L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Agcom, ha annunciato di aver sanzionato per oltre 2 milioni di euro le società di telecomunicazioni Tim, Vodafone e Wind Tre, con una multa di 696 mila euro per ciascuna.

La questione riguarda i contratti prepagati e, nello specifico, il caso in cui l’utente di un contratto prepagato esaurisce il proprio credito e non effettua una ricarica utile al rinnovo dell’offerta.

In questa circostanza, ha evidenziato l’Agcom, gli operatori non bloccano più il traffico in uscita ma lo rendono disponibile, addebitando però un costo aggiuntivo ai clienti. Ciò avviene, sottolinea ancora l’Agcom, pur in assenza di una volontà espressa dall’utente.

Quindi l’utente del contratto prepagato che, anche inconsapevolmente o involontariamente, fruisce dei servizi voce, SMS e dati in caso di credito esaurito, va incontro a una sorta di addebito anticipato e il costo del traffico erogato, evidenzia la stessa Agcom, viene poi detratto dalla successiva ricarica.

La multa comminata a Tim, Vodafone e Wind Tre deriva dal fatto che il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha ritenuto in contrasto con la normativa di settore il contenuto di questa modifica contrattuale.

Più che la specifica casistica e l’importo della multa, non particolarmente elevato, è questo il punto più interessante: l’Agcom ha puntato il dito verso le modifiche contrattuali apportate dagli operatori, che, sembrano suggerire le conclusioni dell’Autorità, hanno invece dei limiti ben precisi su ciò che possono variare nei contratti.

Dichiara l’Agcom: “L’Autorità ha ritenuto che la condotta degli operatori non possa configurarsi come semplice esercizio dello jus variandi per il quale, in applicazione dell’art. 70, comma 4 del Codice delle comunicazioni elettroniche, non è necessaria l’accettazione da parte degli utenti essendo sufficiente la garanzia di un diritto di recesso dal contratto senza costi. Come verificato dall’Autorità nel corso di un’approfondita istruttoria avviata lo scorso mese di luglio, gli operatori non si sono limitati, infatti, a modificare le originarie condizioni del contratto prepagato sottoscritto, ma vi hanno inserito un quid novi che, in quanto tale, doveva essere accettato dagli utenti.”

Quindi, queste modifiche alle condizioni contrattuali avrebbero richiesto un nuovo consenso da parte degli utenti, un principio che è importante sia stato ribadito dall’Autorità.   

Le multe sono state poi comminate perché la condotta degli operatori era in contrasto con l’obbligo esistente nei loro confronti di “far cessare immediatamente la connessione dati nel caso in cui il credito disponibile sia completamente esaurito e a riattivarla soltanto dopo aver ricevuto un’espressa manifestazione di volontà da parte dei clienti”. E perché gli operatori non hanno assolto agli obblighi “in materia di trasparenza delle informative rese in occasione di alcune variazioni delle condizioni economiche di offerte di rete mobile”.

Infine, l’Agcom ha evidenziato che, con questa decisione, l’Autorità si è posta in sintonia con quanto affermato in relazione allo jus variandi dal Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 8024/2019, secondo cui: “l’art. 70, comma 4, del Codice, non può applicarsi a qualsivoglia tipo di variazione del contenuto del contratto, dovendosi riconoscere in via ermeneutica due tipologie di limiti: in primo luogo, le modifiche unilaterali possono riguardare soltanto la variazione di condizioni già contemplate nel contratto; in secondo luogo, i mutamenti delle condizioni preesistenti non possono mai raggiungere il livello della novazione del preesistente rapporto obbligatorio”.

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