Web 2.0, l’innovazione arriva dal basso

Secondo Gartner, non può esistere innovazione se non all’interno di un network sociale. E i maggiori player di mercato hanno compreso la lezione

L’innovazione è la benzina che muove il motore di parecchi settori industriali, gli italiani lo sanno bene. L’eccellenza all’interno di alcune filiere (come il fashion) è incentrata sui principi della ricerca: di nuove forme, di nuovi tessuti, di nuovi modi d’uso. Così dovrebbe essere, anche se non sempre lo è, nell’Ict. Proprio in un comparto che fa della spinta tecnologica la sua ragion d’essere, invece, troppo spesso gli operatori sono restii a favorire la diffusione della conoscenza. «In realtà – esordisce Peter Sondergaard, senior vice president di Gartner, che abbiamo incontrato a Milano -, nelle aziende i Cio non detengono l’innovazione, ma vi contribuiscono attraverso la selezione delle tecnologie più adatte. Un buon principio guida è privilegiare la semplificazione e investire sulle tecnologie più complesse solo nelle aree che rendono l’azienda speciale». Ma come fare non solo a nutrire l’innovazione ma, soprattutto, a stimolarla? «La vera spinta – prosegue l’analista – è data dalle tecnologie che il personale che opera in azienda usa anche al di fuori dell’ambito lavorativo. Un esempio? La messaggistica istantanea, i blog, le enciclopedie online, ma anche le comunicazioni peer-to-peer e la libertà di pubblicare contenuti sul Web». Questo network sociale, a detta di Sondergaard, dovrebbe stimolare la nascita di nuove idee, soprattutto in virtù del fatto che questi spazi governati dalla collettività hanno dimostrato di funzionare molto meglio dei centri di innovazione gerarchicamente gestiti. In sostanza, per Gartner tutto il mondo del social networking può garantire quell’agilità di cambiamento che qualsiasi azienda deve possedere per stare sul mercato.


Le novità dell’offerta


Alcuni grandi nomi dell’It hanno già compreso la lezione, come insegnano Microsoft e Sap che, con il progetto Duet, si propongono di favorire la condivisione e lo scambio di conoscenza all’interno delle applicazioni Sap, sfruttando le soluzioni desktop della casa di Redmond, con cui quasi tutti i lavoratori sono familiari. Anche Ibm, player di riferimento in ambito collaborativo, si sta dimostrando particolarmente attiva su questo fronte, estendendo gli strumenti di condivisione delle informazioni in ottica di social networking. Con Lotus Connections il gigante di Armonk ha annunciato, infatti, la disponibilità di un insieme di strumenti attraverso cui declinare, all’interno delle aziende, tecniche di blogging e di information sharing, con l’obiettivo di incrementare la produttività e la circolazione delle idee all’interno dei gruppi di lavoro. Sempre sullo stesso fronte si muove Lotus Quickr, un nuovo ambiente di contenuti collaborativi basato su Web 2.0, che trasforma il modo in cui documenti e rich media vengono condivisi, favorendo una collaborazione più efficace. Ad accogliere gli stimoli del social networking sono, comunque, anche le soluzioni di collaboration più storiche di Ibm: le ultime beta pubbliche di Lotus Notes e Domino 8 (oltre a includere editor di documenti, editor Real Simple Syndication e il supporto delle applicazioni composite) offrono la possibilità di collegare componenti del portfolio Lotus quali social software, gestione documentale collaborativa e software di comunicazione integrata.


L’impegno di Intel sul fronte Web 2.0 si chiama Suite Two, un insieme di software di collaboration di società quali Six Apart, Socialtext, NewsGator e SimpleFeed, che includono applicazioni per blog, feed Rss, wiki e social networking. Il target di questo best of breed (tutti componenti ottimizzati per i processori Intel sia per il mondo server sia per il mondo client) è rappresentato dalle aziende di piccole e medie dimensioni.


La risposta di Oracle allo stesso tema si chiama, invece, WebCenter Suite, una soluzione venduta a completamento dell’Application Server e destinata a semplificare la navigazione all’interno delle applicazioni della società di Redwood. Nella suite gli sviluppatori possono trovare gli strumenti per integrare tool Web 2.0 nelle applicazioni Oracle, dalla ricerca all’Im, dal blogging ai wiki. L’obiettivo è creare i cosiddetti “enterprise mashup” che combinano le informazioni provenienti da fonti diverse in un front end Web-based. All’appello dei big vendor non manca neppure Cisco (che proprio in questo ambito ha recentemente rilevato la start up Five Across) con la sua nuova piattaforma Unified Communications. Chiude la carrellata Google, che con le piccole imprese nel mirino, sta giocando la carta della suite di produttività con il lancio di Google Apps Premier, soluzione integrata di posta, calendaring, chat, word processor e foglio di calcolo.


Si moltiplicano gli esempi in cui il cliente è già protagonista


Il passaggio dal Web prima maniera alla versione 2.0 non è indolore per le aziende. L’utente del My Internet, spiega Giuliano Noci, ordinario di marketing al Politecnico di Milano, vuole, infatti, vivere una relazione personale con l’impresa. Solo che molte aziende sono ancora prodotto-centriche e non sanno che oggi bisogna, invece, spostarsi verso una logica di processo. «Questo significa – aggiunge Noci – che non ci sono più confini fra impresa e cliente, che diventa protagonista del percorso di generazione del valore». Gli esempi di questo nuovo dialogo iniziano a essere numerosi e Noci ne elenca qualcuno a patire dall’Audi Virtual lab che ha coinvolto 1.650 utenti nella progettazione di soluzioni di infotainment per le automobili. «Mi sento protagonista se partecipo al processo di sviluppo»: è questa la logica che guida esperimenti come quello di Audi, ma anche di Bmw che ha cercato di coinvolgere gli utenti nello sviluppo di servizi online e di assistenza alla guida. Per non parlare di Nike che, a New York, ha attivato un sistema di affissioni interattive con la possibilità per gli utenti di disegnare la propria scarpa, visualizzarla sulle affissioni e acquistarla direttamente. E poi c’è Bonduelle dove il cliente diventa autore di videospot pubblicitari. In Italia, poi, il punto di riferimento è Ducati, con il blog del patron Federico Minoli, secondo cui la sua società non ha clienti, ma fan appassionati, i «ducatisti».


Esempi che spiegano come oggi il marketing deve passare da funzione a filosofia, con una ridefinizione dei confini d’impresa. Le aziende, suggerisce Noci, devono integrare le community e i “network di valore”. La conseguenza è una maggiore apertura al cliente per facilitare la cocreazione con l’integrazione dei punti di contatto lungo il flusso dell’esperienza.

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