Sun – Microsoft: cosa ne pensa l’America

In attesa delle analisi e dei commenti che senza dubbio arriveranno nei prossimi gironi, quando i termini dell’intesa saranno dettagliati, ecco una summa di opinioni raccolte presso le agenzie americane. Con Ibm e Novell grandi assenti.

5 aprile 2004 Un cambiamento senza precedenti nelle relazioni tra le
due aziende.
Questo il commento univoco sulla ritrovata
intesa tra
Microsoft e Sun Microsystems.
Per il resto le opinioni sono quantomai discordi:
si va dal “cosa si fa per denaro”- riferito ai conti non certo in
ordine di Sun, al più classico “una nuova opportunità per i responsabili dei
sistemi informativi e per gli sviluppatori

” – riferito al patto di collaborazione decennale siglato dalle due aziende.
In
mezzo ci stanno tutte le declinazioni e tutte le sfumature, da chi grida
al tradimento della causa Linux,
a chi saluta l’arrivo di una collaborazione finalmente di ampio respiro nel segno dell’interoperabilità.
Sicuramente, se è vero che per Sun l’accordo raggiunto e la
cifra concordata non significano automaticamente la fine delle difficoltà, è
però altrettanto vero che entrambi arrivano in un momento particolarmente
critico per l’azienda, che si appresta ad annunciare una trimestrale con perdite
vicine agli 800 milioni di dollari e, soprattutto, è pronta a varare una nuova
tranche di licenziamenti che finirà per interessare il 9% della sua forza
lavoro, toccando per la prima volta anche il personale attivo nelle sezioni di
ricerca e sviluppo. Ed è questa mossa quella che maggiormente preoccupa un
analista come Gartner

, che giudica infelice la decisione, almeno fino a quando Sun continuerà a puntare così tanto, come ha sempre fatto, sull’innovazione.
Cosa poi significhi tagliare in ricerca e sviluppo non è al momento dato di saperlo. Certo è che altro è tagliare sulle piattaforme, altro è tagliare sui sistemi operativi. E da quel che bolle in pentola la seconda ipotesi sembra francamente la meno probabile.
Restando invece esclusivamente sui termini della nuova
pace, i primi feedback positivi vengono dal canale Sun. Interpellati dalla
stampa americana, system integrator, Var e solution provider sono abbastanza
concordi nel sostenere la necessità di seppellire l’ascia di guerra per
concentrarsi su questioni più importanti per il business
. Per il canale,
dunque, la certificazione dei server Sun per Windows è sicuramente più
importante di quella che alcuni definiscono la guerra di religione privata di
Scott McNealy contro Microsoft. E una volta presa la decisione di indirizzare i
soldi verso mete più costruttive rispetto alle parcelle degli avvocati, i
partner si dicono convinti che la tanto attesa certificazione Windows per i
server a cuore Opteron, non solo sarà l’arma con la quale Sun riuscirà a
conquistarsi anche il pubblico non interessato a Solaris, ma anche a prendere
qualche quota a Dell o ad Hp, data l’innegabile superiorità delle sue macchine.

Il pragmatismo dei partner Sun è evidente. E in fondo un po’ serve a fare da contraltare alle speculazioni di chi di mestiere fa altro. O meglio, di chi di mestiere fa l’analista.
Con un certo gusto per il gossip che la stampa d’Oltreoceano sempre si porta dietro, le agenzie americane hanno rispolverato per l’occasione tra tutti i commenti che Sun e Microsoft e Scott e Bill hanno riservato l’uno all’altro non a caso quelli più velenosi. Quelli in cui Microsoft si interroga su come faccia ancora a esistere una Sun con i conti disastrati che si ritrova o quelli nei quali Scott McNealy riversa sul rivale una tal dose di veleno da meritarsi il titolo di anti-Bill.
Non male davvero.
Ma dopo il pettegolezzo arriva il momento di capire cui prodest. E magari anche cui nocet.
Alleanza anti-Linux e anti-Ibm: così viene definita.
In fondo il sospetto è lecito, anche perché una cosa la comunità open source ha sempre perdonato a fatica a Sun: il suo tardivo commitment alla causa Linux. Tardivo e mai totale, per lo meno non nella misura in cui lo è per Ibm.
E non è dunque un caso che né Ibm né tantomeno Novell hanno fino a oggi rilasciato commenti pubblici su questa intesa.
Così come non è un caso nemmeno che l’unico commento disponibile nell’area open source sia quello di Red Hat, che laconicamente considera l’accordo positivo per l’idea alla base dell’open source.
Il fatto è che entrambe le aziende, finora ciascuna per proprio conto, da anni combattono in prima fila per la causa della tutela e della salvaguardia della proprietà intellettuale. E il fatto è che l’accordo di collaborazione stipulato, per una durata di 10 anni, ha in sé la potenzialità di annullare di colpo buona parte del vantaggio che Linux in questo momento ha sul fronte server, eliminando i problemi di conflitto di Java con i sistemi operativi di Microsoft.
Con qualche timore, però. Quello espresso da un partner Sun, convinto che tutto questo però non fermerà la corsa di Linux, semplicemente metterà Sun dalla parte dei perdenti.
In realtà, gli analisti e gli osservatori sono tutti abbastanza concordi nel sostenere che i benefici saranno visibili e tangibili soprattutto per la comunità degli sviluppatori, che, almeno in prospettiva, dovrebbe vedersi risparmiate ore di sviluppo e integrazione. In realtà al momento non è stato reso noto come e in quale misura si svilupperà la collaborazione e lo sviluppo dell’interoperabilità. Né come e quanto tutto questo avrà impatto con gli impegni già presi da Sun nei confronti delle diverse anime dell’open source.
Di sicuro c’è il commento di Linus Torvalds, secondo il quale l’accordo ha più il sapore di due combattenti che si leccano reciprocamente le ferite, piuttosto che un vero e proprio sgambetto a Linux.
E poi c’è il cinismo con cui qualche analista osserva le mosse di Microsoft, ricordando come la società avesse investito a suo tempo qualche centinaio di milioni di dollari in Corel, che a sua volta aveva in mano WordPerfect, e in Apple. E in questo specifico caso il dubbio nemmeno troppo strisciante è che in realtà si tratti di una mossa tattica attraverso la quale la società cerchi prima di tacitare la rivale e poi di alleggerire le pendenze con l’antirtrust.
Ed ecco
allora il cui prodest. Microsoft ha bisogno di liberarsi del peso di tutte le
questioni aperte con l’antitrust, Scott McNealy, da parte sua, cominciava a
sentire la pressione del proprio board direttivo perché la smettesse una buona
volta con l’ossessione Microsoft per indirizzare i veri bisogni dell’azienda.
L’accordo raggiunto potrebbe essere la soluzione per entrambi.

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