Tutti i diritti e i doveri per franchisor e franchisee

Anche se i franchisor ritengono che la legge offra maggiori vantaggi per gli affiliati ammettono che essa sia un passo necessario per avviare rapporti più equilibrati

Dicembre 2004, Ciò che emerge dai pochi protagonisti del franchising
informatico attualmente presente in Italia è un semplice "per noi
non cambia molto". Ci crediamo, viste alcune lacune della normativa già
messe in evidenza dagli esperti e visti anche che i pochi sopravvissuti franchisor
informatici in Italia hanno saputo instaurare un rapporto di fiducia nei confronti
dei loro franchisee. «Riteniamo positiva l’introduzione della nuova
legge che dopo anni finalmente regolamenta il settore. La legge dice che cosa
è il franchising, stabilisce un contratto tra le parti che dettaglia
garanzie e obblighi per entrambe le parti, c’è quindi un testo di riferimento
che in sede di giudizio risulterà importante. Gli imprenditori seri saranno
premiati a scapito di coloro che se ne approfittavano in assenza di una normativa»
.
Questo è il commento di Gianluca Angusti, responsabile
relazioni esterne e comunicazione di Brain Technology, franchisor dei circa
90 Essedishop che versano 15.492 euro più Iva per la fee d’ingresso e
lo 0,5 per cento di royalty sul volume acquistato.

Interessi equilibrati
«È vero – prosegue -. Forse in alcuni punti è
poco chiara ed è stata scritta a seguito di mediazioni e compromessi
tra associazioni di categoria, però nel suo insieme salvaguardia ed equilibra
gli interessi da parte di entrambe le parti. Nel concreto il nostro contratto
con gli affiliati prima delle legge era molto simile a quanto la norma richiede
attualmente e non abbiamo dovuto modificare molto»
.
«Crediamo sia giusto che il franchisee sia più tutelato
– dice Luca Arletti, direttore vendite di Cdc – e che il
franchisor specifichi ciò che andrà a erogare. Per noi, comunque,
non cambia molto, perché tutto quello che indica la legge già
lo facevamo con i nostri Computer Discount ai quali chiediamo 25mila euro di
fee d’ingresso e il 3 per cento sul volume annuale come royalty. Anche il fatto
di dichiarare il numero di punti vendita e della loro variazione anno per anno
(attualmente sono 220 circa) è una modalità consueta che non ci
coglie impreparati. Nell’insieme nessuna delle novità ci ha lasciati
spiazzati»
.
Gianluca Celin, responsabile della catena Wellcome, oltre 130
negozi in tutta Italia, dice invece: «Abbiamo adeguato il contratto
su base triennale (prima era di un anno – ndr), ma per tutelare ulteriormente
il nostro partner abbiamo concesso la possibilità di risolvere, solo
per sua volontà, il contratto sin dopo il primo anno di affiliazione.
Credo che i vantaggi e gli aspetti positivi siano prevalentemente a favore degli
affiliati, ma il fatto non ci sorprende più di tanto, in quanto era un
modo di operare che avevamo già applicato in precedenza. I nostri franchisee
considerano l’affiliazione come un processo evolutivo per avere maggiore forza
e competitività. Tolta la durata minima del contratto, dunque, non riscontriamo
alcuna modifica sostanziale. I nostri affiliati, che pagano 13mila euro come
fee d’ingresso e il 2 per cento di royalty sull’acquistato, si sentono ulteriormente
tutelati in quanto consentiamo loro di rescindere il contratto ogni anno, mentre
teniamo il nostro vincolo contrattuale a tre anni»
.
«Non ci spaventa nemmeno dover indicare che vi sia una certa percentuale
di turnover nel numero complessivo dei punti vendita
– prosegue Celin -.
Non facciamo del marketing finalizzato a promuovere un marchio specifico,
ma una serie di attività e servizi finalizzati a migliorare la conduzione
di punto vendita informatico»
. Celin considera anche molto positiva
l’informativa da fornire all’aspirante affiliato prima della stipula del contratto
stesso e il fatto che siano indicati i principi di lealtà, correttezza
e buona fede richiesti ad entrambi.
In merito all’esclusiva territoriale citata dalla legge, Celin non la considera
una novità per quanto concerne l’affiliato, ma potrebbe essere di difficile
interpretazione nel momento in cui entrano in gioco altri canali di vendita,
«visto che i medesimi prodotti li vendiamo anche su altri canali».
Corrado Coraglia, direttore marketing di Elettrodata e Lorenzo
Zubani
, presidente, sottolineano che il loro «non è
un franchising, ma una semplice affiliazione»
, ma aggiungono: «In
ogni caso la cosa ci interessa perché è nostra intenzione dare
vita a un vero e proprio franchising dai nostri attuali 70 punti vendita affiliati
Freedom»
.

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