Strumenti di It governance per portare i servizi al business

Analizziamo, con un esperto del settore, quali sono le implicazioni organizzative e tecnologiche che coinvolgono l’area informatica

Una volta che si è compreso che l’esigenza dell’azienda è quella di allineare l’It con il business, che cosa deve fare, concretamente, il Cio per avere un controllo olistico su quanto succede nella sua area e interagire con il board dell’azienda per meglio supportare le strategie? Giriamo, direttamentre, questa domanda a Fabio Raho, consulting manager, Tech Svcs di Ca Italy e Direct Pre Sales, che ha analizzato il problema in un recente convegno dal titolo “It governance, non solo una questione accademica”.


«Uno dei primi temi emersi durante l’evento – ci ha spiegato Raho – è stato proprio quello del Project & portfolio management. Spesso quando si parla di It govenance si tende a identificare il Ppm come uno strumento per l’It governance, ma questo è vero solo parzialmente, perché il Ppm è quella parte di tecnologia e di processi che aiuta a supportare l’It governance per quanto riguarda la gestione del progetto, che a sua volta, però, rappresenta solo una parte del budget dell’It, mentre invece bisogna far in modo di riuscire a gestire bene anche tutto il resto. Se è vero che il progetto è il punto di partenza, i due tasselli che possiamo affiancare sono le applicazioni e gli asset. Per cui, volendo molto semplicemente rappresentare tutto quello che fa parte dell’It, possiamo distinguere i progetti, le applicazioni e gli asset. A oggi, molte aziende gestiscono queste tre entità in modo separato, mentre sono poche quelle che riescono a governarle con un approccio integrato».


Quindi, come ha sottolineato il manager, uno degli aspetti importanti da perseguire è far in modo che l’It e il business si parlino in ottica di servizi e non più solo attraverso i progetti, le applicazioni e gli asset. «Il Cio vorrebbe avere una visione globale di tutto questo – ha proseguito Raho – ma il problema è che dal punto di vista organizzativo e di strumenti non ne ha quasi mai la possibilità. Infatti, riesce ad avere la visione globale di come sono gli asset, di come si stanno gestendo le applicazioni e come procedono i progetti, ma nel momento in cui volesse avere una visione unificata di queste tre componenti, trova non poche difficoltà e questo perché mancano un linguaggio comune tra business e It, nonché gli strumenti atti a supportare il cambiamento». Sono, quindi, diversi i punti di contatto tra queste due entità su cui lavorare. Innanzitutto, va formalizzata la gestione delle richieste: tutto ciò che viene richiesto dal business deve essere rappresentato come un servizio, la cui costruzione deve dare la piena visibilità delle voci coinvolte, tra cui quelle di costo. Infatti, spesso quando il business fa un’istanza, non ha idea di quali siano le implicazioni economiche che ci sono dietro, in termini di risorse, di asset, di manutenzione, di continuità e via dicendo. Per cui è importante gestire queste richieste e ogni cosa che esce dall’It in ottica di servizio, dando una visibilità continua di come stanno procedendo tutte le iniziative richieste dal business. Ma è anche necessario tenere conto della difficoltà di dare visibilità al business sul ruolo dell’It, dal momento che non esiste un unico strumento come supporto decisionale e non esiste un unico strumento dove vengono messe le informazioni, per cui le metriche sono difficili da ottenere, in quanto mancano oggettivamente gli elementi di base per costruirle e, soprattutto, ci sono sistemi eterogenei all’interno dell’It che non vanno bene per fare un determinato lavoro.


A questo punto, qual è la risposta per ristrutturare il governo dei sistemi informativi? «Dando per scontato che bisogna lavorare a livello di organizzazione, di processo e che quindi ci vuole una presa di coscienza dell’azienda per operare in un certo modo, – ha osservato il nostro interlocutore – il fattore abilitante diventa la tecnologia. La quale deve consentire l’evoluzione dal Ppm verso l’It Ppm. Che cosa significa questo? Intanto si deve garantire la capacità di gestire in modo strutturato i flussi di richiesta. Infatti, tutto ciò che arriva dal fronte business deve avere le informazioni sia It che business, per poter dare la giusta priorità, fare le valutazioni, capirne l’impatto e i costi. Un altro aspetto è che tutte le informazioni che partono dal demand e che vengono gestite all’interno dell’It, devono essere messe a disposizione del business con un linguaggio comprensibile. Chi ha richiesto di partire con un certo progetto per adeguarsi alle normative vigenti, piuttosto che espandere il business in nuovi mercati, deve sapere a che punto è il progetto, quali possono essere le criticità relative agli asset, per cui il portfolio management diventa lo strumento che aiuta sia l’It che il business a prendere le decisioni».


Definire le priorità


Di solito in certe aree di mercato, come per esempio banche e assicurazioni, per ogni divisione viene indicato un responsabile che si fa carico di facilitare in modo proattivo questi flussi. In società molto grandi, questi responsabili, che si possono definire demand o contact management, strutturano le informazioni raccolte in modo diverso, che poi vengono portate sul tavolo del Cio, che a sua volta deve deciderne le priorità. Quindi tutto questo viene fatto in modo destrutturato, mentre invece può essere un fattore critico di successo quello di rendere il tutto strutturato, perché così si riesce a definire le priorità in modo analitico, consentendo ai Cio di dare delle risposte valide al top management quando chiedono conto delle scelte fatte. L’It portfolio management, quindi, è lo strumento che facilita il processo decisionale delle organizzazioni. Una volta che questo è stato avviato, si deve iniziare a far in modo che sia i progetti, sia le risorse e gli asset vengano utilizzati al meglio, per avere il minor costo e il massimo beneficio nell’erogazione del nuovo servizio. Infatti, quando si procede alla produzione, ci sono dei costi di manutenzione e di supporto giorno per giorno, che il business deve conoscere per sapere quanto il tutto impatta sull’azienda.


«Dal punto di vista di Ca, – ha affermato Raho – gli strumenti utilizzati per mettere in piedi questo ciclo sono essenzialmente le tecnologie contenute nella soluzione Clarity, composta da alcuni punti fondamentali che sono: gestione delle richieste, in quanto la tecnologia ci aiuta a gestire i flussi, a implementare e automatizzare i processi; componenti di Port-
folio management, che sono quelle di analisi, come i cruscotti di Bi e di analisi multidimensionale; strumenti di pianificazione delle risorse, come asset e risorse umane sia interne che esterne, e infine, strumenti di Project management
».


Qual è l’approccio a questi strumenti in Italia? chiediamo. «È differenziato per settori – ha risposto il manager -. Il più evoluto è quello di banche e assicurazioni, forse perché dal punto di vista organizzativo da più tempo hanno preso coscienza dell’esigenza di “fare governance” e nel corso degli ultimi anni hanno già portato avanti una serie di iniziative a livello organizzativo, però si stanno rendendo conto che non è più sufficiente, in quanto il governo di un intero processo non può essere la somma dei governi dei singoli processi, ma deve essere una visione d’insieme».

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