In America i big spender appaiono con i loro prodotti e marchi nei videogiochi. In Italia osano in pochi. E ormai è troppo tardi
19 febbraio 2004 Fiat, per iniziativa del giovane
Lapo Elkann, nipote di Gianni Agnelli, ha raggiunto un accordo con
Microsoft per inserire all’interno di qualche gioco di
Xbox anche le sue auto. La notizia è interessante perché segna
un passo in avanti nella comprensione del mercato dei videogiochi da parte di
aziende esterne a quel mondo, soprattutto in Italia.
“Per continuare a
esistere un brand ha bisogno dei giovani” ha affermato Elkann che in questo
modo dimostra di comprendere il potenziale che “i giochini” (in molti li
chiamano ancora così) hanno nei confronti dei giovani.
Non a caso un’azienda
un po’ più smart e soprattutto molto più di Fiat legata al target degli
adolescenti come Diesel (quella dei jeans di Renzo Rosso)
qualche tempo fa aveva stretto un accordo simile per un gioco della
Playstation.
Come spesso succede, all’estero la pubblicità
dei videogiochi è più diffusa. Più per accentuare il realismo dei videogame
(pensiamo ai tabelloni pubblicitari negli stadi di Fifa) che per reale
investimento pubblicitario (anche se qualche ricerca sostiene che in fatto di
memorizzazione del brand i videogiochi sono ottimi) i big spender pubblicitari
degli Stati Uniti hanno da tempo iniziato a essere presenti nei titoli
principali (McDonald’s e Intel in The Sims).
E qualcuno è andato oltre, Ford
con i suoi modelli è infatti da tempo protagonista videogame di corse
automobilistiche.
In altri Paesi i videogiochi sono ormai considerati una
parte dell’industria dell’entertainment che come il cinema può diventare anche
un buon veicolo pubblicitario con il target più giovane.
Se anche i grandi
nomi dell’industria italiana solo ora iniziano a dare qualche segnale di
comprensione dei videogiochi quello che appare definitivamente perduto è il
treno della produzione.
La mitica creatività italica poteva avere qualcosa
da dire in un settore che oggi nella Penisola conta solo un paio di nomi come
Milestone e Lago, realtà sicuramente rispettabili ma che non possono certo
competere con i giganti.
Un altro treno che se ne è andato.