ACTA: l’Europa dice si, nonostante le proteste

L’Unione Europea aderisce al trattato ACTA (acronimo di “Anti-Counterfeiting Trade Agreement”)che ha come obiettivo la protezione della proprietà intellettuale in tutte le sue forme. Ma nonostante le rassicurazioni della Ue, molte sono le voci di dissenso: ACTA rappresenta una minaccia.

A distanza di pochi giorni dalle proteste che si sono registrate negli Stati Uniti in vista della ventilata approvazione delle norme SOPA e PIPA, considerate dagli stessi protagonisti dell’industria dell’IT notevolmente pericolose perché in grado di rappresentare una minaccia per la libertà d’espressione in Rete, arriva la notizia dell’adesione – da parte dell’Unione Europea – al trattato ACTA (acronimo di “Anti-Counterfeiting Trade Agreement“). Già sottoscritto da Australia, Canada, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Corea, Singapore, Svizzera e Stati Uniti, l’ACTA è un accordo commerciale plurilaterale che ha come obiettivo la protezione della proprietà intellettuale in tutte le sue forme.

A detta dei responsabili dell’Unione Europea, l’ACTA è un accordo ragionevole che non limiterà in alcun modo la libertà d’espressione. “Non ci saranno operazioni censorie né verranno chiusi siti Internet in forza dell’adesione al trattato“, si è voluto puntualizzare sul sito ufficiale dell’UE (ved. questa pagina). “L’ACTA consente di perseguire le organizzazioni criminali che sottraggono la proprietà intellettuale recando danno all’innovazione, alla concorrenza leale e riducendo la possibilità di nuovi impieghi. Nessuno sarà posto sotto controllo, i social network potranno essere utilizzati esattamente come in passato, senza nessun cambiamento“. In cosa ACTA differirebbe da SOPA? “Diversamente dal SOPA americano, l’ACTA non modifica il quadro normativo vigente. Ciò che è possibile fare legalmente oggi resterà tale anche dopo la ratific del trattato. Non è nemmeno previsto il taglio dell’accesso alla Rete“.

La posizione delle associazioni che si occupano di tutelare i diritti degli utenti è però diametralmente opposta. Secondo Agorà Digitale, la decisione di firmare il trattato ACTA sarebbe pessima: “è urgente che le diverse mobilitazioni nazionali come quella italiana contro l’emendamento Fava e quella americana contro SOPA e PIPA si uniscano contro il liberticida trattato ACTA che avrà un impatto negativo sulla libertà di espressione, l’accesso alle medicine ma anche alla cultura e alla conoscenza. I cittadini europei devono reclamare un processo democratico, contro le influenze delle multinazionali. Ci saranno diverse votazioni al Parlamento Europeo prima del voto finale di quest’estate e speriamo che non solo Agorà Digitale ma tutte le forze politiche unite in questi giorni contro i bavagli alla Rete vogliano fare pressione sui nostri parlamentari europei“, si legge sul sito dell’associazione che rilancia, tra l’altro, su YouTube, un video per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica (ved. questa pagina).

Pollice verso anche da parte dell’avvocato Fulvio Sarzana che sul suo blog osserva come ACTA modifichi profondamente i rapporti tra i titolari del diritto d’autore o di privativa industriale ed i soggetti che si ritiene stiano violando questi diritti. Secondo il legale “l’accordo prevede infatti che, in barba alla disciplina in tema di privacy, da ultimo richiamata ieri dall’iniziativa europea in tema di tutela dei dati personali annunciata dalla Commissaria Reding, i titolari dei diritti possano ottenere dai provider i nominativi di chi sta violando i loro diritti, senza passare per l’Autorità giudiziaria“. E fa un esempio concreto: “ACTA consentirà così di ottenere da un’Università africana che sta studiando un vaccino contro l’AIDS il nominativo dei ricercatori che stanno lavorando alla creazione di un farmaco generico e di poterli quindi sottoporre a procedimento per violazione di brevetto. In sostanza principio base di ACTA è che gli intermediari non possano proteggere i nominativi di chi compie una presunta attività illecita, trasformando gli stessi intermediari in fonti di informazione privilegiata per perseguire eventuali violazioni. Altro principio (che verrebbe sanciato nell’ACTA, n.d.r.) è la possibilità che i titolari dei diritti possano imporre agli intermediari di non utilizzare strumenti di per sé assolutamente leciti ma che siano in grado di eludere i sistemi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale (come ad esempio i DRM).“.

Secondo Sarzana, inoltre, se l’ACTA fosse stato in vigore nel momento in cui è stato chiuso, ad esempio, Megaupload, “i titolari dei diritti avrebbero potuto chiedere ai diversi provider in giro per il mondo i nominativi dei titolari dei cyberlocker Megaupload e Megavideo senza passare per l’Autorità giudiziaria, facendosi giustizia da sé“.

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