Un bagno a Varanasi

Sanjay Kumar e Yogesh Gupta: ovvero la capacità che non fa rima con arrampicamento sociale

16 ottobre 2003 Che ne dite di un’abluzione a Benares (Varanasi), laddove le acque del fiume sacro sanno riportare alla triangolazione più facile da comprendere, uomo, terra e dio (chiunque esso sia)?
La mistica sta all’India quanto il vil metallo agli Stati Uniti.
Eppure.
Eppure, parlando di “verdoni”, siamo tutti un po’ Paul Newman: conosciamo etica e anti-etica del colore dei soldi. Sappiamo riconoscere la fatica e dovremmo essere capaci di ragionare meritocraticamente.
Merito della cultura americana? Massì, va: in quanto a riconoscere la bravura delle persone, gli americani sono maestri.
A New York, nel 1976 arriva da Colombo, SriLanka (allora Ceylon) una famiglia di cingalesi: padre, madre, 4 figli, una valigia e 80 dollari in tasca del genitore.
Uno dei quattro discendenti si chiama Sanjay. Segnatevi questo nome.
Cosa avrebbe potuto chiedere una famiglia del genere all’economia statunitense? Il sogno americano più prosaico: pane per sé e istruzione per i figli.
Sanjay, quattordicenne, va a scuola.
All’epoca, nelle faccende comunitarie si usava ancora separare colored da white.
Un esempio erano le due file distinte per accedere alla mensa.
Sanjay chiede alla madre, da che parte deve mettersi uno che non è né bianco, né nero. Lei: dove la fila scorre più rapida.

In India si farà anche la fame, ma si studia. E se uno ha la fortuna di nascere nella casta buona, come Yogesh, di studi ne può fare.
Magari può laurearsi all’istituto tecnologico di Madras e andare a perfezionarsi negli States. Poi però si deve confrontare con il mercato del lavoro e dimostrare i suoi meriti.

Yogesh l’ha fatto.
Da grande è diventato Yogesh Gupta, chief technology officer, cioè numero due, di Computer Associates, la quarta software house al mondo, una società che, in scioltezza, genera un flusso di cassa operativo di un miliardo di dollari all’anno.
Il numero uno di quella società è Sanjay, che di cognome fa Kumar.

Ecco, forse è questo che manca a noi italiani, ma anche europei. No, non un quattordicenne che arrampichi socialmente. Piuttosto la capacità di svestirci da triti abiti mentali e di buttarci in un fiume purificatore.
Del resto la nobiltà è nata di qua dell’Atlantico.

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