IDC: siamo nell’era della “terza piattaforma”

Si tratta di un macro ambiente dell’IT aziendale che include e mixa sapientemente social media, servizi cloud, big data e infrastrutture mobili. Saperlo maneggiare al meglio può decretare veramente il successo del business, in qualunque settore.

L’anno scorso, gli analisti presenti alla conferenza annuale di IDC presagivano l’emergere di una “terza piattaforma” IT, che comprende i social media, i servizi cloud, la gestione delle grandi quantità di dati e i dispositivi mobili. Quest’anno il messaggio della società di analis è chiaro: la terza piattaforma è una realtà.

L’analista di IDC Frank Gens spiega che la terza piattaforma non è più qualcosa a cui fare attenzione ma è la realtà attuale della tecnologia aziendale. 

Il sorpasso del mobile computing 
Dal punto di vista delle applicazioni analitiche, l’utilizzo dei dati non strutturati sta ora superando, per la prima volta, quello dei dati strutturati, sostiene Gens.

Anche i dispositivi e le applicazioni mobili stanno vivendo un momento di grandi cambiamenti. “Questo è il primo anno in cui tutte le spese sui dati generati da dispositivi senza fili è superiore a quella relativa ai dati provenienti dai dispositivi che potremmo definire fissi”, sostiene Gens. Secondo IDC, infatti, oltre 700 milioni di dispositivi mobili sono stati nel mondo in questi primi mesi nel 2012, rispetto a meno di 400 milioni di PC.

Un’altra analista di IDC esperta di comunicazione nella regione Asia-Pacifico, Sandra Ng, assegna ai dispositivi mobili un ruolo chiave per il collegamento di qualsiasi organizzazione con i mercati emergenti. “Le imprese dei mercati emergenti sono altamente competitive – mette in guardia -. In Cina, per esempio, paese che IDC prevede sarà il più grande investitore in IT a livello globale quest’anno, i giovani dirigenti hanno già abbracciato da tempo i social media e il mobile per esigenze di business essenziali. Queste devono diventare abitudini anche in Occidente”.

Cloud e big data
Anche il cloud computing è una tecnologia da valutare con attenzione. Una ricerca di IDC mostra che la spesa per il cloud nel mondo sarebbe superiore a 36 miliardi di dollari per l’anno in corso.

Nel corso di un incontro che verteva sulla scelta tra l’adozione cloud pubblico, privato e ibrido, Robert Mahowald, vice presidente per i servizi SAAS e cloud di IDC, ha previsto che le nuvole ibride – una miscela di piattaforme pubbliche e private – diventeranno il nuovo standard de facto per gli ambienti aziendali. “Si tratta di una scelta necessaria per tenere il passo con la domanda dei clienti – sostiene -. Gli acquirenti vogliono di più e, nelle organizzazioni di medie e grandi dimensioni, il sourcing strategico comprende un’analisi più sofisticata delle scelte relative alla nuvola, al SAAS e ai sistemi reingegnerizzati”.

Grandi opportunità per chi detiene i dati
Connesso all’aspetto dei social media e del mobile, c’è quello della gestione e dell’analisi dei big data. “Il modo in cui raccogliamo e utilizziamo i dati è, in definitiva, quello che decide quali aziende saranno in grado di sopravvivere sul mercato – avverte Rick Villars, analista di IDC esperto di storage e strategie IT -.Chiunque adotti un’iniziativa imperniata sui device senza fili, deve considerare l’aspetto dei big data come parte integrante della soluzione”.

Durante recenti interventi sul tema della valorizzazione degli hotspot di big data, Villars ha citato di frequente l’esempio del produttore di cosmetici Clinique, che ha schierato sofisticati chioschi di vendita al dettaglio multimediali, utilizzati per coinvolgere i clienti in un sondaggio in merito alle loro preferenze d’acquisto, trascurando poi di raccogliere i dati relativi, che sono andati persi.
L’analista si dice convinto del fatto che gli stretti legami che si instaurano tra big data e cloud computing continueranno a crescere. Ecco perché, in futuro, il problema della scarsità di competenze sulla gestione delle grandi quantità di dati inizierà a farsi sentire concretamente. “Certo – sostiene Cushing Anderson, analista IDC esperto in materia – i vendor di Business Intelligence non brillano per l’aiuto che forniscono ai loro clienti sotto questo aspetto, perché il loro training sulle piattaforme troppo spesso si limita alle funzioni di base. Al contrario, le competenze necessarie tendono sempre più spesso a provenire dal mondo accademico e dai processi di formazione interna delle aziende”.
Un esempio incoraggiante, secondo Morris, è il produttore aerospaziale Boeing, che mantiene un centro di competenza di Business Intelligence che offre formazione e altri benefici ai propri dipendenti in un ambiente di “servizi condivisi”, nel quale il contributo di ciascuno è considerato fondamentale.

Le iniziative di successo in ambito analitico, secondo Brian McDonough, direttore della ricerca di IDC per il data warehousing, spiccano per un approccio comune. “Coloro che utilizzano con successo gli strumenti di analisi tendono a essere i migliori formatori nel campo dell’analisi dei big data – conclude -. Questo perché non solo utilizzano appieno i software di analisi, sfruttandone al meglio anche le funzionalità più strane, ma perché sviluppano un talento esclusivo nel riuscire a scovare, letteralmente, il significato recondito nei dati che analizzano”.

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