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L’azienda che innova è open per natura

Gianni Anguilletti, Country Manager di Red Hat Italia, ci parla della convenienza a essere open.

La nostra società appare sempre più caratterizzata da forti esigenze di trasparenza, autenticità, accesso e apertura. Per questo motivo, anche le imprese devono abbandonare l’approccio “command and control” per abbracciare i principi dell’organizzazione aperta. Le vecchie strategie basate su economie di scala e vantaggio posizionale, costruite su modelli gerarchici e compartimentati, non sono più funzionali nel mondo del XXI secolo, dove innovazione e cambiamento sono le parole d’ordine e la collaborazione è alla base di tutti i nuovi sviluppi.

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Gianni Anguilletti, country manager di Red Hat

Su questo cruciale argomento, Jim Whitehurst, presidente e CEO di Red Hat, ha scritto un libro intitolato “L’organizzazione aperta – Un nuovo modo di lavorare”, ora pubblicato anche in Italia da Garzanti. In questo libro, Jim Whitehurst ha utilizzato l’esempio pratico dell’azienda che dirige dal 2008 non tanto per teorizzare elaborate teorie da business school, quanto per condividere spunti di riflessione su come oggi le aziende, per operare in ambiti sempre più complessi e caratterizzati da continui mutamenti, debbano cercare nuove soluzioni alla tradizionale equazione “persone-processi-tecnologie” per sostenere la propria operatività.

Allo scopo, ha ritenuto opportuno illustrare l’esperienza maturata attraverso il modello di sviluppo software open source che, traslato nella gestione complessiva di Red Hat, ha contribuito a renderla un’organizzazione con un volume d’affari in costante crescita che ha ormai superato i 2 miliardi di dollari.

Un modello costruito su partecipazione e rispetto di tutti

Startup di successo e aziende specializzate insegnano che occorre definire una ragion d’essere, una finalità che vada al di là del puro obiettivo di business. Ogni gruppo di lavoro dovrebbe avere ben chiaro quale bisogno soddisfa e quale assistenza presta. Su questa base, si può pensare di convincere le persone a partecipare attivamente, motivandole e, in questo modo, rendendole più produttive e fedeli alla missione condivisa.

Il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori è una componente critica del sistema organizzativo aperto e le decisioni vengono prese in base alle idee che si riterranno più valide, incentivando la propositività e responsabilizzando tutti i soggetti coinvolti.

Il superamento di modelli gerarchici tradizionali consente di reagire rapidamente ai cambiamenti imposti dal mercato. Questo non significa privarsi dei ruoli-guida, ma trasformarli per sostenere il cambiamento. Più che uomini di comando, dunque, servono catalizzatori di comunità di dipendenti, collaboratori, partner e persino clienti attirati in modo partecipativo nei processi decisionali. In questo modo, si guadagna un rispetto più solido, non costruito su una posizione più importante di un’altra, ma sulla capacità di confronto, condivisione e motivazione meritocratica.

L’arte di dirigere un’impresa aperta e autodeterminata consiste in parte anche nel provocare il passaggio all’azione. Un obiettivo troppo preciso rischia di demotivare le persone o portarle verso una direzione sbagliata per eccesso di indicazioni. Al contrario, traguardi troppo vaghi non ispirano azioni e generano caos. Il giusto equilibrio, non semplice da trovare, porta a definire una struttura sufficiente per incanalare le azioni di un’impresa, senza peccare di eccesso di rigidità.

Cosa ci insegna l’esperienza open source

Il business di un’azienda come Red Hat dipende dalla collaborazione e dalla condivisione delle idee e non dal controllo degli asset. Tutti i dipendenti hanno la possibilità di esprimersi sia sulle questioni più strategiche che su quelle operative.

A questo tipo di schema, per quanto in continua evoluzione, si è giunti ispirandosi al “modello aperto” adottato dalle comunità degli sviluppatori open source, dove concetti come collaborazione, competenza, meritocrazia sono alla base del successo delle tecnologie software concepite secondo questo approccio.

Infatti, tali tecnologie non vengono create seguendo rigidi processi gerarchici, ma sono frutto del contributo “spontaneo” di un grande numero di professionisti che vedono riconosciuti i propri sforzi a seconda della professionalità, innovazione e competenza con le quali realizzano e condividono i propri elaborati, la cui idoneità a far parte di una certa tecnologia viene poi stabilita dal resto della “comunità” stessa.

Altro insegnamento interessante del modello open source è rappresentato dal “release early, release often”. In un progetto di sviluppo software, i rischi di errore sono sempre in agguato. Più una versione comprenderà dei cambiamenti, più alto sarà il pericolo di trovarci qualche difetto. Gli sviluppatori open source ritengono che rilasciando più velocemente e frequentemente migliorie ad un software si possono ridurre i rischi e, allo stesso tempo, favorire l’innovazione.

Allo stesso modo un’organizzazione deve prendere decisioni in modo agile e progressivo, evitando di “ingessarsi” per lunghi periodi di tempo in attesa di un “big bang”. In buona sostanza, una “organizzazione aperta” è caratterizzata da grande partecipazione che motiva le persone a dare il meglio delle proprie capacità per poter contribuire al raggiungimento di un obbiettivo condiviso.

È difficile immaginare in questo momento come sarà il 2017. In Italia e nel mondo, diversi fattori rendono incerto il clima anche sociale, politico ed economico, ma l’esperienza ha già mostrato in passato che le buone idee hanno maggiore possibilità di trovare spazio e ispirare la crescita di un’organizzazione anche in condizioni difficili. A nostro avviso il modello aperto è quello che meglio favorisce la creatività e il coinvolgimento delle persone. Applicarlo, magari anche partendo da gruppi dedicati a progetti specifici, può essere un buon modo per affrontare il mercato in modo vincente a prescindere dalla complessità nella quale ci si trova ad operare.

A nostro parere e per concludere, le imprese di successo oggi devono far leva non più su tradizionali modelli gerarchici, bensì sulla capacità di coinvolgere in modo “emozionale” dipendenti, partner e anche clienti nei processi decisionali. Il modello aperto è quello che meglio si presta alla creatività e al coinvolgimento delle persone e può rappresentare una fonte originale di innovazione per permettere alle organizzazioni di operare in scenari caratterizzati da continui cambiamenti.

Per questo la nostra ragione d’essere è quellsa di rappresentare un catalizzatore per comunità di clienti, sviluppatori e partner, al fine di sviluppare migliori tecnologie attraverso il modello open source.

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