Un “paracadute” contro i rischi dell’euro-changeover

Così come è stato per il temuto Y2K, l’avvento dell’euro è carico di incognite per le imprese e, a maggior ragione, per quelle che stanno ancora adeguando i sistemi informativi. Le influenze si faranno sentire sul posizionamento competitivo, sui profitti e sul cash flow.

Ancora pochi giorni e il passaggio alla nuova valuta sarà cosa fatta. Ma dalle ultime rilevazioni dell’Unione europea emerge chiaramente come i patiti della "zona Cesarini" siano un gruppo piuttosto folto. Basti pensare che, fino al 26 novembre, solo il 19% delle società aveva convertito il capitale sociale in euro. Tra le società per azioni, la percentuale risultava attestata poco sopra quota 37%, mentre tra le Srl meno di 2 su 10 mostravano d’aver provveduto. Il Consiglio nazionale del notariato segnala, peraltro, che le società che al primo gennaio 2002 non avranno deliberato la conversione rischiano d’essere sciolte di diritto, con l’inevitabile corollario di problemi (e di spese) per farle rinascere subito dopo. Sul fronte Ict, i rischi maggiori riguardano, invece, la riuscita del processo di conversione: dalla correttezza della migrazione dei dati, all’esaustività dei test sugli applicativi. L’esperienza insegna che spesso i problemi vengono a galla in ritardo e che i danni conseguenti possono ripercuotersi a catena, in modo talvolta imprevedibile. Ecco perché non è mai troppo tardi per cautelarsi dai possibili errori e pensare al da farsi in caso di una sempre possibile defaillance del sistema, reso faticosamente euro-ready. Sono sufficienti pochi giorni per stendere un contingency plan che descriva gli accorgimenti da mettere in atto in relazione al verificarsi di situazioni problematiche, sulla base del grado di rischio di ciascuna e delle implicazioni.

Il parere dell’esperto


"Nella vita quotidiana – dichiara Patrick O’Beirne, esperto della società di consulenza irlandese Systems Modelling – siamo soliti prevedere svariate eventualità, per esempio anticipando la partenza di un viaggio, consci dei possibili ritardi dovuti al traffico. Allo stesso modo dovrebbero comportarsi gli It manager, individuando le misure, economicamente giustificabili, capaci di ovviare all’emergenza. Tanto più che il passaggio all’euro non consente di tornare indietro". All’indomani del 31 dicembre, infatti, il backup dei sistemi e dei dati in valuta nazionale non potrà certo essere d’aiuto.


"E allora, se qualcosa andrà storto – afferma O’Beirne – l’unica strada percorribile sarà quella di riprovare a eseguire la conversione, con un big bang quanto mai accelerato". Inutile sottolineare, in una simile situazione, i pericoli per l’attività aziendale, nonché per le relazioni con i fornitori e i clienti.


Se il contingency plan prevede, nel frattempo, di tornare all’operatività manuale, bisognerà accertarsi che tutti in azienda abbiano subito chiaro come dovranno agire. Questo merita almeno un test di verifica; anzi, ogni situazione di crisi va debitamente simulata in modo tale da non dover inventare nulla se non di fronte all’imprevisto. Il risultato dovrebbe essere una pianificazione che valuta, in quei frangenti, le dimensioni della richiesta di tempo e di risorse aggiuntive da parte del team responsabile dei sistemi di It, nonché l’effettiva riduzione del livello di servizio. "Un consiglio ulteriore – suggerisce O’Beirne – è di testare i piani d’emergenza per verificare se possano essere migliorati, ridotti, o piuttosto resi meno complessi e più affidabili". In presenza di sottosistemi collegati, come accade per le aziende con una stessa piattaforma applicativa distribuita in sedi diverse, va considerato che il fallimento dell’uno alla prova dell’euro rappresenta il fallimento simultaneo di tutti; e che poi potranno mancare all’appello, nel contesto di un prevedibile effetto domino, anche quei sottosistemi, pur testati a più riprese, direttamente connessi alla medesima catena informatica. "Non va nemmeno dimenticato – aggiunge il consulente di Systems Modelling – di provvedere un’adeguata comunicazione ai vari livelli impegnati a prevenire i rischi connessi alle specifiche attività nelle singole aree aziendali". Ciascuna contraddistinta da priorità diverse che si riflettono in strategie di reazione al problema talora, sotto il profilo qualitativo, assai differenti. Se la mancata registrazione di una transazione approdata a un sistema di back office può essere differita di qualche minuto o di qualche ora prima di pregiudicare l’attività commerciale, è evidente che, al contrario, un blocco dell’operatività di cassa nel front-store di un ipermercato richiede immediata attenzione. È facile ipotizzare che il passaggio all’euro troverà una discreta schiera di impreparati. Ecco, allora, che un buon contingency plan dovrebbe prevedere anche la capacità di far fronte alle defaillance della concorrenza. Prevedendo in anticipo quanto serve per rispondere a un incremento delle richieste di business, la cui gestione, se adeguata, può concretarsi in un reale vantaggio competitivo.

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