A Sky il satellite non basta più

Nel corso del 2007 il gruppo di proprietà di Rupert Murdoch ha chiuso accordi a ripetizione per portare i suoi canali sulle IPTV e le mobile Tv, ma Mediaset non sta a guardare

A metà settembre SKY Italia ha deciso di ridisegnare la propria presenza su Internet. E così, quasi di sorpresa, il sito istituzionale ha cambiato nome e pelle. Dismessa la vecchia denominazione www.skylife.it, (che comunque rimane come canale) il sito non solo è tornato a chiamarsi più semplicemente www.sky.it, ma appare rinnovato nella veste grafica, più leggero e più facile da caricare, e con una homepage più aggressiva, dove spiccano quattro nuovi canali, SKY Sport, SKY Cinema, SKY Tg24 e appunto SKY Life, completamente dedicati all’attualità. Ciò che ha più colpito nella svolta Internet di SKY Italia è il grande spazio concesso al web 2.0: a partire dall’offerta di streaming video – imponente sia per quantità che per varietà – seguita da un fiume di approfondimenti e anticipazioni, senza contare gli strumenti messi a disposizione di tutti, come forum, community e blog, questi ultimi destinati sia agli esperti, che ai navigatori.

Cambia il mercato dei media
Per quale ragione un operatore televisivo che ha fatto del satellite la sua ragione d’esistenza ha deciso di compiere questo grande salto nel mondo della banda larga ? La risposta è che ai vertici della piattaforma satellitare la pay tv comincia a stare un po’ stretta. Anche se rimane il core business dell’attività italiana di Murdoch, anche se i suoi margini di crescita sono ancora interessanti – oggi SKY Italia ha superato i 4,2 milioni di abbonati, ma può agevolmente superare i cinque milioni – è arrivato il momento di guardarsi intorno.

I percorsi personalizzati degli utenti
Come spiega un recente report di Upa (l’associazione dei “big spender” pubblicitari), il nuovo consumatore ama la molteplicità e la personalizzazione dei percorsi, ed è quindi attratto dai media digitali, soprattutto da Internet e dalla telefonia cellulare, due tecnologie ritenute rilevanti nelle future scelte di consumo dei media. Siamo insomma di fronte a una terza rivoluzione televisiva, dove i fattori discriminanti saranno l’interattività, la focalizzazione (basta con la comunicazione di massa, indistinta), la flessibilità (dal pay per view al video on demand) e la mobilità (DVBH). Per tutte queste ragioni la televisione di Murdoch ha deciso di volgere lo sguardo verso quel mercato della multimedialità che in Italia comincia a emettere i suoi primi vagiti.
 
La nuova strategia di SKY
Insomma, mobile tv, IPTV, Net Tv e digitale Terrestre non sono più sigle vuote, ma nuove forme di comunicazione che, seppur lentamente, sono destinate a cambiare le modalità di fruizione dei contenuti da parte del pubblico. Impossibile ignorarle. Non stupisce, quindi, che nel giro di qualche mese SKY abbia potenziato la propria presenza in rete e al contempo siglato accordi con la futura IPTV di Wind e con quella già esistente di Telecom Italia, Alice Home Tv. Ad esse ha ceduto decine e decine di canali tra Premium e Basic, Calcio e Cinema, senza contare i canali option, la pay per view e i servizi all’avanguardia come l’alta definizione e il personal video recorder. In questo modo ha completato un quadro che già vedeva i suoi contenuti presenti sulla Iptv di Fastweb e nei bouquet delle reti mobili di Tim, Vodafone e H3g.

I paletti e le possibilità per il gruppo Murdoch
La nuova partita che la pay tv sta giocando è quindi tesa a rafforzare il proprio ruolo di fornitore di contenuti. Attraverso una strategia soft composta di passetti successivi. In quanto, per chi lo avesse dimenticato, sulla piattaforma satellitare pesa un interdetto posto dall’Antitrust Europeo, fissato al tempo della fusione tra Stream e TelePiù, dalla quale è nata SKY Italia. In quanto monopolista della televisione satellitare la società di Murdoch è costretta a muoversi all’interno di alcuni vincoli, tra i quali spicca il divieto di acquisire diritti in esclusiva per piattaforme diverse dal satellite. Deve appoggiarsi a terzi, quindi, se vuole espandere il proprio raggio di azione. Una restrizione che all’inizio ha pesato, ma che ora si sta trasformando in un vantaggio perché consente alla società di ampliare la platea dei propri consumatori senza andarsi a impantanare nell’acquisizione di nuove piattaforme di rete. I contenuti, come si sa, sono la risorsa cruciale dei media del futuro. E spesso chi possiede le piattaforme non ne controlla a sufficienza. SKY Italia, che di contenuti ne possiede forse fin troppi, li sta giustamente “affittando” agli operatori del mobile e a quelli dell’Internet veloce, ricevendo in cambio ciò che desiderava: essere presente all’interno del neonato mondo multipiattaforma in modo da allargare la propria copertura sul territorio.

Mediaset contrattacca
Anche Pier Silvio Berlusconi ha capito che la battaglia televisiva si gioca su più fronti. E quindi, più o meno negli stessi giorni in cui SKY Italia chiudeva gli accordi con le due IPTV di Wind e Alice Home Tv, Mediaset ha risposto siglando un maxi accordo con Warner e Universal. In questo modo si è garantita per i prossimi quattro anni i diritti di distribuzione esclusiva in Italia delle nuove produzioni di film e serie tv, oltre ad una grossa fetta delle due library. Diritti validi sia per la tv in chiaro sia per le pay tv. Da SKY Italia sono convinti che l’operazione sia un fucile puntato contro di loro. E forse non sbagliano, perché nel corso delle ultime tre stagioni la pay tv è stata responsabile dell’impoverimento dell’appeal delle reti Mediaset, colpite negli ascolti e nella qualità dei contatti pubblicitari. 

Le diverse alternative del Biscione
 A Cologno non hanno ancora rivelato come intendono giocarsi i nuovi diritti. Dentro ci sono decine e decine di titoli di film e serie di pregio (dal prossimo Harry Potter al nuovo sequel dei Pirati dei Caraibi, fino a Dr House) che una volta impacchettati in nuovi canali potrebbero, ad esempio, essere offerti sul digitale terrestre di Mediaset in modalità pay per view. Un progetto simile, già annunciato dal Biscione qualche mese fa, potrebbe in effetti venire alla luce a breve. L’unica controindicazione arriva dall’attuale norma della Gasparri che vieta ai singoli operatori di superare il tetto del 20% del totale dei canali.
Oggi Mediaset è ancora al di sotto di tale limite, avrebbe dunque un esiguo spazio di manovra per irrobustire il proprio digitale terrestre. Se però venisse approvata la legge Gentiloni (ipotesi alquanto vaga nel momento in cui scriviamo), ogni ipotesi di espansione dovrebbe essere accantonata, perché il testo prevede di inserire nel conteggio dei canali anche quelli in pay per view oggi esclusi. Un’ipotesi alternativa, certamente più benevola per Sky Italia, vedrebbe il Biscione tenersi qualche pellicola e vendere il resto del pacchetto proprio alla pay tv del magnate australiano.

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