Finti follower al vaglio delle indagini

Una analisi per casi mostrerebbe la presenza di finti twitter follower in grandi quantità, deducendone la volontarietà nell’acquisizione di finti follower. Ma sarà vero?

Da qualche tempo impazza in Rete una polemica che associa Marco Camisani Calzolari e Twitter.
Calzolari, ben noto nel mondo dei media digitali, è tra l’altro docente a contratto di Comunicazione Aziendale e Linguaggi Digitali alla Iulm di Milano.
Inizialmente Calzolari ha annunciato di aver acquistato dei follower on-line a un dollaro al migliaio, suscitando una serie di commenti di vario tenore e qualità. La cronaca di 01Net ha riportato il fatto.
Più recentemente Marco ha rilanciato, pubblicando una Analisi sui Twitter follower delle principali aziende Internazionali.
La ricerca, dichiara l’analisi, “fotografa la situazione attuale riguardo la presenza delle più importanti aziende su Twitter. E’ una base per pesare il valore reale del numero di follower delle aziende spesso percepito come rappresentativo del successo su Twitter”.
Il lavoro è stato svolto da un software creato appositamente da The Fool, azienda fondata da Matteo Flora, “restituendo, sulla base di parametri oggettivi, quali caratteristiche o comportamenti sono attribuibili a un umano piuttosto che a un Bot”. Anche il blog di The Fool si sofferma sull’argomento.
Tra le conclusioni, osserva Calzolari che ”il numero di utenti con comportamento Bot riscontrato in alcune aziende è molto elevato, con percentuali che superano il 45%”, aggiungendo poi soddisfazione per “il buon funzionamento dell’algoritmo sulla base dei risultati molto diversi che genera in funzione del brand su cui viene applicato”.

L’indagine ha sollevato numerose obiezioni. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Cosenza di Blogmeter, azienda di analisi quali-quantitativa delle dinamiche in rete e autore del libro Social Media Roi.


Cosa pensi della definizione di Bot nello studio in questione?

“La ricerca ha il merito di considerare molti parametri, ma alcuni di questi, secondo me, sono troppo restrittivi. Ad esempio, tutti quelli che dimenticano le persone che Forrester chiama spectators: chi non twitta potrebbe comunque leggere e dunque non andrebbe considerato Bot.
Il paradosso è che l’azienda che risulta avere più Bot ossia Dell con l’account @delloutlet è anche l’unica che dichiara di aver fatturato 2 milioni di dollari, grazie a Twitter, dopo due anni dall’apertura”.


Come vedi i Bot?

“Un Bot è un agente software, quindi non umano. I criteri individuati per rilevarli dovrebbero essere meno restrittivi. Il rischio è di indurre a credere che le aziende li comprino: è possibile, ma una ricerca non può dircelo”.


Parli dei Bot classici?

“Sì: quelli delle aziende spesso vengono da soli, non sono acquistati. Potrebbero anche essere Bot creati a scopo di spam: su twitter ce ne sono parecchi ed è un bel problema per la rilevanza del network”.


In Rete i suonatori cambiano ma la musica sembra essere sempre la stessa: interpretazioni di tutti i tipi ma sempre a partire da dati superficiali quali i clic, i follower o i like. Non è indice di bassa qualità dei cosiddetti esperti?

“Assolutamente sì! Sarebbe ora di considerare indicatori più attendibili delle reali capacità di coinvolgimento delle aziende sui social media. Considerando Facebook si potrebbero tenere sott’occhio, tra i tanti, il Page Engagement o il Brand Engagement per Post. Il primo misura i livelli di interazione (like, commenti, condivisioni, post spontanei dei fan) per fan. Il secondo indica i livelli di interazioni medi rispetto ai post scritti dall’azienda”.


Quali parametri ritieni contribuiscano ad una corretta base di dati per la valutazione delle dinamiche in Rete, che sia twitter, facebook, blog o altrove?

“Ogni luogo nel quale l’azienda ha deciso di creare una presenta andrebbe monitorato per valutare non solo le performance ma anche le dinamiche qualitative. Ogni social media andrebbe valutato attraverso parametri specifici. In linea di massima il mio consiglio è di non fermarsi alle mere metriche caldeggiate dalla piattaforma, es. il numero di fan, di follower, ma andare oltre per comprendere il vero engagement sviluppato e il riverbero in rete dei contenuti pubblicati”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome