T-Systems: all’Expo serve un approccio sistemico

T-City, cittadina tedesca nel comprensorio di Friedrichshafen, rappresenta un esempio pratico di sperimentazione sul campo di una città del futuro, nella quale le tecnologie coesistono e si integrano in un’ottica di miglioramento dell’efficienza e dell …

T-City, cittadina tedesca nel comprensorio di Friedrichshafen, rappresenta un esempio pratico di sperimentazione sul campo di una città del futuro, nella quale le tecnologie coesistono e si integrano in un’ottica di miglioramento dell’efficienza e della qualità dei servizi al cittadino e alla comunità. Cioè quello che potrebbe accadere a Milano in occasione dell’Expo 2015. Capofila e referente del progetto tedesco è T-Systems, e ad Augusto Coriglioni, responsabile business della società in Italia, abbiamo chiesto di approfondire le caratteristiche dell’esperienza in Germania e di analizzare le possibili sinergie con i progetti necessari per la Milano dell’Expo.

«L’Expo 2015 – ha esordito Coriglioni – è senza dubbio una grande opportunità attraverso la quale è possibile che realtà di ogni dimensione possano essere protagoniste per raggiungere un obiettivo comune: creare un’infrastruttura funzionale, che resti anche dopo l’evento».

Sicuramente Friedrichshafen rappresenta oggi il fiore all’occhiello dell’esperienza di T-Systems e di Deutsche Telekom, che ha però nel suo carnet altri interventi altrettanto significativi nell’ambito dell’infomobilità e che mostrano analogie ancora più marcate con quanto serve e servirà a Milano in vista del 2015. «Mi riferisco, ad esempio, alla gestione della mobilità ad Hannover. È una città che vive di fiere e che durante tutto l’anno affronta le stesse problematiche che investiranno Milano tra sei anni. Ma non solo. Già oggi l’area milanese dispone di un patrimonio rilevante quale il nuovo polo fieristico di Rho che coinvolge una vasta zona del territorio che impatta più comuni. Si tratta di consentire ai visitatori di arrivare in città, parcheggiare, circolare senza problemi di traffico, in sintesi, di rendere fruibile una città adeguando la disponibilità dei servizi in tempo reale».

Un esempio concreto? A seconda dei flussi di traffico, la circolazione sulle sei corsie della tangenziale viene consentita in un senso o nell’altro, così da far fluire i veicoli senza ingorghi, segnalando, con estrema precisione, anche l’ubicazione dei parcheggi più vicini e la disponibilità di posti auto per ciascuno. In tutto questo c’è, sicuramente, un ruolo determinante della tecnologia, che, tuttavia, secondo Coriglioni, non è l’unico ingrediente necessario.

«Sono convinto – prosegue – che i veri problemi siano in realtà culturali. Le tecnologie ci sono. Si tratta di implementarle e farle funzionare in base allo scopo e agli obiettivi. Impossibile, se manca la capacità o la volontà di creare tavoli comuni, ai quali si siedano soggetti intenzionati a lavorare su obiettivi di medio e lungo periodo». Secondo Coriglioni serve un approccio sistemico al progetto Expo che vada oltre il 2015 come data finale di un percorso che può fin d’ora essere avviato per testare soluzioni innovative ed efficienti volte a migliorare quotidianamente la fruibilità dei servizi che la Fiera offre agli utenti durante gli eventi espositivi che ospita nel corso dell’anno.

«Cercare di risolvere i problemi separatamente – osserva Coriglioni – è complicato e il rischio di insuccesso è piuttosto elevato». C’è dunque un modello tedesco al quale fare riferimento? «Di certo in Germania la scelta di un interlocutore forte per discutere con i diversi soggetti interessati al progetto nel suo insieme è risultata premiante. Noi, poi, ci siamo mossi da main contractor, coinvolgendo di volta in volta altri soggetti e altri partner in grado di esprimere competenze specifiche. Penso, ad esempio, a una Philips, fondamentale per tutto quanto riguarda le soluzioni di telemedicina e di tele diagnostica».

Fondamentale, dunque, è la volontà di creare un tavolo di lavoro? «Senza dubbio – risponde -. Soprattutto, in questa fase, bisogna liberarsi dal vincolo che il budget disponibile per questa tipologia di investimenti diventi un ostacolo all’innovazione. In questa fase devono esserci tutti e mi riferisco agli enti locali e centrali ma anche alle case automobilistiche, ai tassisti, all’Anas, alle autostrade. Credo che sia una questione di volontà, ma anche di coraggio, perché bisogna rendersi conto che l’area di Milano, Fiera inclusa, oggi ha una serie di problemi legati alla mobilità che devono essere risolti a prescindere dall’Expo. Perché dunque non lavorare in un’ottica di più ampio respiro?».

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