48 ore

Dal terremoto di Computer Associates una lezione di corporate governance.

22 aprile 2004 Il caso Sanjay è di quelli che aprono gli occhi.
Sanjay Kumar fino a due giorni fa era presidente e Ceo di Computer Associates.

Ora è capo del software.
In 48 ore ha cambiato ufficio, scrivania,
competenze, segretarie, budget, responsabilità, biglietti da visita, referenti,
mansioni, abitudini quotidiane.
Il motivo è sotto gli occhi della stampa
internazionale: Computer Associates era da tempo nel mirino della Sec
(Securities and Exchange Commission) con un’indagine fiscale relativa alla
meritorietà dell’iscrizione a bilancio di guadagni non ancora incassati (la
diciamo così, prosaicamente, giusto per capirci qualcosa e farci capire da
tutti).
Indagine che, nel lasso di tempo, ha portato all’allontanamento di
vari manager e del capo delle finanze della società, che ha, elegantemente,
ammesso le proprie colpe.
Ma che ha, di fatto, anche scagionato Kumar.

Solo che Sanjay, per il consiglio di amministrazione, “non poteva non
sapere”, e anche se direttamente la sua azione non è figlia di una colpa,
trattasi comunque di omesso controllo.
Quindi via dalla carica.
Ma non
via dall’azienda.
Ed è questa la cosa bella.
Sanjay è un uomo, una
mente, un patrimonio.
Nel primo caso può sbagliare, nel secondo deve
continuare a sfornare idee e nel terzo va valorizzato.
Non punito.
Anche
questa è ciò che si dice “corporate governance” e della trama più fine.
Non
si tratta di grossolanerie da notti di lunghi coltelli, come siamo abituati a
vederne (anche in questo periodo): qui si pensa a fare il bene dell’azienda,
degli azionisti, della produzione, attribuendo a ciascuno le proprie
responsabilità.
Ma senza quel gusto per l’autotortura che spesso porta a
inginocchiarsi sui ceci per ben figurare nell’alta società della finanza. Per
Kumar, a Islandia, non hanno edificato un sacello, ma un ufficio nuovo.
Non
gli hanno indicato la strada verso una start up.
Lo hanno solo cambiato di
piano.
E lui non ha fatto l’indiano.

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