Bonus libri: dietrofront sulle detrazioni

Un emendamento votato in questi giorni cambia i beneficiari del provvedimento, che diventano i librai. Dopo l’ebook, la penalizzazione sembra toccare oggi l’ecommerce. Il parere di Roberto Liscia, di Nectomm.

La notizia sta prendendo forma in queste ore.
A metà dicembre, nell’ambito della stesura del Decreto Destinazione Italia, molto si parlò in merito all’introduzione di un bonus fiscale per l’acquisto di libri.
Il provvedimento prevedeva l’utilizzo di un fondo di 50 milioni di euro nel triennio 2014-2016 da destinare alle agevolazioni fiscali sull’acquisto di libri: il 19% di 1.000 euro per testi universitari e 1.000 euro per tutti gli altri libri, per una detrazione massima di 380 euro.
Già all’epoca molto si ebbe da discutere sul fatto che il Decreto esplicitamente escludesse dalle detrazioni i libri in formato elettronico, introducendo di conseguenza elementi di penalizzazione non certo favorevoli al già ostico percorso di digitalizzazione del nostro sistema Paese.

La questione sembra però complicarsi ulteriormente.
Durante i lavori della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati nei giorni scorsi è stato votato e approvato un emendamento a firma Marco Causi (Pd) che sostituisce dal testo originario le «persone fisiche e giuridiche» destinatarie degli sgravi con gli «esercizi commerciali che effettuano la vendita di libri al dettaglio».
Una distinzione non di poco conto, perché cambia di fatto la destinazione del provvedimento, che passa dunque ai librai, lasciando in cambio agli studenti delle scuole superiori un voucher di ammontare non precisato (perché di competenza del Ministero dell’Istruzione e dello Sviluppo economico) per ottenere uno sconto del 19% sull’acquisto di libri di lettura da effettuarsi negli esercizi commerciali aderenti all’iniziativa.
Non solo.
Così come concepito, il nuovo testo sembra escludere del tutto anche l’ecommerce, introducendo un ulteriore elemento divisivo rispetto a tutto il fronte digitale.
Ed è proprio su questo punto che abbiamo chiesto il parere di Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
Che esordisce severo: ”Quel che emerge è l’incultura e la mancanza di attenzione a livello di governance legislativa: non ci si rende conto che più lacci e lacciuoli si introducono, più si riducono non solo lo sviluppo e la competitività del paese, ma anche la capacità di sviluppare la conoscenza”.
Secondo Liscia, la scarsa attenzione allo sviluppo del digitale è parte dell’incultura presente nella compagine istituzionale e provvedimenti di questo tenore non fanno che riportare il Paese indietro alle vecchie logiche e al vecchio sistema.

Liscia prosegue tranchant: ”Questo provvedimento crea una asimmetria competitiva, tacciabile di istanza da parte dell’Unione Europea, per di più non solo non favorisce il digitale, ma si indirizza a un numero limitato di dettaglianti, ovvero solo a coloro che adiranno alle convenzione”.
Asimmetria di canale, asimmetria tra alcuni dettaglianti e la distribuzione in toto, asimmetria tra prodotto e canale fisico e prodotto e canale digitale: ecco le conseguenze di un emendamento che a questo punto Liscia sembra proprio bocciare in pieno.

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