Wikileaks è Internet e ridefinisce la legge

La cultura classica, ovvero del passato, è sopravvalutata e la realtà scientifica, tecnologica, informatica è sottovalutata. La legge è vecchia, ma attenzione a chi ne impone una nuova

Le basi essenziali per la vita di oggi sono scientifiche, tecnologiche ed informatiche. Preparazione e sensibilità per ciò che accade oggi sono essenziali, saggezza ed arte del passato sono interessanti ma opzionali.
Senza la capacità di vedere il presente si perde un elemento a mio avviso essenziale: Internet è guerra, inconsapevolmente ma violentemente.
Tra le manifestazioni “belliche” rientra anche la pubblicazione di documenti riservati secondo le modalità note come Wikileaks. oggi note a tutti e secondo me assolutamente prive di valore informativo sotto qualsiasi punto di vista.
Neanche la fuga di notizie in sé è cosa nuova: verrebbe da dire anche da dire che è un noto bug della democrazia rappresentativa.
Non fanno notizia neanche i conti della serva: dalla cronaca esce fuori anche che Wikileaks è un vero business con i suoi costi e che avendo chiesto 200 mila dollari on-line ha raccolto tra 5 e 10 volte quanto chiesto, configurandosi quindi come un business e annunciando, su richiesta, che renderà pubblico il proprio conto economico.

Internet ridefinisce il concetto di “legge”
Può invece servire a ricordare ancora una volta che il vincitore di una guerra impone le sue leggi, distruggendo l’ordine legale precedente. Internet va oltre, distruggendo il senso stesso della parola “legge”. Ed è pericolosissimo.
Se e dove mettere un confine tra dati ed opinioni privati o pubblici è questione oggi individuata con il termine privacy, ormai letto e sentito esclusivamente all’americana. Che non equivalga ad un comune sentire è chiaramente dimostrato dal fatto che ogni Stato, Nazione, gruppo lo vede in modo diverso da quello di tutti gli altri. Nel tempo, Internet li distruggerà tutti.
Bradley Manning, il ventiduenne soldato Usa accusato di aver acquisito i dati per poi passarli a Wikileaks, difficilmente si è reso conto di rischiare la pena di morte, e difficilmente può aver agito da solo. Personalmente non sarei stupito neanche di sapere che esistono più Bradley o che i vari Bradley hanno fornito solo parte del materiale pubblicato.
Farne un eroe, come fa la rete, non può che spingere il mondo militare a farne una vittima esemplare. Difficilmente aveva ventidue anni chi gli ha messo a disposizione il canale di trasferimento dei dati. Non li ha chi li diffonde, che non rischia la vita. Questioni morali particolarmente sottili.

Medvedev e i dispacci russi
Mi è anche impossibile credere che un ventiduenne avesse le competenze per entrare in sistemi di alta sicurezza, come sembrano indicare le indagini degli inquirenti, quindi o Wikileaks non ha informazioni di alto livello, o Bradley è stato aiutato da hacker esperti. Forse valgono entrambe le ipotesi: per acquisire roba di basso livello è stato comunque necessario aiuto esterno.
Ma da chi? I fatti più pericolosi messi in piazza tramite leak destabilizzano il quadro del Medio Oriente; più generalmente, mettono in difficoltà capacità e affidabilità della diplomazia statunitense. Curiosamente nessun dispaccio del Vaticano è stato coinvolto in queste Rivelazioni, ed altrettanto è successo alla Russia.
“Fortuna che i nostri dispacci non siano emersi“, ha commentato Dmitrij Medvedev, presidente della Federazione russa, “perché sono anche peggio di quelli resi noti”. A buon intenditor, poche parole.

Ahmadinejad e i complotti
Mahmud Ahmadinejad, presidente iraniano, vede nella situazione un progetto organizzato dagli Usa per alimentare tensioni fra Iran e paesi arabi, avvalorando un filone complottistico. Il personaggio non è nuovo a questo genere di teoria, ma resta una voce a favore della teoria.
La tesi complottistica dietro Wikileaks non sarebbe un lampo nel buio, ma lo farebbe rientrare in una più ampia strategia modiale di Digital Warcrime, al cui interno altri fatti anomali sono recentemente apparsi alla nostra attenzione.
La US-China Economic and Security Review Commission ha confermato che lo scorso aprile, per circa 20 minuti il 15% dell’intero traffico Internet globale è stato dirottato su server asiatici. L’avvenimento potrebbe essere stato occasionale o deliberato, con Dmitri Alperovitch, vice presidente di McAfee, certo della natura dolosa dell’Ip hijacking.
In particolare i dati Nato, Nasa e militari possono essere stati registrati da China Telecom. Ovviamente il governo cinese ha risposto subito, negando ogni addebito.
Un altro evento di hacking di enorme importanza sempre del 2010 è stato confermato ufficialmente allorquando Ahmadinejad ha ammesso di aver fermato per qualche giorno l’arricchimento dell’uranio di uno stabilimento in quanto una versione specifica del malware Stuxnet aveva infettato le centrifughe.
Questo malware dev’essere specifico per i controller dello stabilimento, device specifici non collegati su Internet che sono stati infettati tramite penna Usb. E’ importante poiché Stuxnet in varie versioni attacca Scada, un sistema molto diffuso per il controllo di tutte le infrastrutture nazionali, ormai obiettivi sensibili per un eventuale attacco informatico.

In definitiva, quanti dei fatti “informatici” che conosciamo sono veri? E quanti di questi rientrano in una strategia di guerra?

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