Artigiani digitali, in arte Makers

In arrivo in Italia la ventata di rinnovamento del concetto di ingegnosità. Siamo all’avanguardia, ma non lo sappiamo. Prendiamone coscienza: anche Passera ci segue.

E’ in fase di lancio anche in Italia l’avanguardia dei Makers, gli artigiani autocostruttori che da tempo spopolano negli States ed altrove nel mondo. Il lancio è avvenuto a Roma, in un evento organizzato da Riccardo Luna con la presenza di Chris Anderson, direttore di Wired Usa. Nel quadro delle iniziative World Wide Rome l’evento parlava di Makers, la nuova rivoluzione industriale.
Le idee mediatiche non sempre sono chiare ed in questo caso si sono volute mischiare più anime, presentandole come se fossero elementi paritari di uno stesso discorso, e così non è.
Che il web, l’open source, l’open hardware, i sensori, Arduino e la stampa 3D siano tutte un aiuto per qualsiasi forma di autocostruzione è evidente, ma nessuno di questi elementi ne è la struttura portante, mentre lo sono le abilità manuali e di assemblaggio dei singoli individui. Proviamo a mettere ordine.

Il web c’entra poco
L’evento in sé ha un nome che richiama fortemente il web, mentre il movimento maker con il web poco ha a che fare. Inoltre l’argomento centrale dell’evento è stato la stampa di oggetti in tutte le sue accezioni, dalla manopola al violino alla casa, ma neanche la stampa di oggetti in sé è un elemento portante dei makers.
I makers sono artigiani di qualsiasi tipo, che propongono oggetti non industriali dal centrino all’uncinetto fino all’autovettura completamente assemblata a mano con modifiche e migliorie. Il termine viene usato con questa accezione dalla rivista Make, prodotta da O’Reilly e diretta da Dale Dougherty, presente all’evento romano. Dale è l’inventore della Maker Faire (orgogliosamente proposta con l’antica dizione che termina nella e muta), incontri pubblici nel mondo reale dove i makers promuovono la loro arte.
Il Maker Faire Playbook, manuale di riferimento per chi voglia organizzare una Maker Faire, riporta circa 200 diverse categorie di artigiani. E non tutti sono tecnologici come Giovanni Re, che sposando lavoro e passione è un riferimento per i makers italiani, quindi non poteva mancare sul palco.

Editoria di oggetti
Certamente le anime di elettronica, informatica, telecomunicazioni e sensoristica hanno tratto grande linfa dallo sviluppo aperto che dal web ha portato all’open source (fu Torvalds con Linux a creare la massa critica), al creative commons e all’open hardware.
E’ acquisito che il web 2.0 permette di vendere direttamente in tutte le case, con distribuzione diretta se si sta acquistando un file o indiretta se è disponibile un servizio di consegna. Nel primo caso si scambiano file 3D di descrizione di oggetti, creando un mercato simile a quello degli e-book e con gli stessi problemi di diritto digitale.
Un altro dei servizi resi possibili dal web è la disponibilità in casa di un front-end semplificato che permetta di industrializzare la produzione back-end, rendendo semplice la fruizione di un sapere molto, molto complesso: è il caso dei ragazzi italiani di Vectorealism, ma anche di altri servizi di stampa 3D online (Sculpteo, Shapeways).

Italians do it better
Grande importanza nel movimento ha avuto il successo mondiale di Arduino, la piattaforma di prototipazione rapida che usa componenti a basso costo e che rilascia tutto il suo lavoro in Creative Commons. Massimo Banzi, ideatore del progetto davanti a caffé presi nel bar Arduino, da cui il nome, è uno dei nomi da conoscere. Un certo successo internazionale sta avendo anche Alessandro Ranellucci, sviluppatore di Slic3r, un software che pilota le stampanti 3D e che sta avendo larga eco: durante un cocktail, lo stesso Anderson ha avuto parole di elogio per Alex. La massima esposizione mediatica è però per la famiglia Cantini, la prima ad impiantare in Italia una produzione di stampanti 3D della famiglia RepRap, compresa una propria famiglia di prodotto, la Galileo.

Emozione in note
Personalmente ho provato un momento di grande emozione: l’esperienza d’ascolto dello Stradivari stampato in pic da Vito Chinellato e suonato da Sebastiano Frattini. Immaginavo fosse un violino elettrico, e invece era un classico modello acustico, stampato come pezzo unico. “E’ preciso e filtra le vibrazioni alte sulla mano”, mi ha detto il violinista. La grande liuteria italiana è avvisata: il segreto dell’indurimento del legno di Amati e Stradivari non ha più la rilevanza che aveva prima. E non è l’unico artigianato sopravanzato dalla tecnologia (della stampa di oggetti, non dei makers).

Aggreghiamo i Makers
Anche in Italia sembra che qualcosa si stia muovendo. Particolarmente gradita è stata la presenza di Alessandro Fusacchia, inviato dal ministro Passera per meglio comprendere una realtà innovativa. Tra le attenzioni da suggerire al Governo c’è la necessità di agevolare il singolo sperimentatore per acquisti in macchinari e di favorire il marketplace; sullo sfondo c’è la questione della proprietà intellettuale del design.
Le prime fiere artigiane sono in arrivo anche in Italia. Si parla di una prossima Maker Faire a Firenze, probabilmente in ottobre; io stesso, dopo aver organizzato il primo Rap Day, collaboro con Hopen per farne una a Roma.

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