Banche e retail convergenza già in atto

Una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano promossa da Wincor Nixdorf esplora lo stato dell’arte e gli scenari futuribili fra collaborazione e possibili integrazioni.

Due settori diversi, eppure vicini fra loro.
Messi sotto la lente d’ingrandimento di un focus group condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano, per conto di Wincor Nixdorf, le banche e gli attori della Grande distribuzione non sembrano poi così lontani. Considerati “maturi”, sono entrambi accomunati dal medesimo target: il cliente finale. Lo stesso del quale sono chiamati a conoscere le problematiche e a ingegnarsi per mantenerlo fidelizzato nel tempo.

Sono questi gli assunti dai quali è partita la ricerca condotta da Raffaella Cagliano, professore associato in Ingegneria Economico-Gestionale presso il già citato Politecnico e curatrice della ricerca costata oltre un anno di lavoro.
La stessa che, sul piano delle similitudini fra i punti di vendita delle filiali bancarie e le vetrine delle insegne Retail evidenzia la ricerca di una capillarità territoriale sempre più spinta «che richiama a un concetto di multicanalità funzionale a raggiungere nuovi segmenti di mercato».

Privilegiare il self service come modalità d’acquisto autonoma è un altro punto di contatto, come pure l’ottimizzazione dei flussi di cassa e la gestione integrata del back office per pagamenti e finanziamenti attraverso pratiche sempre più diffuse come il credito al consumo.
«Con un punto nodale sopra tutti – afferma Cagliano -: per entrambi i mercati di cui abbiamo cercato di comprendere il grado di convergenza, la sfida è quella di riuscire a proporre ai cliente non più, o non solo, un prodotto o un servizio, bensì un’esperienza»
.

Gli scenari presenti

Con una simile premessa, non stupisce che (più nel resto del mondo, che in Italia) siano già in atto scenari di una possibile sovrapposizione dei confini fra Banking e Retail. Basti citare Wal-Mart che, Oltreoceano, sta tentando di aprire una propria banca, o guardare ai ben più vicini Regno Unito e Francia, dove la Grande distribuzione si è organizzata per proporre prodotti di natura finanziaria.
«In Italia – continua il professore associato – siamo alle carte di credito brandizzate dai Retailer, ma la tendenza è quella di un mondo della distribuzione interessato a offrire sempre più prodotti finanziari».

Visti al contrario, infatti, gli esempi paiono molto più limitati, ma non mancano.
«Qui la sorpresa è per attori come Poste Italiane che, ai servizi di posta tradizionale ha aggiunto nel tempo sia la parte finanziaria, che quella retail – afferma Cagliano -. Ma ci sono anche Istituti bancari, come Monte dei Paschi di Siena, che si è timidamente affacciata offrendo ai propri clienti una guida ai sapori corredata con tanto di proposte d’assaggio. Altro caso è, infine, rappresentato da Auchan, MasterCard e Unicredit Capitalia, promotori di un’iniziativa di co-marketing volta a educare il cliente a ridurre gli acquisti cash».

Messa così l’offerta dei due attori in scena pare, però, solo sovrapporsi. Nemmeno in Italia è nuova l’ipotesi di stazioni di self payment all’interno dei punti vendita della Grande distribuzione o l’offerta di un pc in leasing all’apertura di un conto corrente per professionisti. «Ma questi – viene fatto osservare – sono tutti esempi di collaborazione “soft”. Se parliamo di sinergie, l’esempio di un corner bancario all’interno del supermercato può diventare un vantaggio reciproco per permettere a entrambi di offrire i propri servizi, come pure domiciliare la spesa del cliente sul proprio conto corrente sfruttando le competenze di business del partner bancario».

Ma il terzo grado di convergenza che manca è proprio quello dell’integrazione, dove gli attori coinvolti potrebbero essere anche diversi da quelli del Retail e dal mondo bancario. Ma la realtà pare ancora lontana dalle idee messe sul piatto dal focus group che, per la ricerca commissionata da Wincor Nixdorf ha coinvolti esperti del settore, ricercatori della School of Management, studenti e potenziali clienti.
Fra le proposte sul piatto lato Retail: l’evoluzione dei sistemi di self payment all’interno dei punti vendita per pagare le utenze e, non solo per ritirare denaro; lo sviluppo e la proposizione di servizi bancari proposti dal personale delle filiali ai cosiddetti “unbanked”, vale a dire giovani e immigrati che non hanno ancora aperto un proprio conto bancario.

Sul lato Banking, l’invito è a posizionare chioschi multimediali nei diversi punti vendita per promuovere i propri prodotti finanziari, ma anche per permettere al cliente di fare la spesa on line pagando in piena sicurezza, magari mentre aspetta di parlare con il proprio promotore. Uscendo dai confini usuali è poi ipotizzabile un’offerta congiunta di entrambi i servizi, ma in contesti del tutto differenti (come in ospedali e università) mirati a captare l’interesse di un certo tipo di clienti. Logico, in questo caso, supporre che l’immagine del punto di contatto non possa, necessariamente, essere di tipo tradizionale.

Infine, fra le idee percorribili, anche quella di una convergenza a fini solidari acquistando prodotti che contribuiscano al sociale.

Certo, per essere attuati gli orizzonti ipotizzati hanno bisogno di aver di fronte clienti interessati a questo tipo di convergenza. Altrimenti è tutto inutile. Non è un caso che quelli ipotizzati dalla School of Management siano 4 scenari prodotti incrociando diverse variabili con due attori sulla scena: da una parte il cliente “decisore, dall’altra il cliente “riflessivo.
Il primo orientato all’efficientamento del tempo e abituato a utilizzare la propria carta di credito anche in nuovi contesti d’acquisto; il secondo molto più scettico e tradizionale.

Così, in attesa di veder evolvere contesti e modalità in cui Banking e Retail possono convergere, vale la pena ricordare che se gli ostacoli sono ancora molto spesso di tipo culturale – sia dal lato clienti, che da quello fornitori – le opportunità non mancano. «Nuovi stili di vita e modelli di consumo stanno facendo capolino sulla scena e, in questo – conclude la Cagliano -, la tecnologia abilitante è fondamentale perché rappresenta lo strumento per poter lavorare insieme come già avviene nelle community del Web 2.0, dove i consumatori fanno, o possono fare, da cassa di risonanza».
Magari dicendo anche in quale altro modo si può convergere.

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