La seconda puntata dell’inchiesta dedicata al tema dell’esternalizzazione vede protagoniste le aziende-utenti. Sotto la lente, problematiche e criticità emerse in fase implementativa
Oggi, aziende e mercato sono sempre più sottoposti a rapidi cambiamenti e l’It, come fattore operativo abilitante, non può che evolvere di pari passo. Certamente, la crescente attenzione nei confronti di strumenti in grado di assicurare un recupero dell’efficienza e di liberare risorse da investire in nuove aperture di business sta rendendo di grande attualità il tema dell’esternalizzazione, un modello che all’estero sta già registrando ampia diffusione. Al momento, in Italia, la situazione è, invece, abbastanza incerta; probabilmente se ne parla molto più di quanto se ne faccia, e senza scomodare gli Stati Uniti, il nostro paese vede già forti ritardi rispetto a Francia, Germania e Inghilterra.
L’inchiesta
Nella prima puntata di questa inchiesta interamente dedicata al paradigma dell’esternalizzazione (e pubblicata sul numero 4 di Linea Edp), i riflettori erano stati puntati sull’offerta dei vendor e le opinioni delle società di analisi e consulenza. In questa seconda parte, a parlare sono, invece, gli utenti, dalla cui viva voce abbiamo voluto ascoltare i progetti e le esperienze fatte, mettendo soprattutto in luce le difficoltà incontrate in corso d’opera e i vantaggi ottenuti in seguito alla implementazione di questo tipo di soluzione.
Dal dialogo è emerso con evidenza che l’opinione generale riguardo al paradigma dell’outsourcing, e ai benefici che esso porta, è nel complesso decisamente positiva. Tuttavia, nessuna delle realtà intervistate ha mancato di sottolineare quanta attenzione, e soprattutto quanto lavoro, siano necessari per affacciarsi a questo tipo di soluzione.
La maturità dimostrata dalle aziende coinvolte nell’inchiesta ha dimostrato, inoltre, come stia cominciando a essere compreso il concetto che l’outsourcing, per portare frutti, non debba essere considerato un mero strumento di riduzione dei costi, ma, al contrario, offra possibilità di risparmio come conseguenza di una maggior efficienza ed efficacia dei sistemi informativi. A differenza di quanto riscontrabile qualche anno fa, le realtà italiane hanno raggiunto, quindi, una nuova modalità nel porsi rispetto al tema dell’outsourcing. Se in passato, infatti, l’esternalizzazione era valutata principalmente in funzione di un taglio dei costi, oggi i driver sembrano di tutt’altro genere: industrializzazione di servizi, semplificazione dei processi di gestione, accesso a nuove competenze o a skill di difficile reperibilità sul mercato, e ancora maggiore flessibilità nella gestione dei posti di lavoro. È opinione generale delle aziende intervistate che, se ben studiata e progettata, una soluzione di outsourcing sia in grado di permettere il raggiungimento di questi obiettivi, ma occorre essere preparati ad affrontare alcune problematiche, prima fra tutte quella del controllo della governance. Per mantenere il governo della tecnologia, infatti, è di primaria importanza una solida base contrattuale all’interno della quale, da un lato, siano identificati ruoli, responsabilità e livelli di servizio e, dall’altro, siano ben evidenziate le procedure operative e i protocolli di comunicazione con il fornitore. Seguendo questi due principi base, e organizzando la propria infrastruttura informatica sulla base di una precisa metodologia condivisa dal partner, si porranno tutti i presupposti sia per una corretta gestione dei processi, sia per il controllo che i sourcer si muovano e rispondano nel pieno rispetto del contratto.
Un’altra questione, su cui alcune realtà hanno posto particolare attenzione, è la capacità che deve avere il management nel far comprendere al personale coinvolto che l’esternalizzazione non debba essere considerata come una perdita di opportunità, ma che, al contrario, spesso questa si traduca nella possibilità di riqualificare il proprio ruolo all’interno dell’azienda.
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