Idc individua nel “capitale digitale” l’elemento-chiave per il rilancio dell’Ict italiana

L’annuale “Briefing Session” ha confermato la situazione di stallo della spesa tecnologica da parte delle aziende, destinato a perdurare anche per il prossimo biennio. Tra le pieghe delle cifre, tuttavia, emergono indicatori positivi e opportunità che andrebbero guidate dall’intervento pubblico.

Buona ultima fra gli analisti, anche Idc ha presentato, nel corso dell’annuale “Briefing Session”, le proprie stime sull’andamento del mercato dell’Ict in Italia per il 2004. Niente di troppo nuovo sotto questo punto di vista: confermando e, come vuole la tradizione, migliorando i numeri presentati da altri colleghi, Idc ha tracciato un quadro fortemente positivo per il settore delle telecomunicazioni, cresciuto dell’8,1% nel 2004, ma ha proposto un segno più, seppur più moderato, anche per l’informatica, con un fatturato migliore del 2% sul 2003, soprattutto grazie al contributo del software (+5,8%) e dell’hardware (+3,1%), capaci di controbattere al’unico segno negativo, il meno 0,3% registrato nel settore dei servizi. Le Tlc valgono oggi 35,2 miliardi di euro, mentre l’It ha chiuso con un giro d’affari di quasi 22 miliardi.


Di nuovo, rispetto ai colleghi, c’è stato da parte di Idc il tentativo di guardare oltre la congiuntura comunque poco favorevole, accantonare la predominante «tendenza al piagnisteo», come l’ha definita il presidente Emea, Roberto Masiero e provare a esaminare quali sono le aree alle quali prestare attenzione, oltre a e studiare i modelli oggi vincenti, pure in un contesto critico. Un discorso prospettico, affrontato in quest’ottica, non può che partire da un esame dell’attuale situazione del sistema-Paese, che sconta soprattutto un grave gap di produttività rispetto non solo alle nazioni in ripresa (Usa, Regno Unito, Nord Europa) o in rapido sviluppo (Medio Oriente), ma anche rispetto alla pur debole “economia renana” (sull’asse Germania-Francia). Come recuperare su questo terreno? La ricetta di Masiero punta sulla crescita del cosiddetto “capitale digitale”, costituito da una parte dagli investimenti in Ict e dalle spese in R&D e dall’altro da una maggior focalizzazione sul capitale umano e sulle attività di riorganizzazione dei processi aziendali. Il tutto con il sostegno fattivo del settore pubblico, capace di portare sul territorio gli sforzi compiuti in isole oggi troppo chiuse (come le università), ma soprattutto convogliando in una visione macroeconomica fattori oggi ancora troppo frammentari di potenziale sviluppo, come il lavoro di alcune agenzie specializzate (Italia Lavoro, Sviluppo Italia, per esempio), le facilitazioni fiscali e regolamentari o i distretti tecnologici. «Occorre creare un momento di discontinuità – ha chiarito Masiero – pensando a progetti che consentano di catalizzare energie e risorse, facendo leva sul dinamismo e sull’imprenditorialità degli operatori coinvolti. I modelli di ispirazione, in fondo, ci sono già. Basti pensare alla Etna Valley, che potrebbe essere replicata in altr zone d’Italia».


Se questo può essere lo scenario ideale nel quale inquadrare un rilancio del comparto Ict in Italia, nell’immediato ci sono comunque degli indicatori da tener presente. Nel 2004 la spesa informatica ha mostrato maggior vivacità nel settore del software, come abbiamo già accennato. La tendenza rimarrà tale anche per i prossimi due anni. Fino al 2006, infatti, Idc stima una tasso di crescita complessiva dell’It attestato intorno al 2%. Nel 2005 sarà l’hardware a tirare di più, con una crescita stimata nel 3,6%, probabilmente per operazioni di sostituzione di parchi installati obsoleti. L’anno successivo, svetterà di nuovo il software, previsto in ascesa del 4,3%, per un giro d’affari complessivo di 4.101 milioni di euro. Se però entriamo nel dettaglio dei valori misurati o stimati, scopriamo che le aziende italiane hanno investito lo scorso anno soprattutto nell’infrastruttura di sistema (cioè in operazioni di razionalizzazione dell’esistente), dove la spesa è cresciuta del 10,4%, mentre il fronte applicativo e di sviluppo ha mostrato una dinamica meno marcata (dal 3,5 al 4,4% di aumento). Questi valori sono destinati a contrarsi nel 2005, mentre permarranno significativi gli incrementi di spesa nell’hardware. Qui, tuttavia, saranno pc, stampanti e dispositivi di rete a farla da padrone, mentre i prodotti più critici, cioè server e storage, mostreranno segni negativi che non lasciano spazio a troppe illusioni sul rilancio in grande stile di progetti innovativi. Complessivamente, la spesa It rimarrà costante per il 48,6% delle grandi aziende e per il 58,4% delle Pmi, ma nell’enterprise (dove i valori sono superiori) c’è un 21,6% di casi in cui è prevista una riduzione, contro il 16,2% che stima un aumento. Poche sorprese sulla aree che dreneranno questa spesa. In cima a ogni priorità, anche su scala europea, c’è la sicurezza, seguita, a una certa distanza, dall’archiviazione delle e-mail, il content e document management, l’Erp e la Business intelligence.

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