Videogiochi: l’Europa gioca sul contropiede

Il sistema del Vecchio Continente non favorisce lo sviluppo dei nuovi contenuti digitali: niente sovvenzioni, ma neppure uniformità di catalogazione. Eppure siamo forti nel middleware e nelle reti cellulari, secondo uno studio appena rilasciato.

Il mercato globale dei videogiochi è stato stimato nella fascia tra 45-50 miliardi di euro nel 2009, e dovrebbe crescere con un ritmo quattro volte più veloce rispetto alla media e del mercato entertainment nel suo insieme (fonte: Pwc). Il primo è destinato a crescere di quasi il 70% entro il 2013, mentre il secondo è destinato a crescere da solo il 17%.
Sono questi i primi dati di “Born Digital/Grown Digital – Valutare la competitività futura del videogioco europeo”, uno studio della Commissione europea appena rilasciato dall’Institute for Prospective Technological Studies di Siviglia.
La macroregione Emea, ma quasi completamente l’Europa, è il maggior mercato per i videogiochi: nel 2009, inoltre, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito rappresentavano 15,2 miliardi di dollari, quasi il 30% del mercato globale dei videogiochi. All’interno di questo mercato, il segmento della console di gioco è la principale componente del mercato Ue e ora è otto volte la dimensione del precedente leader di mercato, i giochi per Pc. Un analista prevede che questo divario crescerà ancora di dieci volte entro il 2013.

Economia a base sociale
Proprio le tecnologie innovative sono potenzialmente pericolose, come si è visto con le interfacce uomo-macchina che fanno uso di sensori: il progresso tecnologico potrebbe ancora influenzare le traiettorie di business.
Al momento, attori europei sembrano essere presenti in tutte le fasi della catena del valore giochi, ma in misura diversa. Mentre sono assenti nel segmento delle console, nel segmento mobile stanno sfidando operatori storici: ad esempio Nokia, con il sistema operativo Symbian (probabilmente il report è stato redatto prima delle recenti novità della Commissione e di Nokia, ndr). Ci sono solo alcuni rappresentanti europei tra i maggiori editori, in particolare Ubisoft, uno dei primi al mondo. Ma più che sui titoli, il Vecchio Continente è forte nell’infrastruttura.
L’industria europea fornisce infatti una quota rilevante delle esigenze middleware del mondo. Come motori per i giochi, il middleware svolge un ruolo centrale nella nuova era di motori modulari: il middleware della danese Unity3d è usato dal 10 al 20% dei primi 100 giochi in classifica, secondo Steffen Toksvig di Unity3d (in una presentazione del 2010).
L’Europa ospita parecchi studi di sviluppo, principalmente nel Regno Unito, Francia, Germania, nei paesi nordici e, in misura minore, in Spagna (quindi non in Italia, ndr).

Futuro on-line e mobile
Il mercato dell’Ue è destinato a crescere fortemente, con un tasso annuo composto del 6,9% da 13,5 miliardi di euro a 18,8 miliardi di euro (fonte: Pwc). L’eccellente rete mobile e la penetrazione della banda larga stimolano la crescita: il ruolo crescente del segmento online apre nuove opportunità, soprattutto per le parti interessate europee e le Pmi.
Anche se la regione Asia-Pacifico è il più grande mercato per i videogiochi online e wireless, nella regione Emea questo segmento è destinato a crescere a doppia cifra fino al 2013.
In tale contesto, è importante capire come i diversi attori europei potranno beneficiare delle trasformazioni imminenti dell’industria dei videogiochi, che, per dirne una, ha nei giochi online e per cellulari un modello a prova di pirata.

Software o cultura?
Questi cambiamenti e le turbolenze stanno generando aspettative diverse e innescando tensioni.
Ad esempio, ci sono opposti pareri su come vedere il videoludico: software o prodotto culturale? L’Interactive Software Federation of Europe (Isfe) favorisce il termine software, come la Sec negli Stati Uniti. La European Games Developer Federation (Egdf) sostiene il termine di “contenuto culturale”. Questo non è solo un dibattito teorico, ma ha profonde implicazioni -tra l’altro- per la regolamentazione, il finanziamento e i negoziati commerciali dell’Omc: i videogiochi sono o non opere audiovisive?
Come spesso sottolineato, il settore europeo dei videogiochi è fiorito senza alcuna politica di supporto, neanche orizzontale come l’e-commerce, anzi spesso sono citati come barriere. Alcuni casi specifici, come il Canada nel dopoguerra o la Corea del Sud dopo la crisi del 1977, mostrano strade diverse ma comunque pensate a lungo termine.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome