Una spinta all’innovazione per le Pmi

Paolo Picchi è responsabile dei Sistemi informativi della Provincia di Pisa, ente pubblico che da qualche anno organizza un convegno sui temi dell’open source. L’ha fatto anche quest’anno (7 e 8 novembre), verticalizzando la discu …

Paolo Picchi è responsabile dei Sistemi informativi della Provincia di Pisa, ente pubblico che da qualche anno organizza un convegno sui temi dell’open source. L’ha fatto anche quest’anno (7 e 8 novembre), verticalizzando la discussione sul processo di innovazione delle Pmi. Quindi a lui abbiamo posto la fatidica questione (perché si, perché no), cercando di focalizzarci sul significato dell’open source nella Pmi. Secondo Picchi, e non in ordine di priorità, una Pmi dovrebbe utilizzare l’open source perché "non è solamente una tecnologia informatica, ma più globalmente rappresenta un modello metodologico e una risorsa di cooperazione. L’adozione della filosofia open aiuta a crescere, sia tecnologicamente che in capacità di innovazione, con costi contenuti. Contribuisce a rendere disponibili i dati, e offre migliori strumenti e capacità decisionali. Favorisce la comunicazione e l’interscambio di esperienze innescando economie di scala tra le Pmi e gli altri attori del territorio. Sposta l’attenzione dalle tecnologie ai contenuti e concorre al contenimento dei costi di gestione".


Peraltro, sempre secondo Picchi, l’open source non è, per principio, sempre "bello e senza spine". "È importante – sostiene – che si conoscano i vantaggi ma anche i limiti, e quindi di volta in volta deve essere valutato dove è opportuno introdurre software libero. In linea generale nelle Pmi non esistono reparti aziendali più deputati di altri, ma per l’esperienza acquisita sul campo consiglierei di iniziare con soluzioni infrastrutturali di servizio (come posta elettronica, sicurezza, server web) quindi proseguirei con la suite di produttività individuale e sistemi di messaggistica, per poi toccare i sistemi operativi dei server e i tool di servizio. Contemporaneamente, attenzione dovrà essere rivolta ai portali Web dei servizi e di interscambio, curando che i formati rispettino i criteri open standard compresa l’ accessibilità".


E per tornare al tema del "non c’è rosa senza spine", perché infine non usarlo? "Sforzandomi un po’, posso dire che se l’impresa non è orientata all’innovazione e al cambiamento, se esiste un sistema proprietario efficiente e sussistono ottimi rapporti con il fornitore, se si ottengono vantaggi solo se si hanno competenze in azienda, se i livelli di garanzia di manutenzione potrebbero non essere garantiti, se si usano pacchetti molto verticalizzati e di nicchia, allora l’uso dell’open source potrebbe essere tralasciato".

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