Windows open? Macché, solo politica

La dura presa di posizione da parte della comunità open source, nelle parole Giacomo Cosenza: storie di lobby.

Riguardo il tema dell’apertura, presunta o reale, attiva o passiva del codice di Windows Server, è giusto sentire chi di open source tratta da una vita, per capire se si può parlare di un nuovo ingresso nella comunità.


In merito, Giacomo Cosenza, titolare di Sinapsi, società che lavora da sempre con l’open source, ed esponente di spicco della comunità italianà, dopo aver letto le comunicazioni di Microsoft, si sente di dire che «non si tratta di open nel senso comunemente accettato in ambiente Foss, perchè qui senza pagare si può solo leggere. Poi riguarda esclusivamente il protocollo di comunicazione client/server della soluzione di streaming di Microsoft ed è zeppo di software patent. Quindi stanno cominciando a fare quello che da tempo sostengo, cioè sostituire il fattore moltiplicativo delle licenze d’uso con il fattore moltiplicativo delle royalty da brevetti».


«Per poter fare quest’ultima cosa – continua Cosenza – hanno ricominciato a fare lobby nelle stanze degli europarlamentari per la questione dei brevetti software. Altrimenti, qui in Europa vale ancora l’articolo 52 della Convenzione di Monaco del 1973, che vieta esplicitamente la brevettabilità del software come tale».


Secondo Cosenza, quindi, c’è un disegno più grande.


Ed ecco l’accusa.


«Questo è il grande scambio che Microsoft sta facendo alle spalle dei cittadini europei: fa vedere i sorgenti del protocollo di comunicazione client/server della soluzione di streaming, e in cambio chiede di approvare la direttiva comunitaria che sotto la parola armonizzazione, nasconde la brevettabilità del software come tale. Fare vedere o meno i sorgenti in questo caso non cambia nulla, perché poi vanno pagate le royalty per i brevetti inclusi».

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