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Visual analytics per dire basta a Excel: a chi serve, come si usa

A Rosagrazia Bombini, VP & Managing Director di Qlik Italia e Iberia abbiamo chiesto una definizione aggiornata di visual analytics.

Visual analytics è quell’approccio all’individuazione di informazioni dei dati che punta a sfruttare quelle capacità analitiche che sono naturalmente insite nelle persone. La capacità di ordinare, creare cluster, vedere correlazioni, esiste come istinto naturale nella nostra mente e la visual analytics si propone di fare leva su quello attraverso una rappresentazione ergonomica dei dati per permettere a chiunque di essere analista e sfruttare così l’intelligenza collettiva dell’organizzazione superando una visione elitaria e fortemente IT/matematico-centrica del processo di analisi.

In Qlik, dice Bombini, crediamo che per essere veramente efficace la visual analytics deve poter attingere a tutte le informazioni, deve dare la possibilità di rispondere a qualsiasi domanda seguendo la capacità associativa della mente umana, e non deve essere limitata dall’analisi di un subset di informazioni. È quello che in Qlik chiamiamo la potenza del verde, del bianco, del grigio. Visivamente ho sempre a disposizione tutti i dati: in verde quelli selezionati, in bianco quelli associati e in grigio quelli non associati. A volte l’insight, l’intuizione, è proprio nell’analisi del dato inaspettato.

A quali tecnologie emergenti, per esempio l’intelligenza artificiale si associa e come?

Big Data e intelligenza artificiale sono, in termini di popolarità, gli ultimi arrivati nello scenario e sicuramente aggiungono una nuova profondità analitica e aprono a nuove possibilità. Ritengo tuttavia che entrambe queste tecnologie non riescano a esprimere il loro pieno potenziale se le si considera come elementi indipendenti e paralleli a quella che è l’attività analitica più tradizionale. Essi devono usarsi a supporto del processo analitico, ma a oggi le capacità di individuare e analizzare ciò che è inaspettato e non previsto o la capacità di porsi domande nuove vede ancora l’uomo battere la macchina. Questo è, a esempio, l’approccio usato da Qlik, che permette di integrare queste nuove tecnologie in uno strumento che è uomo-centrico e pensato per essere l’eccellenza riguardo a quella ergonomia e interazione con le informazioni di cui si parlava prima

Non citiamo i campioni, come si fa spesso, ma le aziende normali. Come può interessare a una tipica media azienda, senza che per forza debba essere una cosiddetta eccellenza?

Direi che proprio le aziende normali sono quelle che più possono beneficiare della più moderna ondata analitica. Quelle più avanzate già da tempo si sono dotate di strumenti e competenze per fare analisi, sebbene in modo meno intuitivo e veloce di quanto siamo abituati a vedere oggi, ma per loro il concetto non è nuovo e l’incremento di capacità analitica produce vantaggi solo incrementali. Le aziende più piccole sono state relegate, a causa delle competenze richieste e del costo degli strumenti analitici tradizionali, ad una operatività spesso guidata dai processi e dall’esperienza comune più che dai dati. La visual analytics permette di abbattere queste barriere e proiettare queste aziende in uno scenario difficilmente immaginabile solo pochi anni fa.

Francesco del Vecchio, Senior Director Presales EMEA ci spiega i passi pratici da fare.

Quali sono i passi da fare, organizzativi per implementare la visual analytics?

Il primo è culturale: bisogna creare la cultura del dato, insegnare alle persone che le decisioni vanno base dei dati e che si può mettere in discussione lo status-quo se le analisi puntano in una direzione diversa. Bisogna poi creare fiducia nel dato ed evitare il proliferare di informazioni local”, più o meno corrette, che vivono in silos e non vengono integrate in un’unica visione olistica.

Non è un caso che Qlik abbia negli anni investito in modo importante per rendere questa visione unificata delle informazioni non solo molto efficace ma anche incredibilmente facile da ottenere ed utilizzare. Democratizzare il dato, nel limite di quanto è lecito e opportuno condividere, deve essere una priorità organizzativa.

Quali sono quelli tecnologici?

Qui mi permetto di fare nomi e cognomi. Bisogna innanzitutto smettere di concepire Excel come strumento analitico di massa. Al foglio di calcolo mancano caratteristiche fondamentali per raggiungere quella unicità di visione ed ergonomia di cui si parlava. L’entropia da Excel invade aziende di tutte le dimensioni e il costo di questa pratica comune si paga non solo in errori ma anche in disaffezione e sfiducia verso il dato. La democratizzazione del dato prevede e anzi promuove quella capacità self-service che sembra essere la caratteristica più apprezzata di Excel, ma questa non può avvenire a discapito della qualità dell’informazione che se ne estrae, della fruibilità e della governance. Il primo passo è dotare l’azienda di uno strumento che sia non solo efficace ma anche piacevole da utilizzare e che stimoli quel passaggio a una cultura data-driven, che dia tutta la flessibilità richiesta all’utente finale pur mantenendo quella governance necessaria ad assicurare se non altro la fiducia nei dati che si sta utilizzando.

Come e quando si misura il rendimento della visual analytics?

L’adozione di questi strumenti decisionali nella operatività quotidiana è il principale indicatore di un vero cambiamento culturale e del fatto che l’organizzazione sia diventata data-driven. Quando si ottiene una visione unica di quale sia la verità e un utilizzo dei dati per prendere quelle decine di decisioni che ad ogni livello un lavoratore prende, allora il ritorno dell’investimento è un semplice sottoprodotto di questa trasformazione che ha il potenziale di riposizionare completamente le strategie aziendali e permettere anche ad aziende di piccola-media dimensione di competere con i grandi players.

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