Tutto sul business delle certificazioni. Dai vendor ai professional

Prendersi una certificazione, tanto a livello personale, quanto in qualità di partner significa emanciparsi sul mercato. Partendo da questa considerazione, condivisa da tutti i fornitori di tecnologia, si può pensare anche al Roi. Ulteriori approfondimenti su Linea Edp n. 36.

 


Chi pensa che studiare per prendersi una certificazione sia solo un costo e chi crede che una volta fregiatosi del "bollino" sia autorizzato a zigzagare fra i meandri del business agendo spregiudicatamente, sarebbe meglio che si leggesse quanto dicono i responsabili italiani di cinque vendor che hanno fatto della certificazione sulla loro tecnologia un punto forte. Da Cisco a Ibm, da Oracle a Sun, passando per Microsoft, i maggiori fornitori di tecnologia operanti in Italia creano, con i processi di certificazione (e, prima ancora, di formazione) un archetipo comportamentale, una "way of life" che, a fronte di investimenti, offre vantaggi. Sempre che si rispettino i patti. Insomma, è un business, ben organizzato, con una cifra tutta sua, nel quale il valore lo compongono le persone.

CISCO


"La certificazione Cisco per le aziende – dice Paolo Del Grosso, Cisco Channel Leader Italia – esiste perché ci sono le persone da certificare. Le aziende sono fatte di persone e le loro competenze costituiscono, sommate, quella delle aziende".


A tal proposito, è esemplare la linea di condotta di Cisco, che premia proprio quelle realtà che formano e certificano le persone interne invece di comprarle sul mercato, per giungere così a una certificazione non maturata naturalmente. Falsa. "Facciamo una verifica periodica – dice Del Grosso – ogni sei mesi, sulle aziende certificate, per capire se ci sono, numericamente e qualitativamente, le persone che c’erano al momento della certificazione. Se non ci sono più, l’azienda ha da 3 a 6 mesi di tempo per rimpiazzarle. Inoltre, chi passa da azienda certificata ad altra azienda, non può contribuire al computo delle certificazioni di quest’ultima necessario per il riconoscimento, per un anno. Perché il nostro obiettivo è avere il più alto numero di persone certificate in Italia".


Anche per questo Cisco ha varato l’iniziativa, concettuale e pratica, delle Network Academy, vere e proprie scuole no-profit sui temi del networking, alle quali cede la propria strumentazione di rete, che formano conoscenza e cultura sul networking in generale, e che sono abilitanti al primo livello di certificazione personale Cisco, la Ccna (Cisco Certified Network Associated).


Le Network Academy, che in un paio d’anni hanno sfornato migliaia di persone certificate, sono valide tanto per gli utenti finali, quanto per i partner. "Le persone certificate Cisco – afferma il manager – (di cui la società detiene un database non accessibile al pubblico, ndr) non fanno parte di un’elite. Sono solamente professional abilitati a lavorare nel campo del networking, anche non Cisco".


Le principali certificazioni dei partner sono le Gold, Silver e Premier. I Gold hanno 16 persone certificate a vari livelli (di cui 4 commerciali). I Silver ne hanno 8 (di cui 2 commerciali), mentre i Premier partner ne hanno tre, di cui uno addetto alle vendite. Le certificazioni non le fa Cisco, ma società terze (come Algol, Azlan, Global Knowledge).


Riguardo i costi e i tempi dei processi, Del Grosso afferma che "un esperto di networking non lo si crea su due piedi". I corsi per l’abilitazione alla certificazione sono basati su un monte ore che il candidato organizza come crede. Per quanto riguarda le aziende, si procede a una verifica, fatta da Cisco stessa o da una società esterna demandata, una volta all’anno, nella quale si prendono in considerazione fattori come il numero e la qualità delle persone certificate, l’esistenza del laboratorio, la funzionalità del call center per i clienti.


Alla base di tutto, quindi, c’è l’esperienza personale del singolo, su cui va costruita, per somma e disciplina tattica, quella dell’azienda nella quale i professional certificati lavorano. Insomma, ciò che alimenta la credibilità della certificazione è il fatto che il business del networking cresce.


Per Del Grosso il Roi della certificazione esiste, anche se non è quantificabile facilmente, "ma c’è, tanto è vero che negli ultimi due anni abbiamo ricertificato quasi tutti in Italia, su nuove tecnologie o su upgrade. Quindi, se i professional e i partner si sottopongono all’esame, vuol dire che c’è Roi".

IBM


Giuseppe Mezzomo è iSeries Technical Support manager di Ibm, cioè, responsabile del pre-sales, una persona che, con uno staff, aiuta i partner ad avere le informazioni tecnologiche per comprendere il valore aggiunto che può dare al cliente. "In Ibm – dice Mezzomo – ci si è resi conto di quanto sia importante, non solo la competenza del partner in sé, ma anche il volano che il supporto tecnico può dare. Ciò perché lo skill tecnico vince e poi si travasa sulla parte commerciale. Più si riesce a formare i tecnici dei partner, più le macchine diventano competitive. Certificare una rete, quindi, vuol dire costringere i partner a misurarsi con le conoscenze. Perciò si fanno i test tecnici e commerciali su tutti i 340 partner".


