OSRAM – L’outsourcing come scelta strategica

La scelta dell’outsourcing compiuta da Osram, importante player mondiale nel campo della produzione d’illuminazione, è stata di ordine prettamente tecnologico. A detta di Paolo Sassi, Chief System Information & Project management officer della consocia …

La scelta dell’outsourcing compiuta da Osram, importante player mondiale nel campo della produzione d’illuminazione, è stata di ordine prettamente tecnologico.


A detta di Paolo Sassi, Chief System Information & Project management officer della consociata italiana, l’application management rappresenta, infatti, un aspetto core del business di Osram e per questa ragione tale ambito non è rientrato nei processi finora esternalizzati.


L’approccio della società nei confronti del paradigma dell’esternalizzazione si basa principalmente sul valore strategico di infrastrutture e servizi, e sul grado di commoditizzazione da essi raggiunto sul mercato. Nel momento in cui un ambito dell’infrastruttura It viene valutato come poco significativo in rapporto al business aziendale, si ragiona sulla possibilità di darlo in outsourcing, verificando se il mercato sia in grado di offrire tali servizi a un costo conveniente.


«A oggi – ha affermato Paolo Sassi – è stata affidata a Ibm la gestione di tutti gli enterprise server su cui girano le applicazioni critiche e sono state già individuate altre componenti dell’It che potrebbero essere passibili di esternalizzazione, ma il cui passaggio è rallentato da un’offerta ancora non sufficientemente conveniente».


In Osram sono assolutamente soddisfatti dell’esperienza e, in termini più generali, Sassi ha affermato che la qualità dei servizi che i vendor sono in grado di offrire oggi, almeno per quanto riguarda l’outsourcing tecnologico, è decisamente buona.


È di fondamentale importanza, però, affinché il sodalizio vada a buon fine e porti i suoi frutti, che le fondamenta della relazione poggino su una base contrattuale seria, condivisa e sentita da entrambe le parti.


Superare le barriere “culturali”


Altro fattore fondamentale per la buona riuscita di un contratto di questo tipo, secondo Sassi, sta nella capacità del management di essere in grado di far passare il messaggio al personale coinvolto, di far capire loro che esternalizzare un pezzo dell’infrastruttura It non si traduce in una perdita di opportunità, ma che, al contrario, nella maggior parte dei casi può rappresentare la possibilità di una riqualificazione del ruolo all’interno dell’azienda. In questa maniera, si superano le resistenze e si vince la diffidenza, che secondo il manager in Italia, è maggiormente riscontrabile all’interno delle aziende medio piccole. Data la dimensione, queste imprese, infatti, spesso non dispongono del necessario livello di strutturazione e di organizzazione che garantisce la corretta interpretazione di operazioni di questo tipo da parte della popolazione aziendale.


L’opinione del responsabile It è che, comunque, anche il vendor può e deve giocare un ruolo importante, mostrando al cliente come sono andate altre esperienze nel bene e nel male, preparando il possibile partner ad affrontare gli eventuali problemi che si potrebbero presentare in corso d’opera.


Secondo Sassi, una volta superato un primo scoglio di ordine “culturale”, se ne presentano comunque altri di ordine maggiormente pratico. Innanzitutto, è di primaria importanza che cliente e fornitore si sintonizzino sulla stessa lunghezza d’onda, perché se è vero che almeno per quanto riguarda i grandi player, le esperienze significative in ambito outsourcing sono aumentate considerevolmente, non è altrettanto vero che queste siano così standardizzate. L’opinione del manager è che in questa fase critica in cui si devono porre le basi del contratto e definire Sla e protocolli di comunicazione, cliente e fornitore debbano lavorare fianco a fianco con la massima onestà e disponibilità.


«Altro aspetto decisivo – ha evidenziato Sassi – è la valutazione del costo di queste operazioni, che molto spesso corre il rischio di essere confusa con il mero calcolo della cifra da stanziare per l’investimento». Le sfaccettature sono, infatti, molte, si può guadagnare in termini di qualità, di efficienza, di riduzione o variabilizzazione dei costi di esercizio. All’interno dell’azienda sono molte le considerazioni da fare in merito al valore e ai vantaggi che si vogliono trarre dall’outsourcing, non ultima quella che l’esternalizzazione rappresenta un progetto e, come tale deve essere gestita, valutandone benefici, Roi e quant’altro. Nel momento in cui ci si quantifica tali benefici e, soprattutto, si giustifica l’esborso e gli sforzi necessari per ottenerli, ci si trova, infatti, a verificare se esiste l’effettiva volontà e soprattutto la convenienza nel proseguire. In alcuni casi, ha spiegato il manager, può addirittura accadere che se ante operam la gestione interna delle macchine ha un costo esemplificativo di 800.000 euro l’anno, una volta ceduta in outsourcing questa possa arrivare a costare anche un milione di euro l’anno. Una volta analizzato, però, il rapporto costi/benefici/valore aggiunto, ci si rende conto che effettivamente la maggiore uscita di cassa non corrisponde in realtà a un aumento dei costi.


Ad avviso di Sassi, inoltre, nella valutazione di un’opzione di outsourcing, risulta fondamentale la messa a punto di un piano di contingency, ovvero di prendere tutti i provvedimenti necessari per poter fare fronte, nell’eventualità in cui per qualsiasi motivo dovesse rendersi necessario, alla ripresa in house del servizio ceduto. Questo ragionamento, infatti, oltre a garantire la continuità del business aziendale in caso di rescissione del contratto o di cambio del fornitore, secondo il responsabile It di Osram è anche un valido metro per comprendere se effettivamente ciò che si sta dando fuori sia o meno “core”.


«Oggi – ha concluso Sassi -, il personale It si dedica ad attività più nobili rispetto a quelle svolte dieci o venti anni fa: compiti a maggior valore aggiunto che hanno sostituito attività ormai commoditizzate e routinarie, che sono state in larga parte “naturalmente esternalizzate” e che continueranno a esserlo». La sua stessa visione del personale proiettato tra cinque anni è totalmente diverso, in quanto, secondo il suo ragionamento, molte delle operatività svolte odiernamente in casa saranno inevitabilmente cedute a terzi, lasciando spazio alle nuove esigenze dettate dall’evoluzione del business e che probabilmente vedranno l’It maggiormente concentrato su questioni di carattere più organizzativo e legate al process management.

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