Un nuovo modello di business per Vobis

I dettagli del piano di ristrutturazione di Tecnodiffusione e anche qualche rivelazione sull’acquisizione della catena

7 aprile 20003 Per Tecnodiffusione l’obiettivo del 2003 è un Ebitda positivo con un fatturato in linea con quello del 2002. Un risultato da raggiungere, oltre che grazie alla ristrutturazione del debito con le banche, attraverso una completa riorganizzazione del gruppo con una holding che eroga servizi alle cinque aziende operative. Di queste una però è uscita in questi giorni dalla società. E’ Dsi che secondo Bruno Kraft, direttore operativo di Tecnodiffusione Italia, all’interno del gruppo non poteva crescere più di tanto mentre con l’arrivo dei nuovi soci potrà avere un maggiore sviluppo.
Il cuore della ristrutturazione riguarda però il franchising con i negozi di proprietà riuniti in Syspoint e il riesame del modello di business di Vobis.
Syspoint. La società riunisce i 36 punti vendita di proprietà che avranno una missione differente rispetto al passato. I negozi saranno infatti utilizzati come banco di prova per nuovi prodotti e per sperimentare segmenti di offerta contigui come wireless, o mega schermi al plasma. “Si tratta di un osservatorio permanente del mercato – ha aggiunto Kraft – che avrà il compito anche di elaborare i nuovi modelli di business del retail nei prossimi anni”.
Vobis. Acquistata qualche anno fa anche per evitare che cadesse nelle mani della rivale Cdc, Vobis è indicato da molti come una delle cause principali della crisi della società. Che qualcosa non abbia funzionato lo ammette anche Kraft il quale rivela che “gli scheletri nell’armadio” scoperti dopo l’acquisizione hanno portato, per esempio, a un calo di circa otto miliardi di lire del prezzo pattuito. La catena possedeva 45 negozi di proprietà in perdita oltre a 180 in franchising con carenza di merce. I franchisee per ovviare al problema acquistavano i prodotti da altri distributori con i quali si erano esposti dal punto di vista finanziario. Il risultato era che alla fine davano precedenza ai pagamenti verso la concorrenza piuttosto che verso Tecnodiffusione. Così, dopo un 2002 speso nella sperimentazione di nuovi modelli di business, la catena riparte con un modello basato sulla compravendita e che limita a pochi negozi l’utilizzo del contratto estimatorio.
Il direttore vendite della società deciderà il contenuto dei flyer pubblicitari con i prodotti che saranno nei negozi prima dell’uscita delle nuove offerte. Inoltre i negozi riceveranno un assortimento di prodotti non modificabile con condizioni commerciali particolari in modo da avere un’offerta omogenea in tutte le vetrine della catena. La catena quest’anno dovrebbe aprire una ventina di nuovi negoozi

Progetto Pam. Pam è l’acronimo di Product account manager, un progetto già sperimentato nei punti vendita che realizzano il 25% del fatturato con l’82% dei prodotti (accessori, consumabili, videogiochi e blisterato). In pratica una persona di Tecnodiffusione si occupa della gestione di quest’area curando la rotazione dei prodotti, i resi e il ritiro dei blister rotti. “Alla fine – spiega Kraft – il negozio ha un incremento del margine dell’11% e la stima prevede di ridurre il costo strutturale per il punto vendita del 90%”. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con i vendor che partecipano anche ai costi.
Cms. La trattativa sindacale in corso dovrebbe concludersi con “un numero non significativo di prepensionamenti”. Il problema principale della fabbrica di Scarmagno, però, è di tipo finanziario. Cms, al momento profittevole, non ha però le risorse per l’acquisto delle componenti sul mercato. Un limite che riduce la produttività che oggi è di circa 400.000 macchine. “Se Cms avesse il denaro – chiarisce Kraft – oggi però produrrebbe il doppio”.

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