governance IT perchè adotta l’approccio visuale e non richiede la stesura di codice.

Se si parla di governance IT ven fatto di osservare che la piattaforma sia solo grandi imprese.

«No – ha sostenuto Invernizzi – perché anche una piccola realtà, che magari deve integrare il proprio sistema con Shopify per fare ecommerce potrebbe beneficiarne».

A quale costo? «La soluzione è scalabile: più applicazioni integri, maggiore è l’investimento, ma la piattaforma è sempre la stessa».

La licenza per usufruire di Boomi dà accesso a un ambiente di configurazione cloud based in cui la scalabilità è prevista di default. Ma se il sistema gestionale, l’Erp dell’azienda, è on premise, che succede?

boomi

Gli atomi di Boomi

La piafforma Boomi, ci ha spiegato Invernizzi, ha agenti (chiamati atomi) che vengono installati dove servono (nel data center) in questo modo i dati non lasciano il luogo dove serve che sia.

L’atomo si scarica il runtime per eseguire quello che è stato configurato on premise e lo esegue nel cloud.

Per farlo scambia informazioni in forma di metadati, e lo fa sull’esecuzione dell’applicazione e non sul contenuto dell’esecuzione. In questo modo, ha osservato Invernizzi, la data privacy viene garantita.

Dietro gli atomi di Boomi, nella piattaforma, ci sono motori di intelligenza artificiale che beneficiano del mapping sulle pratiche fatto da tutti i clienti (per esempio: i metodi pratici per la coesistenza di Sap e Salesforce) in modo che l’apprendimento sia incrementale. SI tratta di un servizio molto utile, in stile community opensource, esaltato dal machine learning, ma che viene comunque sottoposto a opt-out da parte del cliente.

La piattaforma IpaaS  viene portata sul mercato da system integrator globali che hanno sviluppato practice verticali su Boomi per semplificare i progetti.

Solo in Italia Dell Technologies ha 20 partner attivi su Boomi e funge essa stessa da acceleratore.

In tema di Master Data Management, Boomi collega tutto il sistema applicativo dell’azienda con un Master data hub, che tiene allineati i dati implementando il concetto di golden record, ideale per fornire la data quality in settori come il manufacturing. Per farlo la piattaforma Boomi utilizza un sistema di API management e un gateway.

Nella logistica, per esempio, dove si usa ancora il protocollo Edi, Boomi può controllarlo in azienda con il proprio sistema di B2B management.

Per la gestione del front end la soluzione è Boomi flow, che con una metodologia di sviluppo applicativo low code (a tratti anche no code), implementa una sorta di business process management.

La metodologia low code, ha spiegato Invernizzi, si utilizza quando fa premio la velocità di azione. Si passa al no code quando l’azienda non deve personalizzare l’aspetto grafico, di esposizione, come nel caso delle applicazioni intranet. «Se bisogna fare un Css, o utilizzare avascript, il codice serve per il front end» ha spiegato Invernizzi.

Come Boomi entra in azienda

In azienda Boomi approda con il team di servizi professionali (ICOI, integrated center on excellence) «che  – ha spiegato Invernizzi – trasferiscono competenze presso i clienti, anche tramite i partner. Esistono best practice per un processo di integrazione. L’approccio Boomi è di fare il 20% del sistema di integrazione, gettando le basi. Boomi è semplice. Il restante 80% lo fa il partner».

E nell’atterrare in azienda coinvolge l’enterprise architect, che è la figura chiave: sta nel mezzo fra business e IT.

E per chi non ha un enterprise architect?

Per quanto la piattaforma sia tesa alla semplificazione, infatti, un minimo di training è necessario per consentire, per esempio a una Pmi non particolarmente strutturata a livello di figure manageriali tecniche, di utilizzarla.

Ma «tutti i training di certificazione sono gratuiti e disponibili online – ha circostanziato Invernizzi -. Per servizi semplici ci sono i jump start, training di 3-5 giorni, training on the job. Per partire velocemente con un partner sul territorio».

Sul piano dei feedback di utilizzo della piattaforma Invernizzi ha sostenuto che i costi dei progetti di integrazione come minimo dimezzati, grazie alla velocità di aggancio della supply chain ai marketplace.

Invernizzi ha portato l’esempio di Sky per la gestione del customer service. Il broadcaster ha eseguito il collegamento a cento end point che gestivano i clienti per anticipare le esigenze e i problemi del cliente con l’obiettivo di evitare il ricorso al call center.

Risultato: il 65% delle richieste ora viaggia con un’applicazione e non tramite il call center. Abbattuti costi di call center di 6 milioni di sterline, 10 punti in più di custoner satisfaction. Progetto in pochi mesi.

Un altro esempio, italiano, riguarda eon, utility che ha fatto un percorso di IT modernization. Hanno adottato applicazioni as a service con un system integrator per rivedere i processi che sono stati riscritti a decine in pochi mesi. In questo caso il modello di sviluppo di Boomi è stato il cosiddetto land and expand (atterra e amplia).

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