Vivere in cina, tra lavoro e censura

«Lavorare in Cina fa entrare in un vorticoso meccanismo energetico di produttività continua e di fusione tra vita privata e professionale – racconta Lelio Gavazza, general manager di SharMoon Ez Garments -. Non esiste il canonico venerdì sera per il ri …

«Lavorare in Cina fa entrare in un vorticoso meccanismo energetico di produttività continua e di fusione tra vita privata e professionale – racconta Lelio Gavazza, general manager di SharMoon Ez Garments -. Non esiste il canonico venerdì sera per il rientro alla base dopo una lunga ed estenuante settimana di lavoro ma, al contrario, si utilizzano i weekend per approfondire e sviluppare quelle relazioni che sono indispensabili a sostenere il business, siano esse consumate in un ristorante o su un campo da golf».

Se la comunicazione interpersonale assume, dunque, un ruolo rilevante per l’affermazione del business, quella scritta o via cavo subisce, invece, severi processi di censura, «sopratutto nelle città di secondo livello – illustra Gavazza -. Purtroppo, in questi luoghi, l’assenza di centri culturali e di comunità internazionali di espatriati ci obbliga ad adattarci a uno stile di vita tipicamente cinese e, di conseguenza, si accettano abbastanza passivamente i fenomeni di oscuramento della Cnn o di Google. Essenziale è non farsi travolgere e continuare a mantenere un legame comunicativo forte con l’Italia tramite l’utilizzo dei portali italiani via Web e frequenti soggiorni, spesso lavorativi, nelle megalopoli cinesi come Shangai e Honk Kong».

Allo stesso tempo, però, secondo Gavazza, per vivere e lavorare bene in Cina bisogna integrarsi con la cultura locale: «Manager part time che svolgono un’attività associata al pendolarsimo sono spesso poco efficaci per la crescita del business, con il rischio di perdere opportunità importanti che, in questo paese, non nascono nelle normali sale di riunioni ma a latere della vita professionale».

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