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I problemi di Bitcoin vengono da Cina, banche e concorrenza

A Sankt Moritz si può pagare con Bitcoin. La stazione invernale svizzera si è convertita alla criptovaluta anche perché, dicono, “contrariamente ad altri pagamenti elettronici, come quelli con le carte di credito, con il bitcoin non c’è alcun intermediario cui lasciare parte del guadagno”.

Inoltre – spiegano all’ente del turismo – anche con il cambio franco-euro abbiamo avuto non pochi problemi”. Questa pare essere una delle poche buone notizie che negli ultimi tempi sono arrivati per la criptovaluta.

Uscita velocemente dalle prime pagine dei giornali dopo il rush di fine anno, Bitcoin al momento in cui scriviamo vale 14.661 dollari dopo il picco di 19.499 del 16 dicembre. Valori comunque molto alti soprattutto se teniamo conto che all’inizio del 2017 il valore era di 894 dollari. E la capitalizzazione oggi supera i 256 miliardi di dollari con oltre 353mila transazioni nella ultime 24 ore.

La vita di Bitcoin, minuto per minuto può essere seguita QUI.

E i nostri articoli che spiegano il funzionamento di Bitcoin sono QUI.

Bitcoin under attack

Qualche cattiva notizia arriva però dalla Cina dove le autorità prevedono di limitare l’uso di energia elettrica da parte di alcuni miner di bitcoin. Come è noto per estrarre nuovi Bitcoin occorre risolvere complessi calcoli matemaci che comportano un consumo impressionante di energia. Si è parlato addirittura di un consumo pari a quello della Nigeria. Per questo motivo la Banca popolare della Cina ha delineato un piano necessario anche perché i miner hanno approfittato dei bassi prezzi dell’energia elettrica in alcune zone influenzando il normale consumo di elettricità in alcuni casi. L’attuazione delle limitazioni coinvolgerà anche altri regolatori, come la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, che sorveglia l’alimentazione elettrica. Anche se è improbabile che le restrizioni proposte abbiano un effetto significativo sulla velocità delle transazioni, mettono in evidenza le preoccupazioni mondiali per il crescente consumo energetico dei miner di bitcoin.

Secondo il Digiconomist Bitcoin energy consumption index, l’industria ora utilizza una quantità di elettricità pari a 3,4 milioni di famiglie statunitensi. La Cina ospita molti dei più grandi miner del mondo, alcuni dei quali hanno installato impianti idroelettrici nelle province del Sichuan e dello Yunnan. L’attenzione verso i miner da parte della Cina si inserisce all’interno di un’azione di repressione verso le criptocurrency iniziata lo scorso anno. In settembre le autorità hanno vietato l’offerta iniziale di moneta e invitato le borse locali a bloccare il commercio virtuale di valuta. Se non bastasse la Cina ha congelato anche una serie di conti in bitcoin sul mercato Otc (over the counter, cioè le operazioni di compravendita di titoli non standardizzate). Si tratta di conti valutati complessivamente oltre 46 milioni di dollari. Lo scorso settembre le autorità finanziarie cinesi avevano già vietato tutte le piattaforme di trading sui bitcoin, ma le transazioni over the counter erano ancora molto attive. Le cattive notizie non si fermano alla Cina.

Merryl Linch e Visa

Merrill Lynch ha bloccato tutte le operazioni sui Bitcoin. La banca d’affari ha introdotto una direttiva che vieta ai circa 17.000 consulenti della società di suggerire e proporre investimenti collegati alla criptovaluta. Non solo, ma impedisce di soddisfare le richieste dei clienti che vogliano investire nel fondo Bitcoin Investment Trust di Greyscale. Si tratta di un fondo aperto, che investe esclusivamente nella moneta virtuale e il cui valore è legato al prezzo della valuta digitale. Merrill Lynch ha proibito anche l’accesso ai future agganciati alla valuta digitale lanciati di recente dalle due Borse di Chicago, Cme e Cboe.

Da parte sua Visa ha deciso di bloccare l’accordo Wavecrest per condotte non consone rendendo così molto difficile l’utilizzo di carte di debito Bitcoin. Uno dei più trend principali del periodo 2015-2017 è stata infatti la quantità di criptovaluta versabile su carte di credito Visa, MasterCard e altre istituzioni finanziari.

Ora però Visa Europe ha bloccato le carte prepagate in Bitcoin e rotto gli accordi con Wavecrest, azienda con sede a Gibilterra sotto la quale ci sono tutti i brand più famosi delle carte di debito Bitcoin come Bitwala, Cryptopay, Wirex e TenX. Questi servizi permettono di depositare in Bitcoin e pagare in euro o dollari. Altri partner però non sono stati colpiti. Poi ci sono i future che, lanciati poco tempo fa, hanno raccolto fino a oggi scambi deludenti. La media parla di 50-60 milioni di dollari al giorno, considerati poca roba. Dietro lo scarso successo ci sarebbe l’atteggiamento di molte banche di Wall Street non particolarmente disposte a fare affari con i futures Bitcoin.

Jp Morgan Chase e Bank of America Merrill Lynch non hanno offerto ai loro clienti l’accesso ai futures bitcoin. E nel frattempo si fa avanti la concorrenza. Ripple, seconda moneta digitale per capitalizzazione di mercato ha superato la soglia dei 3 dollari, balzando nell’ultima settimana del 150% circa, a 3,50 dollari, stando alle rilevazioni di CoinMarketcap.com. Dalla fine di dicembre del 2016, il balzo del Ripple è stato pari a +55.000%. Ed Ethereum, la terza criptovaluta, ha superato la soglia dei mille dollari.

 

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