Yo, yo, respect

Cosa resta di uno Smau in taglia 42.

All’inizio di questa settimana si è concluso Smau 42, che in rispetto alla cifra esposta ha adottato una taglia da modella.


Snello, concentrato, con gambe sinuose, morfologicamente rappresentate dai lunghi padiglioni del Portello, dalle rotondità smussate, un po’ acerbe ma sode.


È stato, forse per la prima volta, lo Smau dei convegni veri, cioè dell’incontro con la gente su temi specifici (quasi 300 le sessioni formative di e-Academy), e non più lo spazio per il gironzolamento pallido e assorto, naso all’insù.


È stato, forse per la prima volta, la manifestazione tecnologica italiana senza alterazioni, che ha subito dichiarato la sua cifra specifica, la sua dimensione, senza ovattosi rigonfiamenti posticci, da mettere li’ in quel punto per esibire virilità, salvo poi deludere all’atto pratico.


È stato, forse per la prima e speriamo non ultima volta, un momento di incontro, più che rassegnato, realista, obiettivo circa la propria condizione di specchio dell’It italiana. Schietto, insomma.


E proprio per questo merita rispetto e lo meritano le aziende che per 5 giorni si sono messe li’, nude, e si sono fatte abusare dall’onda massmediatica.


Un rispetto che è mancato da parte dei soliti criticoni (alla cui schiera chi intende può arruolare anche noi ovviamente) che prevenuti, o hanno riassunto lo Smau 42 nel tappo intelligente per la bottiglia di vino (comunque interessante) o hanno sparato subito a zero lanciando sui blog la fatwa del “non ci torno piu’ nemmeno morto”.


No, giusto o sbagliato che sia stato, Smau42 è stato lo specchio dell’Italia che in un modo o nell’altro prova a lavorare. Il rispetto è dovuto.

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