Symantec – Il Cio deve diventare protagonista dell’innovazione

Nel corso degli ultimi anni, il concetto di innovazione si è lentamente evoluto all’interno delle aziende Italiane, diventando di fatto un elemento della strategia di crescita. Mercati sempre più competitivi e clienti maggiormente e …


Nel corso degli ultimi anni, il concetto di innovazione si è lentamente
evoluto all’interno delle aziende Italiane, diventando di fatto un elemento
della strategia di crescita. Mercati sempre più competitivi e clienti
maggiormente esigenti fanno dell’innovazione, al tempo stesso, obiettivo
strategico e strumento essenziale per contribuire al benessere di un’azienda.
Innovare richiede libertà, ma anche responsabilità: le spinte
innovative devono generare prodotti e servizi, o semplicemente una riduzione
di costi, che devono trasformarsi in un ritorno economico per l’azienda.

Una ricerca del 2006 di The Boston Consulting Group ha evidenziato dati molto
significativi: il 40% delle aziende considera l’innovazione come primo
obiettivo strategico ed il 72% ha pianificato un incremento di budget a supporto
dell’innovazione per l’anno 2007.

A questo si affianca però un’osservazione importante: circa il
50% degli intervistati non è soddisfatto del Roi generato dagli investimenti
sull’innovazione effettuati negli anni precedenti. Questi dati delineano
quindi una forte volontà delle aziende ad effettuare investimenti sul
fronte innovazione, senza però un adeguato supporto nella gestione degli
investimenti stessi.
Innovazione è sinonimo di trasformazione, non rivoluzione, e deve quindi
essere un processo controllato, al fine di garantire qualità, sicurezza
e disponibilità dei propri prodotti e servizi e non impattare sul rapporto
di fiducia creato con i propri clienti.

Per questo motivo la responsabilità del processo di innovazione strategica
si è spostata all’interno delle gerarchie aziendali allontanandosi
dalle proprie aree tradizionali – ovvero ricerca e sviluppo e marketing
– e finendo sulle agende dei Ceo. Questo ha spinto molte aziende (Google,
Amd, Citigroup, Coca-Cola, Kfc…) a nominare una nuova figura di tipo dirigenziale
con questa specifica responsabilità, il Chief Innovation Officer, cui
spesso ci si riferisce come l’altro Cio.

Questa scelta deriva dalla semplice considerazione che solo una responsabilità
individuata a livello di business può permettere un controllo adeguato
sul processo: in assenza di una figura specifica responsabile dell’assegnazione
delle priorità ai progetti da finanziare ed al controllo dei risultati
ottenuti, si evidenzia un’alta frammentazione dei compiti, che risulta
nell’impossibilità effettiva di misurare i risultati e quindi mettere
in luce meriti e carenze.

Creare innovazione è strettamente legato ad un fattore culturale, la
cultura dell’innovazione, che necessita di una figura dotata di forte
leadership, tale da saper ispirare i propri collaboratori e muovere l’azienda
nella direzione corretta. Questa figura dovrà agire da trait d’union
fra i team necessariamente coinvolti nel processo di innovazione, mettendo in
comunicazione le diverse isole culturali interne (Marketing, R&D, Operations,
Sales…), contribuendo quindi al miglioramento generale della comunicazione
stessa.

Infine la responsabilità dell’innovazione deve essere presa in
carico da una figura con un forte background nell’esercizio e nell’implementazione.
Il Chief Innovation Officer è dunque un ruolo estremamente trasversale
ed eclettico, necessario in tutte le realtà che hanno scelto di fare
dell’innovazione un tratto distintivo ed un vantaggio competitivo.

In
questo scenario il Chief Information Officer (CIO) non è stato considerato
adatto a ricoprire un ruolo centrale nel processo di innovazione: in passato
diverse aziende, a parte singole eccezioni, hanno scelto un Chief Innovation
Officer all’interno di linee di business differenti, privilegiando funzioni
che prevedono un contatto diretto con i clienti e con il mercato.

In realtà considerando il ruolo centrale che l’IT riveste in
molte organizzazioni, la continua evoluzione dei processi di business che caratterizzano
le aziende moderne ed il ruolo della tecnologia all’interno delle innovazioni
di successo, è necessario rivedere questa posizione: attraverso la gestione
quotidiana delle infrastrutture IT e la partecipazione continua ai progetti
di evoluzione, consolidamento ed ottimizzazione delle risorse. Il CIO interviene
infatti in maniera quotidiana nella trasformazione dell’azienda. Questi
compiti, in definitiva, permettono al CIO di possedere una chiara visione dei
principali processi di business aziendali, proponendolo come figura preferenziale
per ricoprire il ruolo di Chief Innovation Officer.

Nonostante questi presupposti, oggi in Italia il CIO deve fare i conti con
le necessità quotidiane legate all’esercizio dei sistemi, con budget
e risorse sempre più limitate e sufficienti alla sola gestione delle
infrastrutture esistenti. Questi aspetti limitano notevolmente il campo di azione
del CIO che, da profondo conoscitore dei processi di business, diventa a volte
semplice gestore del budget di esercizio.

Per uscire da questa situazione, il CIO, da osservatore privilegiato e facilitatore
dovrà diventare protagonista dell’innovazione e quindi da gestore
delle idee altrui a soggetto in grado di influenzare attivamente le strategie
ed i percorsi di innovazione dell’azienda. Nelle aziende italiane questo
cambiamento potrà avvenire solo attraverso la spinta culturale del Top
Management, che dovrà considerare il binomio IT-innovazione come veicolo
principale per contribuire alla crescita del business e della leadership di
mercato.

Le aziende italiane che vorranno perseguire questo importante cambiamento,
dovranno valutare con attenzione, secondo i principi di Governance, il livello
di maturità raggiunto non solo nella gestione dell’IT ma più
in generale, in tutti i processi strettamente legati al business. Un passo affrettato,
potrebbe infatti minare la qualità di prodotti e servizi e la fiducia
della propria clientela, trasformandosi da un potenziale vantaggio competitivo
ad un problema di difficile gestione”.

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