Bill Gates, ovvero: e se la storia si ripetesse davvero? Da Netscape a Google, passando per analisi e pubbliche ammissioni
5 febbraio 2004 Tutto si può dire di Bill Gates, ma
non che difetti di autocritica.
E’ che a seguito dei processi introspettivo
analitici di cui è capace, c’è la fase catartica dell’outing.
Dopodiché sono
dolori.
Per gli altri. I
n fatto di ammissione di errori propri,
memorabile fu il momento in cui ammise, «ragazzi, su Internet ci siamo
sbagliati: è proprio una vera bomba».
Fu una settimana di inferno,
quella, a Redmond, che i “microserv”, come Douglas Coupland li chiamò, se la
ricordano ancora.
La parola d’ordine trasvolò dal Mount Raney al Puget Sound:
portate tutte le applicazioni su Web.
Ciò che ne seguì è
noto a tutti.
Soprattutto a Netscape.
La scorsa
settimana Bill Gates, nel contesto del World Economic Forum di
Ginevra, è partito elogiando il “grande quoziente intellettivo” dei
designer di Google, al secolo Sergey Brin e Larry
Page.
Dopodiché, rieccolo con l’outing: «ragazzi, abbiamo
sbagliato approccio al mercato dei motori di ricerca, ignorandolo. Ma c’è
rimedio: lo agganceremo».
Traducendo la frase, senza peraltro voler
dipingere il capo degli sviluppatori di Microsoft (perché questo è il ruolo che
si è dato) come la Sibilla Cumana, significa che esistono i presupposti perché
si apra il secondo round dello scontro fra Microsoft contro la Silicon Valley.
Sì, perchè Google è figlia della valley tanto quanto lo è stata Netscape.
E il riferimento alla creatura di Andreesen lo si fa perché sull’ipotetico
fronte di operazioni che si sta aprendo attorno al business dei search
engine, sono in molti che preconizzano che Microsoft adotti la medesima
tattica, quella per incorporazione.
E, gli stessi si chiedono: «cosa
succederà se un motore di ricerca entrerà direttamente nel sistema operativo più
diffuso, così come accadde al browser?».
Da non dimenticare:
“l’industria” Google gira su Linux.