Unioncamere, crescono i brevetti italiani “green” in Europa

I soggetti che contribuiscono maggiormente alla produzione di brevetti in Italia sono le Imprese. In aumento anche le innovazioni nelle “tecnologie abilitanti”.

Negli ultimi
cinque anni i brevetti italiani a tecnologia
“green” registrati in Europa sono cresciuti del 5,4% e quelli nelle Ket (Key Enabling Technologies) dell’1,1%. 
Questi i risultati  resi noti all’“Forum dell’Innovazione delle Camere di commercio”, organizzato da Unioncamere
con la collaborazione
della Camera di
commercio
del capoluogo lombardo.

Allargando lo sguardo al periodo compreso tra il 1999-2012, l’Ufficio Europeo dei Brevetti ha pubblicato più di 14.000 domande di brevetto
italiane riconducibili alle Ke
t, pari al 27,9% di tutta l’attività brevettuale italiana rivolta al mercato europeo. La distribuzione
di
queste tecnologie evidenzia una forte specializzazione nella Manifattura avanzata (69,5% delle
domande di brevetto), a cui seguono
i Materiali avanzati (10,2%), la Fotonica (7,4%), le Biotecnologie (6,8%), la
Micro e nanoelettronica (5,7%) e le Nanotecnologie (0,4%).

Sempre nello stesso periodo, una quota pari al 5,5% delle domande di brevetto
italiane pubblicate dall’Epo rientra nei settori della green economy,
da più parti considerati ambiti con forti opportunità di sviluppo e di investimento
e ormai parte integrante del modello di sviluppo delle imprese italiane più dinamiche sui mercati internazionali.

Nonostante la generale contrazione
nel
numero di domande italiane di registrazione presso gli uffici europei (passate dalle 4.423 del 2008 alle 3.819 del 2012, con una riduzione
media annua del 3,6% nell’arco del quinquennio), in questi ultimi anni il nostro
Paese ha incrementato
lo sviluppo tecnologico su settori applicativi che la Commissione Europea reputa a forte valenza strategica, con ricadute positive sia sulla competitività delle nostre imprese sia sulla capacità – in prospettiva – di attrarre capitali in cerca di idee e progetti
imprenditoriali a forte capacità di sviluppo.

Un dato ancora più significativo
se
si considera il periodo di crisi cui si riferisce e che – secondo un dossier presentato nel corso dei lavori – in tutti i settori, meno nell’edilizia, le
imprese che hanno innovano lo hanno fatto nell’organizzazione, nel marketing, nel design
. Una conferma dell’orientamento sempre più marcato del nostro sistema produttivo verso la
cosiddetta “soft innovation”, l’innovazione
non solo tecnologica industriale ma anche e
soprattutto nelle componenti intangibili della competitività.

I soggetti che contribuiscono maggiormente alla produzione di brevetti in Italia sono le imprese, con
una quota di
domande
pubblicate nel
periodo 1999-2011 che
raggiunge l’85,8%. Il restante 14,2% è suddiviso fra inventori – persone fisiche (il cui apporto è del 10,3%), Enti (con
il 2,5%
delle domande di brevetto) e infine gli stranieri cointestatari (pari al 1,4% del
totale). L’attività brevettuale degli Enti
e
Università è in costante aumento –passando da una quota del 1,0% del 1999 al 3,2% del 2012, con un picco nel 2011 pari al 3,6% del totale delle domande italiane.

Il profilo tecnologico dell’Italia può essere derivato utilizzando
la tavola di concordanza
tecnologica dell’OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale) che suddivide le tecnologie in 35 campi di applicazione. In base a questa classificazione, le imprese italiane
hanno svolto attività brevettuale prevalentemente su Packaging (8.5% delle domande),
Trasporti (7,2%), Ingegneria civile (6,4%) e Altre macchine speciali (6,1%).

Dal canto loro, gli enti di ricerca e le università sono invece stati coinvolti soprattutto
nello
sviluppo tecnologico di Biotecnologie (19,3% delle domande), Prodotti farmaceutici (11,9%),
Strumenti e tecnologie di misura (9,8%), chimica organica fine (7,7%) e tecnologie
medicali (7,2%).
Da
questa
mappa
emerge la forte divergenza fra
lo
sviluppo
tecnologico
delle imprese italiane rispetto
all’attività della ricerca pubblica: il sistema produttivo potrebbe quindi beneficiare di un più stretto rapporto tra chi sviluppa alta tecnologia e chi potrebbe trasformarla
in prodotti di mercato ad elevato valore aggiunto o in processi industriali innovativi

Anche per favorire il superamento di questo gap e promuovere la
diffusione dell’innovazione dal mondo della ricerca pubblica a quello delle piccole e medie imprese, Unioncamere ha da poco stipulato una convenzione
operativa con il Cnr e con la Fondazione per l’innovazione tecnologica Cotec. La
convenzione prevede di rendere accessibili – in formato e linguaggi più
facilmente comprensibili dalle imprese – i contenuti e i vantaggi dei brevetti della ricerca pubblica.

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