Maker Faire o la produzione come servizio

Grazie alla nuova ondata di software dappertutto e a dispositivi usciti dalla fabbrica e disponibili ai singoli, il ciclo di creazione del valore si sta ridefinendo. Banzi, Mazzucato e Pan ci dicono come.

Dalla European Maker Faire 2014 di Roma sono usciti alcuni trend interessanti, che sembrano convergere in un’immagine unica. Li abbiamo sintetizzati in internet delle case, makers vs. takers e Factory as a Service.


L’Internet delle case

Massimo Banzi (nella foto) è cofondatore ed uomo-immagine di Arduino, la famiglia di componenti di elettronica open source che usano microcontroller standard. Alla European Maker Faire ha presentato un progetto che amplia gli attuali orizzonti della sua iniziativa, in un contesto di grande interesse mondiale.
“Secondo l’hype cycle di Gartner, al momento l’IoT è al punto più alto dell’hype, della confusione mediatica”, esordisce Banzi. C’è un grande fermento nel settore delle Smart Home, principalmente nell’area del fai da te. “Il mercato di chi compra, installa e gestisce i sistemi di casa dovrebbe raggiungere i 7,8 miliardi di dollari nel 2019”.
L’idea centrale è Casa Jasmina, la casa del futuro. “Abbiamo preso un pezzo dei nostri uffici di Torino e ne abbiamo fatto un appartamento”, spiega, divertendosi; “se volete potete venire a passarci un po’ di tempo… lo metteremo anche su Air B’n’B”.
Più in generale dell’internet delle cose si parla molto di una completa ristrutturazione della società, che richiede un diverso approccio alle istituzioni e all’industria. Il caposaldo della rivoluzione sembrerebbe essere la sharing economy, ma ci sono molte soluzioni alternative descritte in libri, dalla Self Sufficient City proposta a Barcellona allo Stato innovatore, già visto al Ted e rilanciato anche alla Maker Faire Rome 2014 con la presenza dell’autrice.


Makers Vs. Takers

“Sono qui per aiutare i makers a pensare a un modo nuovo di rapportarsi con i Governi”, esordisce Mariana Mazzuccato. Il suo speech non è specificamente rivolto ai maker, ma presenta un’analisi moderna dei flussi dell’economia mondiale che può essere interessante anche per loro, ma non direttamente. Mazzucato è Professore di scienza e tecnologia all’University of Sussex ed autrice di The Entrepreneurial State, in italiano Lo Stato imprenditore.
Per lei la questione è il riesame del rapporto tra chi raccoglie le tasse, i takers, e i destinatari della ridistribuzione, tra i quali anche i maker e il loro ecosistema.
“Le fallite politiche di mercato non hanno mai spiegato l’avvento delle principali tecnologie generali”, dice ancora, esemplificando: “produzione di massa, aviazione, tecnologia spaziale, information technology, internet, nucleare, nanotecnologie…”. La soluzione è la definizione di una catena di creazione dell’innovazione sulla quale investire in modo orientato.


Factory as a service

Messa in questo modo, sembra una visione molto utopistica. Più interessante è la descrizione offerta da Eric Pan di Seeed Studio, un’azienda che aiuta gli ideatori di un prodotto a scalare nella produzione. Eric supporta i nuovi Indie products, produzioni indipendenti. “Oggi siamo nella coda lunga con componenti standard ma produzione custom e decentralizzata”, spiega Eric Pan. “La prossima evoluzione è quella del mondo personalizzato, nel quale il processo di produzione sarà digitalizzato e la produzione sarà un servizio”.
In questa visione c’è creazione di valore, quindi lavoro e reddito, da parte dei fornitori di Factory as a Service, come potremmo parafrasare in termini cloud. In piccolo è ciò che ciascuna iniziativa maker, dal singolo al gruppo organizzato, cerca di fare: produrre in proprio, aiutandosi con progetti e competenze condivise. Se poi se ne fa un’attività, tanto meglio.

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