Le principali certificazioni di Ibm influiscono su due filoni di partner: il first tier, detto anche Sp1, fatto da grandi partner che hanno rapporti diretti con Big Blue, e il second tier, Sp2, fatto di realtà che passano attraverso i distributori. Un Sp2, per mantenere rapporti di partnership con Ibm deve certificare una persona tecnica e una dedicata alle vendite, mentre l’Sp1 deve avere 3 tecnici e 2 commerciali certificati. "La certificazione – dice Mezzomo – è un processo legato alle persone. Queste si recano in un centro autorizzato e, sostenendo un esame in loco, si possono certificare. Chi entra nella rete Ibm ha 3 mesi di tempo per farlo. La persona certificata viene inserita in un database internazionale di Ibm, sempre accoppiato al nome del partner per cui lavora. E se un professional certificato si dimette, il partner ha tre mesi di tempo per sostituirlo".


Riguardo i costi e i tempi del processo di qualificazione, un tecnico che non parte da zero deve fare un corso di 4 giorni uomo (due giorni per un addetto alle vendite). A queste giornate va aggiunta quella di test. Il corso tecnico costa 500 euro, quello sales 200 euro e il test altri 200 euro. I test valgono mediamente un anno. In sostanza, ogni 12-15 mesi bisogna rifare il test relativamente agli adeguamenti tecnologici che ci sono stati.


"A Ibm la certificazione serve – sottolinea Mezzomo – anche se da ciò non consegue che le persone che la guadagnano siano effettivamente al meglio per affrontare il mercato. Sta, poi, alle qualità personali. I clienti ne percepiscono il valore nella misura in cui i partner sono capaci di evidenziarlo. Alcuni fanno leva sui propri skill tecnici, altri sulle capacità di relazione. Rimane, comunque, l’esigenza di avere un fregio di riconoscimento visuale, un bollino che identifichi al volo su quale area tecnologica il partner eccelle, e stiamo studiando per assegnarlo".

MICROSOFT


Riguardo al peso economico dei fattori formativo e certificativo, Annamaria Venezia, Training & Certification manager di Microsoft, sostiene di non fare affari nel mondo della formazione. "Semplicemente – dice – vendiamo software. Formazione e certificazione sono strumentali al nostro core business. Quindi sono i partner e l’indotto ad assorbite il valore economico del fenomeno".


Il volume di affari che questi muovono non viene censito da Microsoft. "Se le società fanno della formazione il loro business – dice Venezia – lo fanno in piena liberalità: noi non imponiamo alcunché". Si tratta, comunque, di una forma particolare di investimento, sul knowledge, che Microsoft cura da vicino. Per impostare i corsi in aula, per esempio, lavora la struttura Microsoft Official Curriculum, e per la pubblicistica c’è la divisione Microsoft Press. "I gruppi che sviluppano i prodotti – spiega la manager – creano anche i contenuti formativi e i test per valutare il grado di conoscenza delle persone che vogliono certificarsi, in modo tale che chi studia lo fa sullo stesso canovaccio di chi sviluppa e, quindi, ha la possibilità di capire su quali aree applicative, con uno specifico prodotto, potrà dedicarsi. In altri termini, lo studio di un tool, a fini di certificazione, abilita a conoscere in anticipo le aree di criticità. In tal senso, studio ed esame sono proattivi alla funzione produttiva del prodotto. Si può dire, quindi, che la certificazione Microsoft sia indice di migliore produttività per l’azienda".


La certificazione Microsoft è raggiunta assommando vari esami su altrettanti prodotti. I percorsi di certificazione possono ricondursi a tre filoni: sistemistico, database e sviluppo. Il primo vuole creare due tipi di figure, il system engineer, che deve sostenere sette esami, e il system administrator, che ne deve passare quattro. Altrettanti gli esami anche per il database administrator certificato Microsoft, mentre l’application developer è sottoposto a tre prove e il solution developer a cinque.


Per quanto riguarda la ricertificazione, non c’è una regola fissa. "Dipende dalle differenze che un nuovo prodotto apporta – spiega Venezia -. Per esempio, le certificazioni su Nt4 sono rimaste valide anche per Windows 2000, il cui core non mutava granché: bastava un aggiornamento di studio. Ora, invece, con Windows Server 2003 è necessario che le persone si ricertifichino".


A margine delle osservazioni fatte da Annamaria Venezia, va ricordato che mesi fa Microsoft aveva commissionato una ricerca a NetConsulting proprio sul valore di business delle certificazioni.


La ricerca, condotta su un campione di aziende It italiane, evidenziava come la certificazione delle competenze It fosse in grado di determinare un recupero di efficacia ed efficienza a favore di un incremento di marginalità di almeno il 20%.


