Web service. Chiave universale per l’interoperabilità

Per risolvere il problema della complessità, bisogna perseguire una strategia di integrazione a lungo termine. I servizi Web si profilano all’orizzonte come la giusta soluzione, dato che comportano una logica di “riutilizzo”. Per testarli, è bene partire dall’”edge” dell’azienda.

 


L’integrazione tra le applicazioni è attualmente uno dei fattori che pesa di più sugli investimenti It aziendali ed è anche una delle priorità (forse, a conferma del fatto che le soluzioni adottate finora non possono soddisfare pienamente i nuovi scenari). Tale esigenza, emersa da una ricerca Idc condotta nel 2002 su 218 grandi imprese europee, incide non solamente su problematiche tecnologiche ma anche e, soprattutto, sulla costruzione di una precisa strategia It aziendale.


Discorso che, probabilmente, è particolarmente attuale di questi tempi, dato che le strutture It sono arrivate a un passaggio cruciale causato dalla crisi della complessità relativa alla frammentazione degli ecosistemi: dislocazioni multiple, svariate piattaforme hardware, software e sistemi di deployment; implementazioni legacy mainframe a cui si sono sovrapposte, prima, le architetture client server e, poi, quelle Web enabled. Proseguendo: vari linguaggi, molte tecnologie di accesso ai dati e altrettante interfacce utente, per non parlare del numero dei formati di documenti. Per uscirne da tale caos, sostiene Idc, bisogna trovare di volta in volta la giusta soluzione tecnologica oppure si deve operare un cambiamento di approccio, che modifichi le modalità di "convivenza" dei diversi strati applicativi e infrastrutturali, indirizzando il problema della complessità come un’istanza a lungo termine. "È in questo senso che possono agire i Web service, nati concettualmente da circa un anno e mezzo, in quanto ridefinizione architetturale a livello di componenti con lo scopo di poterli riutilizzare – ha detto Ezio Viola, group vice president & general manager Idc Southern Europe -. Attualmente, sono usati per lo più per far dialogare l’edge dell’azienda, cioè le zone di confine con l’esterno, perché in questo caso i costi di integrazione sono più alti".


I servizi Web, in sostanza, potrebbero rappresentare la giusta risposta soprattutto in particolari situazioni, senza dimenticare che essi offrono un tipo di integrazione che lavora a più livelli (business rule, logica applicativa e, non ultimo, interfaccia) e permettono di perseguire una strategia evolutiva, dato che portano con sé la logica del "riutilizzo".


Web service, secondo una definizione generalmente riconosciuta, sono identificabili come un’architettura che mira a fornire un approccio standardizzato alla connettività e interoperabilità tra le applicazioni. Essa si basa sulle capacità di autodefinizione di componenti dinamiche e su standard di connettività aperti (tra i quali i più importanti sono Ip, Soap e Wsdl, cioè Web service description language).

Un approccio morbido


La bacchetta magica, tuttavia, non esiste: una visione realistica deve partire dalle possibilità concrete di inserimento nelle strategie It aziendali. E, dato che a livello infrastrutturale ci si deve mettere comunque in grado di utilizzare, gestire e, molto probabilmente, sviluppare Web service, il passo va pensato e preparato con cura. Un approccio di implementazione parziale o graduale è quello più idoneo, suggerisce Idc: o, appunto, su aree di integrazione "periferiche", quindi con ambiti esterni, oppure su aree circoscritte degli ambienti interni distribuiti. A breve termine, i benefici sono rappresentati dalla possibilità di evoluzione graduale che può partire dall’infrastruttura tecnologica esistente. I costi e i progetti possono essere di taglio limitato, se si adotta un’ottica a "portafoglio" di gestione delle applicazioni. Solo più in là nel tempo si potrà davvero arrivare all’utilizzo di componenti software "prelevabili" da un network come servizio e, parallelamente, allo sviluppo di nuovi modelli di business. Ma già nei prossimi due anni, sostiene Idc, l’utilizzo di Web service arriverà a livelli significativi soprattutto all’interno dei confini aziendali, mentre dal 2005 in poi si diffonderanno i servizi più disparati (anche svincolati dall’ambito It) resi disponibili attraverso la Rete.

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