Superano i 33 miliardi le spese non onorate dai comuni italiani

Lo afferma la CGIA di Mestre, sottolineando che questa cifra si riferisce ai soli capoluoghi. E rincara la dose dicendo che ci sarebbero altri 40 miliardi di debiti delle provincie nei confronti delle imprese. La causa: i vincoli imposti dal Patto di stabilità interno.

In linguaggio tecnico si chiamano residui passivi, in pratica sono spese già impegnate ma non ancora onorate. E in Italia, evidenzia la
CGIA (l’Associazione Artigiani e Piccole Medie Imprese) di Mestre, tali residui
passivi stanno bloccando il pagamento di oltre 33 miliardi di euro da parte dei
Comuni capoluogo di provincia per forniture di beni e servizi (come
cancelleria, manutenzioni o acquisti per l’ordinaria amministrazione) e
investimenti in opere pubbliche (costruzioni di strade, scuole, parcheggi o
impianti sportivi).

La causa di questo mancato
pagamento
– commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe
Bortolussi – va ricercata nelle
disposizioni previste dal Patto di stabilità interno, che per ragioni di
contenimento della spesa pubblica, non consentono, se non vengono rispettati i
vincoli di bilancio imposti dallo Stato, il pagamento di lavori o di forniture
ricevute. Il paradosso è che in questa condizione di insolvenza si trovano
molte realtà comunali che, pur avendo i soldi, non possono saldare le
spettanze, altrimenti non rispetterebbero più i vincoli previsti dal Patto. Un
danno economico non di poco conto, che penalizza soprattutto le piccole imprese
e le aziende artigiane le quali, dopo aver eseguito forniture od interventi,
devono attendere tempi biblici per ricevere le loro spettanze
”.

Se guardiamo i dati a livello territoriale, sottolinea la CGIA di Mestre,
è il Comune di Roma che presenta la quota di spesa non onorata più alta di
tutti: l’importo, al 31 dicembre 2009 (ultimo dato disponibile), era pari a
6,26 miliardi di euro. Seguono Milano, con 3,85 miliardi di euro, e Napoli, con
3,39 miliardi di euro. Rispetto alla fine del 2008, l’incremento percentuale
medio nazionale dei residui passivi è stato del 5,4%, con punte massime del
+55,6% a Carbonia, del +49% a Roma e del +25,2% a Imperia.

In termini procapite, invece, il Comune meno virtuoso è quello di
Avellino, con un ammontare complessivo di pagamenti non effettuati pari a 3.754
euro. Segue Carbonia con 3.622 euro, Salerno con 3.608 euro e Napoli con 3.529
euro.

In una fase di grave crisi
economica
– conclude Bortolussi – mettere
in pagamento oltre 33 miliardi di euro sarebbe una boccata di ossigeno non
indifferente per migliaia e migliaia di piccole imprese. Se in questa
elaborazione abbiamo analizzato solo la situazione dei Comuni capoluogo di
Provincia, in capo ai Comuni non capoluogo stimiamo vi siano altri 7
miliardi di pagamenti non erogati. Infine, non dimentichiamo che ci sono altri
35/40
miliardi di euro di crediti che le
imprese avanzano dalle Regioni in materia di sanità, sempre a causa dei vincoli
previsti dal Patto di stabilità. Per questo è urgente che il Governo intervenga
subito e, in sede di approvazione della manovra bis, riveda questa situazione
per il bene delle piccole imprese e dei loro occupati
”.

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