Il Roi di una figura certificata Microsoft risultava pari al 104% rispetto all’84% di uno specialista non certificato. Inoltre l’incremento di produttività registrato da una figura certificata andava dal 20 al 31% (contro il 9% del personale non certificato).


Per quanto riguardava, poi, l’impatto della certificazione It sull’intero sistema economico, il valore creato dai lavoratori certificati, attraverso recuperi di efficacia, efficienza e produttività, era stato stimato in circa 1.191,8 milioni di euro (pari allo 0,115% del Pil). Le sole certificazioni Microsoft, all’epoca dell’indagine impattavano sul Pil per lo 0,048% (496,8 milioni di euro).

ORACLE


In Oracle esistono un programma di certificazioni individuale e uno di certificazioni aziendali, che dà effetti di visibilità sul mercato. "Gli effetti di tale impostazione – sostiene Clara Covini, vice president Channel & Alliances – sono immediati. Per l’individuo è spendibile il concetto di competenza provata, dato dalla certificazione, mentre a livello d’azienda si tratta del coronamento di un percorso tecnico e di business, fatto con Oracle, che dà garanzie di competenza e accesso a risorse dedicate, cioè formazione e co-marketing".


Le certificazioni sono attive nelle aree database e application server e si ottengono sostenendo test presso società indipendenti. La certificazione aziendale, invece, va sottoposta a Oracle, che valuta tutti i parametri necessari a ottenerla, quali la presenza di risorse certificate individualmente all’interno dell’azienda, la presenza di mercato, il volume di business sviluppato. Per accelerare i percorsi formativi necessari alla certificazione e facilitare l’accesso alle competenze, la società organizza corsi ad hoc insieme ai distributori, con l’obiettivo di fornire nel più breve tempo tutte le competenze necessarie (i cosiddetti programmi Speed Up). "Il costo della certificazione – spiega Covini – è relativo solo al sostenimento dell’esame ed eventualmente ai corsi di formazione necessari per prepararsi. Il Roi del processo è, nel caso individuale, individuabile in un miglior posizionamento nel mercato del lavoro, mentre nel caso aziendale una maggiore visibilità sul mercato e una maggiore accettazione da parte dei clienti, oltre che alla disponibilità di risorse messe a disposizione da Oracle solo per i partner certificati".


Anche per Oracle, certificazione non significa, banalmente, patente. "Implica – spiega la manager – una garanzia di conoscenza del prodotto, ma non può esserci garanzia sulle metodologie utilizzate o sulle altre competenze accessorie a volte necessarie a risolvere i problemi tecnici o funzionali. È un buon setaccio, ma non pretende di essere un’assicurazione sui risultati del lavoro".


E quanto all’indotto della certificazione, Covini precisa che "sebbene la certificazione muova un indotto di pubblicistica e formazione, non è questo lo scopo per il quale si mette in piedi un programma del genere, quanto piuttosto fornire al mercato qualche criterio oggettivo di valutazione delle competenze".

SUN


La certificazione in Sun opera con un focus a 360 gradi, cioè su hardware, software e servizi. Si possono distinguere due tipologie di certificazione, orientate ai professionisti e ai reseller, come ci spiegano i responsabili del settore, Claudia Castellano e Silvio Moltoni.


I livelli per i partner sono suddivisi sui sistemi di fascia enterprise e su quelli di fascia workgroup. I programmi di certificazione professionale Sun verificano con rigore le competenze dei candidati, nella risoluzione di problemi concreti.


Per quanto riguarda la certificazione dei reseller, i vantaggi sono il riconoscimento di competenze professionali aggiornate e qualificate. Con cadenza annuale, inoltre, Sun offre un percorso di aggiornamento via Web. Il mantenimento di una certificazione è poi semplificato grazie ai programmi di ri-certificazione, con cui è possibile estendere a nuove release di prodotti/software la certificazione conseguita. I partner certificati possono accedere a risorse e strumenti messi a disposizione con un portale. Le certificazioni operano a diversi livelli di competenza e per diversi profili, commerciali, marketing e funzioni presales. Le certificazioni professionali hanno vari percorsi disponibili, su tecnologia Java, Solaris, storage di rete, middleware. Ciascun percorso, a propria volta, può prevedere "specializzazioni", oppure più esami di certificazione in successione, regolati da precise propedeuticità.


La maggior parte delle certificazioni si ottiene rispondendo a questionari a risposta multipla entro un certo limite di tempo. Per alcune certificazioni, in particolare alcune di quelle relative alla tecnologia Java, le domande possono essere a risposta aperta, oppure il test può consistere in una prova di programmazione o in un progetto pratico.


Per quanto riguarda le certificazioni per i partner, i costi del training sono relativi solo ai corsi tenuti in aula, peraltro rimborsabili attraverso i fondi di co-marketing. I costi delle certificazioni professionali sono piuttosto bassi e variano in funzione del tipo di certificazione. Fra tutti quelli censiti, Sun è l’unico vendor che certifica direttamente i propri reseller e i professional, per controllare direttamente il livello qualitativo dei servizi forniti ai clienti.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome